di Pier Luigi Leoni
Quasi ogni giorno la magistratura s’interessa degli appalti pubblici e il mondo della pubblica amministrazione viene presentato sempre di più come un’accozzaglia di maneggioni e di corrotti. Mi sono occupato per quarant’anni di appalti pubblici e, per nove anni, dei grandi appalti delle opere per la salvaguardia del lago di Bolsena dall’inquinamento. Posso quindi scandalizzarmi per la grande, sconfinata ipocrisia con cui la stampa tratta le vicende giudiziarie dei responsabili di appalti pubblici. Cerco di essere chiaro sintetizzando alcuni punti:
1) per concorrere a un appalto pubblico bisogna avere i cosiddetti requisiti dei legge; sfido chiunque a dimostrare che tra coloro che hanno i requisiti di legge non vi siano anche imprenditori incapaci (o peggio) che mettono nei guai l’ente appaltante con conseguenze nefaste in termini di ritardi, inefficienze e contenziosi; che c’è quindi di strano se gli amministratori pubblici sono spaventati dalle gare troppo aperte e trasparenti?
2) le gare di appalto sono riti esoterici disciplinati minuziosamente, capziosamente e ambiguamente con mentalità avvocatesca, cioè incline a creare lavoro per gli avvocati; che c’è di strano se la magistratura è costretta a metterci spesso le mani? E se anche i magistrati non riescono a sbrigarsela in tempi ragionevoli e senza prendere cantonate?
3) l’amministratore pubblico cosciente teme giustamente che la casualità di una gara gl’imponga di aver a che fare con imprenditori incapaci e lestofanti, perciò tende a sfruttare tutti i varchi alla propria discrezionalità; è ovvio che il diavolo può metterci la coda; ma anche l’amministratore pubblico onesto , se vuole fare presto e bene, è costretto a rischiare di finire davanti al giudice.
Una volta il Comune dove lavoravo e dove ero responsabile degli appalti di forniture doveva rinnovare l’hardware degli uffici. L’assessore più intraprendente mi chiese di interpellare cinque ditte con le quali si era abboccato convincendole a far vincere quella da lui gradita. Gli feci presente che mi proponeva di partecipare a un’associazione per delinquere. «Ma se andiamo secondo legge rischiamo che vinca uno stronzo!» Osservò preoccupato l’assessore. La gara fu svolta regolarmente e per fortuna, ma solo per fortuna, non vinse un uno stronzo.