Riceviamo da Forum cittadino e pubblichiamo.
‘Si dice soddisfatto del lavoro svolto in questi anni, il sindaco Antonio Concina, ed è prossimo alla conferma della sua ri-candidatura in vista delle prossime elezioni amministrative di maggio’.
Quanto analizzato è un semplice e sterile rendiconto su modulistica preconfezionata. Altro che relazione! Inutile fare i conti in colonna per scoprire che la maggior parte delle spese (oltre 20 milioni) sono stati destinati ad una cementificazione e ad una viabilità devastante. Altro dall’urbanistica e dalla mobilità. Il virtuosismo ragionieristico da solo non basta alla risoluzione del bilancio cittadino quando manca la capacità politica necessaria a far ripartire la vera ed utile economia, improntata sul benessere equo e sostenibile. Dire di essere stati bravi nel far risultare i conti in colonna (e non è il caso di questa giunta) è assimilabile all’esperto dell’unità di crisi aerospaziale che con assoluta e competente analisi ci informa di quanto ossigeno disponiamo ancora prima di morire. Il quadro è ben altro: la continua ed estenuante riduzione dei trasferimenti in bilancio ha causato una miopia politica nell’inseguire soluzioni contabili per far quadrare i conti, perdendo di vista il patrimonio umano e paesaggistico del nostro comune. Di contro la riduzione dei trasferimenti non ha prodotto politiche nazionali (e men che meno regionali) che sostituissero in meglio quelle comunali, anzi, si può tranquillamente asserire che è successo esattamente l’opposto, accollando ai comuni le incapacità, quando non peggio, dello Stato centrale. Di fronte a simile scenario bisogna reagire dissociandosi da queste forme di amministrazione, per favorire un nuovo e più sano patto tra cittadini e le loro città, pensato nell’obiettivo di una forte autonomia municipale come orizzonte politico. Questo non può e non deve essere letto come propensione all’isolamento campanilistico ma come riappropriazione delle capacità di gestire i territori, per contrattare servizi collettivi con l’esterno.
Orvieto in questo, in termini di patrimonio, ha ancora possibilità da giocare con vantaggio, prima che altri curatori fallimentari svendano anche l’aria. Abbiamo ancora attività artigianali di massimo prestigio, una città d’arte e cultura, abbiamo ancora un’agricoltura ed una enogastronomia che può ripartire, abbiamo ancora un territorio che può essere salvato dalla cementificazione e dalla mercificazione insensata, abbiamo ancora un fiume amico che ci ha avvisato più volte di quanto non si possa abusare della natura, invitandoci nuovamente a liberare quelle sponde. C’è molto da fare e molto da rimettere in funzione ed il capitale necessario non è monetario ma umano.
La vergogna, prima del dissesto, deriva invece dall’incapacità di dare un indirizzo, di immaginare un altro bilancio per un’altra città che non sia morta e desertificata.
In finale, mettetela come vi pare, questi virtuosismi contabili hanno portato il solo risultato che è sotto gli occhi di tutti: una città in agonia e un aumento di tasse e gabelle ingiustificate ed impossibili da pagare.
La sintesi più allarmante, che si cerca di nascondere, è che queste amministrazioni hanno abdicato da tempo alla loro missione quando affermano che ‘il comune non può nulla per creare posti di lavoro ed offrire spinte di rilancio e crescita su settori utili’.
Non ha quindi più alcun senso leggere, correggere, approvare o disapprovare questi bilanci poiché tradiscono la loro missione più importante, ovvero la guida al benessere ed alla sostenibilità della comunità. Essere in poche parole lo strumento di trasparenza ed equità finalizzato al ripristino di una collettività compiuta.
Il Bilancio Comunale è il primo strumento il cui paradigma deve essere necessariamente ribaltato: Non è il bilancio a decidere le sorti della nostra comunità ma l’esatto opposto. La comunità deve esercitare tutto il suo potenziale inutilizzato e condiviso per poi verificare, tramite un bilancio, che siano state rispettate le condizioni di equità e sostenibilità sociale ed ambientale. E’ necessario iniziare a sfatare alcuni luoghi comuni come ad esempio che noi siamo indebitati perché siamo un popolo che ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità.
Chi ha vissuto sopra le proprie possibilità è il ceto politico-affaristico che ha usato spesa corrente e flussi di investimento per decenni sia come proprio portafogli personale sia come vettore di clientela.
Se non viene sfatato, questo luogo comune, ne fa scaturire un altro ben più pesante e cioè che non abbiamo nessun altro obbligo se non quello di pagare e che i sacrifici che ci sono imposti sono la giusta punizione per i reati commessi.
In questa aberrante, falsa situazione ognuno di noi è portato ad arrendersi di fronte alle politiche di austerità che ci vengono imposte dai Bilanci e dalle amministrazioni cittadine prima che nazionali ed europee. La verità è un’altra e cioè che, nel corso del tempo, abbiamo dovuto pagare una montagna di interessi, prebende così alte che è strutturalmente impossibile pagare, e non siamo riusciti a farlo nonostante in vent’anni sia stata tagliata ogni possibilità di sviluppo spacciandola per razionalizzazione della spesa. Continuare nella politica dell’austerity e del patto di stabilità non potrà che peggiorare la situazione che di anno in anno diventa sempre più oscura nonostante la svendita sconsiderata di importanti assetti e patrimoni. L’economia di mercato in crisi ha tosato a zero le sue pecore, è ora di uscire dal gregge.
Sinceramente, da una macchina comunale che nel corso dell’ultima legislatura (2009-2013) ci è costata € 28.889.947,00 (come da pagina 30 della entusiasmante relazione), ci aspettavamo un po’ di più che una semplice tabellina predefinita.
Ma ringraziando il cielo il tempo non si ferma e alla fine di questo incubo mancano solo una settantina di giorni.
(per il calcolo preciso http://countingdownto.com/countdown/fine-dell-incubo-countdown-clock)