di Fausto Cerulli
Sorvegliato speciale, io,
non essendo affidabile
la mia smania di essere
il solo ad essere malato
nell’anima. Adesso
si rincorrono le nuvole,
odio gli sprazzi di sereno,
vorrei che il cielo fosse
pieno di angeli tristi.
O di fiori che profumano
di glicine.
Esisterà qualche angolo
dove non sia peccato
essere comunque felici,
come su un tappeto
di erba soffice, appena
coperto di rugiada.
E altre donne, nella loro
magica impudicizia
sapranno essere cortesi
di parole, leggiadre
di gesti, teneramente
abbandonate
al sonno di dopo.