8 marzo 2014 – Appello all’Amministrazione comunale di Orvieto affinché, in base alla legge n. 10 del 14 gennaio 2013 (finora disattesa) che prevede la piantumazione di un nuovo albero per ogni nuovo nato/a o adottato/a nel nostro Comune, colga l’occasione, in questa giornata, per regalare a tutte le bambine nate e/o adottate ad Orvieto dall’inizio di questo anno, una pianta di mimosa. Un piccolo gesto istituzionale per consentire ai nostri giovani di guardare al futuro con la speranza di veder eliminata qualsiasi differenza.
Un augurio a tutte noi. Ne abbiamo davvero molto bisogno.
Una giornata questa dove tutti i riflettori si accendono, le città si mobilitano, le comitive al “femminile” si organizzano in cene per stare insieme. Rimarrà di questa giornata, la spensieratezza di essere libere dalla moltitudine di attività e di pensieri che affollano la nostra lunghissima giornata tipo. Il nostro quotidiano impegno acceso in perenne funzione di “multitasking”. Non è fantasioso utilizzare un termine informatico per descrivere le nostre attività: in effetti sono molti i programmi/progetti su cui interveniamo: dalla gestione della casa alla cura dei nostri cari (figli e anziani), la gestione del budget famigliare, il nostro lavoro, per quelle che hanno avuto la fortuna di un posto di lavoro e di esser state capaci di conservarlo, sopportando sempre le eventuali ingiustizie legate agli avanzamenti di carriera su cui, purtroppo ancora oggi, pesa la responsabilità della maternità.
Questo ultimo nostro tempo ha visto una crescita esponenziale dei ruoli al femminile nella vita politica del nostro Paese. L’auspicio è che tale “uguaglianza” possa esser estesa a tutti gli ambiti lavorativi e non, eliminando definitivamente il termine, a me ostico, di “quote rosa” e di “differenza”.
Il tasso di disoccupazione in Italia ha raggiunto la quota del 12,9%, un calderone ricolmo nel quale siamo tutti penalizzati e ammassati insieme: donne e giovani, disoccupati; uomini e donne che hanno perduto il loro posto di lavoro e sono in attesa di un reimpiego. E’ difficile parlare di pari opportunità in questo momento. Data la drammaticità della situazione occupazionale sembrerebbe non trovare più spazio la differenza di genere. Eppure.
Un pensiero ed anche una preghiera a tutte quelle donne che non ce l’hanno fatta. A tutte quelle madri, figlie e sorelle che hanno pagato il prezzo più caro, forse troppo caro, per la loro fragilità di “genere”. Una mimosa a tutte le donne uccise in questi ultimi anni. Una mimosa per tutte quelle nostre ragazze stuprate da “branchi” non umani. Un grazie a tutte le donne che si prendono cura di altre donne.
Quest’8 marzo lo vorrei dedicare a Simonetta Cesaroni: ventiquattro anni fa veniva barbaramente uccisa all’interno dell’ufficio di Via Poma a Roma, il suo posto di lavoro e mentre stava lavorando, con 29 coltellate. Ancora oggi i numerosi processi non hanno potuto restituirle giustizia e non hanno assegnato un volto al suo assassino. Nella lontana estate del 1990 questo fatto ci lasciò terrorizzate. Ero coetanea di Simonetta allora e lavoravo a Roma in un ufficio sulla Via Aurelia. Con le mie colleghe cominciammo ad avere paura e a chiuderci a chiave all’interno della sede lavorativa. Penso spesso a quel pomeriggio, rifletto sul fatto che forse quell’omicidio, così efferato, era il primo sintomo di quanto accade in Italia negli ultimi anni. Allora il termine “femminicidio” era lontano dal nostro dizionario. Allora un fatto di cronaca così macabro e singolare lasciò il segno nelle nostre coscienze e nelle nostre abitudini. Un solco di sconcerto che oggi, abituate come siamo alla quasi quotidianità di violenze mortali su di noi, snocciolate dai giornali e telegiornali nazionali, sembra non rimarginarsi più.