Dal locale …
Caro Franco,
leggo su “La Nazione” del 22 febbraio il seguente incipit di un articolo sulla fusione di cinque piccoli comuni: Fabro, Ficulle, Parrano, Monteleone e Montegabbione. Ho più volte manifestato le mie perplessità su operazioni costruttivistiche del genere, anche perché non sono necessarie per risolvere problemi che possono essere risolti altrimenti. Tu come la vedi? Pensi che il COVIP possa ancora dare un contributo al dibattito?
“Il progetto di fusione dei Comuni dell’“Alto Orvietano”, dopo gli entusiasmi iniziali, sembrerebbe trovare sempre più resistenze con comitati a favore del “no” che sembrano moltiplicarsi di giorno in giorno”.
Io non sono contrario a priori a operazioni costruttivistiche, nemmeno in campo istituzionale, dove le cose sono particolarmente delicate, naturalmente a patto che non si tratti di applicazione di schemi astratti alla realtà. In altri termini, purché tali operazioni siano frutto, oltre che di processi meditati e coerenti, anche di attenta considerazione della storia delle comunità e della sensibilità delle persone.
Quel progetto di fusione dei cinque comuni dell’Alto Orvietano è certamente coraggioso, in quanto smuove le acque stagnanti di un conservatorismo che non ha fatto e non fa il bene delle nostre comunità. Finalmente mette sul piatto della politica locale una pietanza per essa indigesta, come oggettivamente è la sfida (implicita ma inevitabile) a ripensare l’organizzazione territoriale, le ipotesi di sviluppo, l’assetto dei servizi. Va dunque riconosciuto che esso, anche al di là della volontà dei protagonisti, coglie un’esigenza importante, direi determinante, per il futuro di tutta la nostra area.
Purtroppo però il modo in cui l’operazione finora è stata condotta ha fornito agli oppositori, sinceri o strumentali che siano, armi non banali: la fretta eccessiva, uno studio dei pro e dei contro non proprio convincente, una scarsa elaborazione delle ipotesi di sviluppo, una scarsa considerazione delle domande poste dai cittadini su questioni tutt’altro che marginali. Non è poco.
In realtà però le mie perplessità stanno altrove. Ho l’impressione che il progetto di fusione nasca con due caratteristiche non proprio positive, che magari saranno chiarite nel prosieguo del dibattito e che però a me al momento appaiono un limite serio. Si tratta innanzitutto della giustificazione di fondo, che è stata ancorata, più che a visioni strategiche di ampio respiro, alle difficoltà finanziarie dei comuni, che certo ci sono e che certo rischiano di svuotare la ragione stessa del loro esserci, ma che rischiano di ridurre il tutto ad una operazione di pura necessità, senza quello slancio che è garanzia di futuro. La seconda caratteristica è l’impressione di una ripresa, non dichiarata ma resa evidente da non poche argomentazioni, dell’antica aspirazione dell’area fabrese a porsi come altro polo dell’area orvietana, altenativo ad Orvieto. Questo, che non è davvero un delitto, indica tuttavia certamente una impostazione limitata e debole, soprattutto se si tiene conto delle caratteristiche della fase storica in cui il processo si svolge.
È proprio su questi punti che il COVIP ha impostato più di un anno fa un lavoro di ricerca e di stimolo alla riflessione, che continua e si tradurrà presto in nuove iniziative significative. Intanto diversi di noi parteciperanno il prossimo 15 marzo ad un convegno che è organizzato dall’Associazione Amici di Allerona sulle questioni della geopolitica territoriale. In secondo luogo organizzeremo a breve un confronto prima a Roma e poi ad Orvieto sulle proposte di riassetto istituzionale formulate in un importante documento prodotto recentemente dalla Società Geografica Italiana. Infine studieremo con appropriate iniziative le soluzioni che funzionano in altri Paesi, soprattutto in Francia.
Io sono convinto che l’iniziativa intrapresa dai cinque comuni dell’Alto Orvietano non sia da respingere pregiudizialmente, ma certamente non è quella l’unica soluzione possibile né forse, se condotta così, nemmeno la migliore. In ogni caso dovrebbe essere tutta l’area orvietana ad essere investita da un complessivo e profondo processo riformatore.
Noi come COVIP metteremo al centro proprio questo tema di un’area che si deve muovere tutta intera per diventare protagonista di una rinascita che non può non riguardare l’intersezione umbro-toscano-laziale di cui Orvieto è oggettivamente elemento centrale. Che oggi Orvieto sia assente da questo dibattito e da questo processo, mi sia concesso, la dice lunga sulla decadenza di un’intera classe dirigente.
… al globale
Cristalli nazionali e riti tribali
Caro Pier,
lo scorso 13 febbraio Rino Formica scriveva all’amico Stefano Carluccio la lettera che riproduco di seguito per il tuo commento. Era quello il giorno in cui Renzi sfiduciava Letta, che infatti il giorno dopo avrebbe rassegnato le dimissioni da Presidente del Consiglio. Formica dà della vicenda un’interpretazione a tinte forti, per certi versi fosche e preoccupanti. Ora il Governo è fatto e quel giudizio sta lì, forse fondato. Tu che ne dici?
Franco
“Carissimo Stefano,
oggi pomeriggio la Borsa Mercato-politico, segnalerà il successo dell’OPA dei banchieri e del capitalismo nazionale in rovina sul sistema politico italiano. La prima repubblica nacque con De Gasperi, Nenni e Togliatti e traghettò l’Italia dal fascismo alla democrazia. La seconda repubblica nacque con Berlusconi, Bossi, Fini e Di Pietro e trasformò la democrazia in oligarchia rissosa e depravata. La terza repubblica nasce con i poteri falliti (banchieri senza soldi, imprenditori senza produzione, burocrazia senza Stato), per consegnare i residui dell’Italia, che lavora e che produce in libertà e democrazia, ai capricci di un mercato globale senza regole e ad una finanza mondiale molto spregiudicata e senza morale. Tutto potrebbe filare liscio sino al giorno della rivolta. A cosa alludeva Letta quando chiedeva una soluzione della crisi che tenesse conto che si sta operando all’interno di una “cristalleria”? Vedeva avvicinarsi la notte dei “cristalli”? Per noi Renzi e Letta nel duello in corso non sono i diretti protagonisti dello scontro, ma sono i procuratori provinciali in una prova di forza tra potenze sovranazionali (USA e Germania, finanza e capitalismo produttivo di beni e servizi, mercato senza regole e coesione sociale?). Vedremo. Affettuosità
Rino”
Tutte le semplificazioni sono utili, anche quelle dell’ “ex tante cose” Rino Formica. Ma l’unica utilità della lettera in questione mi sembra quella di rivelare lo stato d’animo di chi, come succede a tutti prima o poi, ha passato la vita a cercare il bandolo della matassa e non vuole arrendersi al fatto che, come affermava Pascal, “l’ultimo passo della ragione è il riconoscere che ci sono un’infinità di cose che la sorpassano”. La storiografia dei tempi che stiamo vivendo non la fa Rino Formica, non la fai tu e tantomeno la posso fare io. Non è così, caro “Professore”? Non è questo che m’hai insegnato? USA, Germania, finanza, capitalismo ecc. sono astrazioni. Obama, Merkel, Renzi e compagnia cantando possono essere più intelligenti e informati di noi, ma rimangono esseri umani che stanno dentro una stanza buia a cercare un cappello nero che forse non c’è. E annaspano rimettendosi ai consigli di altri, che a loro volta si rimettono ai consigli di altri e così via, fino ai consigli di gente morta e sepolta da secoli. Renzi mi fa l’impressione di uno che non vuole annoiarsi, esattamente come Napolitano. Dio li fa e poi li accoppia.