Tione: un’altr’acqua che elimina l’acqua. (è satira, nient’altro che satira)
La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il Re è Re, non si rende conto che in realtà è il Re che è Re perche essi sono sudditi. Ma Marx è anacronistico e i sudditi, come la classe operaia, non esistono più; secondo alcuni. E continuano a credere in uno stato giusto e buono … ma soprattutto onesto.
Una fabbrica, come tante altre, rischia di chiudere. La proprietà svende anche ciò che suo non è. Quel che rimane della forza lavoro sono solo tesseramenti, o osservatori attoniti, che alimentano amorfi sindacalisti e burocrati passacarte di turno nelle varie amministrazioni comunali, regionali e nazionali. La presenza di queste rappresentanze oltre che fuori luogo pesa come una palla al piede insopportabile.
La commedia che ci accingiamo ad interpretare appartiene al teatro dell’assurdo. I nostri personaggi sono:
Il Sindacato, la Deutshe Leasing, ex San Pellegrino, Acqua Claudia, San Gemini, la Giunta Regionale con comparse a casaccio, un consigliere comunale, forse un Sindaco, importanti imprenditori del settore, BeverFood 2009, Direttore di banca con omonimi e strane coincidenze, un Prefetto, la Camera del lavoro, Odessa Acque Minserali srl e vari esperti in polimeri. Sullo sfondo, senza disturbare troppo, la Tione e vari umanoidi in via di estinzione con le loro famiglie e relativi indotti.
La musica è di Mozart nella sua partitura finale.
E’ inutile, ma doveroso, ricordare che personaggi e fatti sono di pura fantasia anche se ricollegabili a persone e cose realmente esistite o erroneamente ritenute tali.
Atto primo: Si apre il sipario e tutti gli attori cantano in coro
c’è forte preoccupazione,
incredibile vicenda,
solidarietà,
resta dunque la preoccupazione.
Si chiude il sipario.
Atto secondo: Garzoni di bottega, mandati dal droghiere a riscuotere crediti, si presentano con trousse e set di chiavi inglesi per smontare la linea 3 dall’impianto di produzione. Guardano lo sfondo senza trovarne una linea di orizzonte, ma solo un passo in avanti e questo si trasforma in uno specchio di morte.
– venivamo per conto della Deutshe Leasing, ma andiamo via.
Cambio di scena, riflettori accesi e sotto l’occhio dei media.
Sindacalista 1: Si apra un tavolo in regione, uno in provincia e, tra due ore, uno all’osteria.
Sindacalista 2 : Non vi lasceremo soli.
Sfondo: Cos’è una minaccia?
Sindacalisti in coro: La linea 3 è una potenzialità e poco importa se lo è per il profitto o per l’occupazione.
Arriveranno importanti imprenditori. Pregate per loro, i turchi sono nostri fratelli.
La Camera del Lavoro: E’ vero, insieme abbiamo denunciato con forza la gravità di quanto sta accadendo e abbiamo chiesto l’intervento delle istituzioni al fine di sbloccare questa incredibile vicenda.
Coro: c’è forte preoccupazione,
incredibile vicenda,
solidarietà,
resta dunque la preoccupazione.
Un Consigliere: Aggiungete tavoli all’osteria. E che il vino sia dei migliori, rispettiamo almeno le eccellenze umbre. Chiediamo con forza a noi stessi di chiedere con forza alla Regione di chiedersi con forza di far valere le sue richieste di chiedersi perché mai abbiamo finanziato una linea di produzione oggetto di pignoramento esecutivo.
Un regionale: No, non noi. Voi piuttosto. Prima dite e poi fate che non dite senza chiederlo a chi dovrebbe aver ben chiaro che in Comune dovrebbero essere chiare, visto che un proprio rappresentante siede nel Consiglio di Amministrazione della banca locale.
Omonimo della Banca: Aeh … Banco di Napoli … Popolare di Bari?
Un altro regionale: La questione si tinge oggi di un ulteriore dettaglio … e un altro tavolo all’osteria.
Sindacalisti in coro: In sei mesi ci è stato detto tutto e il contrario di tutto. Che altro potrebbero dirci senza entrare nella sfera esoterica? Ascoltiamo il Prefetto.
Il Prefetto: Il 30 di gennaio tutto ciò non era stato paventato.
Coro: c’è forte preoccupazione,
incredibile vicenda,
solidarietà,
resta dunque la preoccupazione.
Atto terzo: Altro sfondo, altra osteria, una fonte, una sola, la mia. L’estate scorsa.
Sindacalisti e
Camera del Lavoro in coro: Soddisfazione per l’accordo raggiunto tra le parti nella vertenza Tione che permetterà la ripresa produttiva dello stabilimento di Orvieto, sotto la nuova proprietà Odessa Acque Minserali srl. La difficile fase vissuta negli ultimi mesi deve essere messa alle spalle.
Odessa: Si pone fine ad un periodo di lunghe trattative riguardanti la cessione della Tione Srl e della sua controllata Acqua Claudia Srl, dando un punto fermo relativamente alla proprietà ed alla governance aziendale, nonché alla continuità produttiva.
Esperti in polimeri: Siamo figure professionali ed imprenditoriali con oltre 20 anni di storia. Realizzeremo una sinergia verticale attraverso la capacità di approvvigionamento delle materie prime, accordi sinergici con società leader nel campo della produzione delle preforme; per il tramite di accordi commerciali e di produzione veicolati sulla base di rapporti esistenti da anni nel campo delle acque minerali: il risultato di tale strategia manageriale è quello di apportare nello stabilimento di Orvieto e di Anguillara (Roma) volumi di lavoro importanti, il mantenimento dei livelli occupazionali ed un ritorno in termini economici che si ritiene realizzabile nell’arco dei prossimi 24/36 mesi.
BeverFood 2009: L’Italia è, inoltre, il primo produttore mondiale di acqua in bottiglia, con una produzione ad oggi di circa 11 miliardi di litri all’anno (di cui circa 1 viene esportato all’estero, specialmente in Francia e nel resto dell’Europa e secondariamente nel resto del mondo) e con un volume di affari di circa 4,5 miliardi di euro
Sito regionale: Titolare Concessione Tione s.r.l.
Nome Acqua Sorgente Tione
Comune Orvieto
Sup. (Ha) 36
Nome Concessione Tione
Uso I
Produzione 2008 (l) 103.043.000
Ultimo aggiornamento: 16/12/2010 ore 12.01
Coro: c’è forte preoccupazione,
incredibile vicenda,
solidarietà, cassa integrazione,
resta dunque la preoccupazione.
FINE DELLA COMMEDIA.
Proviamo a prenderla in un’altro verso.
La Regione Umbria, titolare dei diritti sulle acque, concede concessioni ventennali per quattro spiccioli a chi imbottiglia un’acqua che dovrebbe uscire gratis dal rubinetto per ricavarne un profitto non poco rilevante. La Regione Umbria a fronte di uno sfruttamento intensivo delle falde acquifere operato da queste imprese private, che spesso, come abbiamo visto, sono delle grandi multinazionali, ricevono per la concessione delle sorgenti dei canoni molto irrisori. Come se non bastasse la stessa Regione ha partecipato all’investimento di ben 4 milioni di euro per il potenziamento della linea di produzione oggetto del tentato pignoramento. A parere dei cronisti regionali – responsabile non è nessuno – tale investimento o regalia era finalizzato proprio alla produzione favorendo una maggiore occupazione. Ora non vogliamo ricordare a questi statisti regionali che la tecnologia espelle lavoro e non lo crea, ma quantomeno ricordare loro che se si fa un accordo poi lo si deve far rispettare. Vogliamo ricordarglielo anche ai sindacati? Sembra proprio necessario, sentite le loro esternazioni, poiché proprio la CGIL ha affermato che ‘… la linea più innovativa e rappresenta la potenzialità più significativa per il futuro dell’azienda …‘ per l’azienda appunto, non per il lavoro o per il territorio. Ma è ormai prassi consolidata che le OO.SS. senza controllare i piani di sviluppo si accontentino della frase di rito ‘grazie anche all’arrivo di importanti imprenditori del settore‘. Delle promesse non mantenute non solo sono testimoni i sindacati e la Regione, ma anche il Prefetto ed anche la Banca. Ora rispetto ad un normale fallimento deve intervenire una curatela fallimentare in grado di evitare un distoglimento preferenziale del patrimonio, quindi la linea di produzione non potrebbe certo essere sequestrata da un solo creditore. Ma la legge è assai contorta ed essendo il macchinario oggetto di Leasing non può rientrare nel patrimonio finché non riscattato. Ma allora perché la Regione supporta tali attività mettendoci anche del denaro pubblico quando è evidente che il beneficio non è collettivo ma privato? Perché lo fa quando la finanza rimane a galla ed il lavoro ed il territorio sono gli unici a rimetterci? Ma appena una settimana fa le istituzioni dicevano che erano ‘… presenti e stanno facendo la loro parte per superare questa situazione di stallo.’ confidando che ‘… l’incontro faccia ripartire il confronto banca imprenditore così da dare in tempi brevi risposte certe alle famiglie dei lavoratori coinvolti”. Bene apprendiamo che le risposte alle famiglie e ai lavoratori le devono dare banche e imprenditori e non le istituzioni intese come Stato. Ancor più esilarante è il ruolo deteriore che l’amministrazione comunale svolge, accorgendosi delle sue prerogative e possibilità solo in fase di emergenza, interpellando se stessa. Resta dunque la preoccupazione dei sindacati e delle istituzioni non tanto per la sorte dei lavoratori, dei quali sembrano non curarsi, ma della propria sorte alle prossime elezioni.
Affrontando il problema seriamente e fuori dall’incapacità delle istituzioni si può certamente affermare che il mercato dell’acqua non è certo un mercato in crisi visto che l’Italia è il più grande esportatore di acqua in bottiglia ed il paese con il più alto consumo procapite. Considerando l’esiguo personale impegnato non è certo in sofferenza per il costo del lavoro e considerando inoltre che l’incidenza del costo della concessione delle fonti sul prodotto è praticamente irrilevante non si capisce bene perché si debbano fermare le produzioni. Tale enigma può essere facilmente risolto, senza tanti rompicapi, affacciandosi appena un poco nelle logiche della finanza. Tali logiche nulla hanno a che fare con i territori e con le politiche sociali inerenti il lavoro e la dignità e sono ciecamente e biecamente indirizzate ad una logica di profitto senza meta e senza confini. Con una piccola e semplice ricerca si può facilmente apprendere che le acquisizioni, fusioni e incorporazioni in atto giocano su due tavoli paralleli: su uno si concentrano e si delocalizzano le produzioni e sull’altro si specula sul miraggio di creare nuovi posti di lavoro per dragare ulteriori finanziamenti e regalie di territorio. Su grandi volumi, anche pochi millesimi si tramutano nel risultato complessivo in enormi masse monetarie. E le banche che finanziano questa corsa all’accentramento da una parte incoraggiano il fallimento e dall’altra rifinanziano l’araba fenice.
La soluzione non può venire certo da chi ha provocato l’evento e l’intelligenza collettiva dovrebbe condurci a creare l’antidoto alla causa di tanto disastro. Quindi né sindacati, né regione, né banche e neanche investitori privati d’oltre adriatico. La soluzione ritorni dunque al comune, con la gestione municipalizzata delle acque, per evitare che questa vitale risorsa non passi di mano in mano, o peggio di capitale in capitale.