di Massimo Maggi
Si chiama “Orvieto Sicura 2014” ed è il progetto che prevede la realizzazione di un sistema integrato di videosorveglianza per il controllo e il monitoraggio territoriale del Comune di Orvieto. Più volte sollecitato dai cittadini, è stato ora approvato anche dalla giunta con il duplice obiettivo di potenziare la sicurezza urbana, migliorando e rafforzando la qualità della vita e garantire serenità e tranquillità a tutte le persone che vivono, lavorano o semplicemente visitano per turismo Orvieto. Queste sciatte parole danno il senso dell’attuale intelligenza politica ai vertici della città. Il crimine è l’effetto e non la causa. La causa è chi dissipa finanze pubbliche per lucrare sull’emergenza. La priorità è eliminare le cause e non monitorare gli effetti. Questa fantastica trovata è assimilabile all’ingegnere che si preoccupa dell’affidabilità del contagiri e trascura motore e freni. Complimenti. I cittadini chiedono altro: Lavoro utile, servizi efficienti, ripresa delle attività commerciali, ripristino delle scale mobili, treni in orario e decenti, un’acqua potabile, consultori, spazi sociali, cultura, una trasparenza e competenza nell’amministrare una città. Le forze dell’ordine vanno aiutate a combattere le cause dell’insicurezza e non a gestire burocraticamente l’evento. Ma qui si tenta una strada molto pericolosa e molto perversa: si criminalizza l’emarginato e non gli atti criminali che creano emarginazione e degrado. Tipica idiozia di chi sorpassa a destra l’intelligenza. Imbarazzanti poi le argomentazioni che si rifanno ad un taglia ed incolla (parziale) di un recentissimo studio dell’Anci pubblicato il 5 Febbraio, ma di 5 anni fa, attivando addirittura ‘canali molto promettenti con l’Unione Europea’ e ‘ci faremo avanti in tutti i bandi sulla sicurezza che periodicamente vengono attivati a livello nazionale e regionale’. Di un documento indirizzato a ben altre realtà metropolitane si estrapola solo la parte repressiva e sanzionatoria tralasciando invece lo spirito guida dello studio. Anche l’esposizione sul prodotto palesa senza ombra di dubbio l’interesse pubblicitario e marketing dell’azienda privata che si aggiudicherà il bando ‘tanto è vero’, scrive il fornitore, ‘che il progetto è stato concepito in maniera “modulare” in modo da poter essere in ogni momento implementato e migliorato’. Ma proprio nel documento riesumato l’Anci afferma che ‘Secondo la nota teoria delle “finestre rotte”[], quando in un quartiere si lasciano accumulare segni di disordine sociale e fisico e si indeboliscono i meccanismi di controllo informale, aumenta la delinquenza, crolla il mercato immobiliare, chi può va a vivere altrove, alimentando ulteriormente l’abbandono e il disordine. Il degrado diviene contagioso‘, ed ancora, ‘Da qui il nascere di condizioni di stress culturale, per la messa in discussione dell’appartenenza ad uno spazio urbano che all’improvviso non è più vissuto come proprio[]. Si rileva pertanto la necessità di una politica territoriale volta non solo a garantire il rispetto di regole comuni, ma anche a ricomporre le distanze, rafforzare il capitale sociale, promuovere occasioni per tessere nuove reti di cittadinanza, vero antidoto a questo genere di insicurezza’. Nella tabellina, molto esplicativa, l’estensore dello studio indica tre dimensioni dell’insicurezza urbana: Insicurezza civile, disordine urbano e stress culturale. Le ultime due ad Orvieto possono esserci limitatamente agli effetti riscontrabili in fattori di degrado ambientale (abbandono degli spazi pubblici, segni di incuria, sporcizia,) ed ai fattori di segregazione e isolamento spaziale, invecchiamento e solitudine urbana, allentamento dei legami sociali e di vicinato. E lo studio indica anche le strategie di intervento nella manutenzione degli spazi a rischio di degrado, progettazione urbana e programmi di riqualificazione, controllo sul rispetto quotidiano delle regole di convivenza formazione e sviluppo del senso civico dei cittadini e di gruppi target e con politiche di inclusione e coesione sociale,
mediazione culturale e sociale, riattivazione degli spazi pubblici, regolazione urbana e contrasto alla solitudine. Di quell’insicurezza civile, che prevede telecontrollo e repressione burocratizzata, ancora non vi è traccia, ma sembra che i nostri amministratori la invochino per spendere soldi pubblici su telecamerine inutili, poiché riprenderebbero ciò che è già conosciuto: il continuo abbandono della città e la galoppante desertificazione. Solo nelle loro notti inquiete i nostri amministratori immaginano, o sperano, che la città si presenti come un luogo di ‘ spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, accattonaggio, danneggiamento al patrimonio pubblico e privato e chissà quale altro delirio su uno scenario da apocalisse urbana che preveda addirittura l’utilizzo di droni per un bombardamento selettivo e chirurgico. Poche note veritiere sono state citate nella promozione istituzionale di un prodotto privato: l’incuria, il degrado e l’occupazione abusiva di immobili (pubblici in concessione privata). Eventi che sono la causa prima del collasso della città, che offendono sì la pubblica decenza, e che richiederebbero un mea culpa delle amministrazioni presenti e passate senza necessità di diavolerie tecnologiche. Perché fare delle riprese quando basta una foto?
L’Orvieto veramente ‘sicura’ sarà senza di voi!