Casi di tubercolosi in aumento sul territorio provinciale con particolare attenzione nelle scuole. Per questo il Consiglio provinciale ha approvato all’unanimità un ordine del giorno nel quale chiede alla Regione Umbria di assumere provvedimenti. L’atto segue la recente audizione in Commissione Controllo e Garanzia (presidente Caronna) degli assessori interessati Filippo Beco e Marcello Bigerna. Nell’ordine del giorno, illustrato dalla Caronna nel corso dell’ultima seduta di Consiglio, si impegna il presidente della Provincia e quello del Consiglio “a sollecitare la Regione a ripristinare o introdurre ex novo, nelle more della L. 388/2000 e Dgr n.185 del 4/03/2013, gli obblighi relativi al caso e cioè un sistema di sorveglianza della Tbc nel nostro territorio, in grado di prevenire a priori il danno ed una normativa che sia anche di tutela per tutti i lavoratori della scuola”. Nel documento si ricorda che “dalla recente informativa sulla “tubercolosi nelle scuole” pervenuta in Commissione a gennaio 2014, l’Asl informa che la Regione ha recentemente licenziato un corposo documento con il quale sono stati definiti gli obiettivi di salute, i percorsi, i soggetti coinvolti, le azioni da svolgere, le modalità tecniche di attuazione. Non una parola però per la tutela dei lavoratori della scuola e dei giovani che la frequentano e questo lascia ombre sul diritto alla longevità di ogni cittadino. Infatti, secondo i dati forniti alla Commissione, se da un lato il 15% di chi ha contratto una “infezione tubercolate latente” potrebbe ammalarsi nei primi due anni dal contatto, un’altra percentuale potrebbe ammalarsi successivamente, magari in vecchiaia, quando, cadute le difese, diventa un problema anche la cura.
Allora, se, come ci è stato detto, gli strumenti più importanti per frenare la diffusione della tubercolosi sono l’identificazione ed il trattamento dei malati, è altrettanto importante che questa identificazione avvenga il prima possibile, magari prima che la forma di infezione tubercolare aperta e bacillifera venga a contatto con numerosissimi soggetti sani, cosa che avviene ahimè inevitabilmente nelle aule scolastiche e questo vuol dire che dobbiamo assolutamente intervenire con misure che ci tutelino. Voglio dire cioè che non basta più il protocollo che consiste nella ricerca accurata di tutti i contatti stretti avuti dai soggetti malati (familiari, classe etc), indagine di primo livello e indagine di secondo livello. E’ necessario prevedere, riconoscere e curare i casi stranieri ed italiani, prima di immetterli in comunità, il che è anche economicamente meno dispendioso”.