di Massimo Maggi
Le lobby finanziarie hanno ben presente che la loro inevitabile contrapposizione partirà dalle comunità in quanto le istituzioni, ormai loro emanazioni, non faranno altro che supportarle e sponsorizzarle proprio perché dalle lobby sponsorizzate e supportate con conseguente vittoria elettorale. Fuori dal gossip parlamentare e para televisivo nelle loro riunioni strategiche sintetizzano molto bene che il profitto (il loro) necessita di ‘concorrenza e crescita’ e puntano, senza scampo, verso la privatizzazione dei comuni. Il 5,2% del PIL nazionale infatti è proprio in quel che ne rimane delle imprese a capitale pubblico presenti ormai solo nelle amministrazioni cittadine. Il malloppo, nel breve periodo, si aggira intorno agli 80 miliardi di euro a cui vanno ad aggiungersi altri 42 miliardi di edifici pubblici non utilizzati (sui 421 miliardi in totale). Questi dati non sono frutto di fantasiose invenzioni ma bensì dati forniti dalla Cassa Depositi e Prestiti e ben analizzati dal Ministero delle Finanze già nel settembre del 2011 (e come ben documentato nell’articolo http://www.sinistrainrete.info/spesa-pubblica/3390-marco-bersani-lattacco-agli-enti-locali-e-sistemico.html gentilmente suggerito da Rodolfo Ricci). Una volta privatizzato quel che c’è da privatizzare poi si potrà anche metter mano alle concessioni gestendole in proprio (alti 70 miliardi).
Il patto di stabilità, unito alla scelleratezza dell’Unione Europea, ha fatto sì che gli enti pubblici venissero travolti da una serie di tagli indiscriminati a scapito del servizio amplificando ancor più, nell’opinione pubblica, il binomio pubblico – inefficienza. La stretta finanziaria ha costretto così l’ente pubblico ad indebitarsi oltre misura per far fronte al quel minimo di erogabilità dei servizi ricorrendo a svendite e regalie del patrimonio per poter sopravvivere (virtualmente in bilancio) costringendolo inoltre a privatizzare quanto più possibile. Il Fiscal Compact, di cui nessuno parla, darà la mazzata finale ad ogni possibilità di resistenza. Quando la stretta della crisi avrà ottenuto il suo obiettivo di generare un esercito di disoccupati in assenza di stato sociale a quest’ultimi non si potrà lascare di certo la possibilità di utilizzare il territorio, il patrimonio cittadino e la gestione dei servizi. Dovranno avere davanti a loro solo sigilli di proprietà private. Su questa strada criminale si stanno già muovendo le amministrazioni comunali favorendo cementificazioni del suolo per far cassa dagli oneri di urbanizzazione che rimangono l’unica risorsa spendibile per la spesa corrente. Tale aberrazione ha ribaltato completamente l’assalto al Piano Regolatore, ed è forse questa l’inversione di tendenza a cui l’attuale giunta si riferisce, in quanto è l’amministrazione che concede l’inconcedibile ai privati e non , com’era buona norma, che il privato chiedeva … e l’amministrazione valutava. La triangolazione Basilea, amministrazione incapace e palazzinari si dimostra ad oggi una macchina ben collaudata diretta a folle velocità verso il baratro. Ognuno ottiene la sua parte e soddisfa i suoi profitti. Basilea (inteso come corpus legislativo finanziario) strozza l’impresa sana e sostenibile che riporta valore e patrimonio alle comunità mentre agevola crediti a chi è capace di privatizzare e portare a bilancio metri cubi di cemento. Il Palazzinaro che accetta la svendita di terreno concedendo briciole all’amministrazione assetata di finanza spendibile, negata dallo Stato e dalle Banche. L’amministrazione incapace, unica responsabile di alto tradimento verso la comunità, si trova a svolgere il ruolo di ‘utile idiota’ più o meno consapevole. Le uniche vittime, questa volta consapevoli del furto subito, sono i cittadini che dovranno scegliere tra un uso pubblico e sociale del loro patrimonio oppure assistere inermi alla loro squalifica finale di trovarsi loro stessi clandestini nella loro città.