Dal locale …
“Come perdere le elezioni di primavera”
Caro Pier,
con questo titolo, proprio l’ultimo giorno dell’anno appena trascorso, il nostro caro amico Massimo Gnagnarini sintetizzava il senso di un suo intervento su quello che lui percepisce essere l’umore diffuso della città in vista delle elezioni della prossima primavera. A me sembra un vero e proprio grido di dolore rispetto ai deludenti comportamenti del PD. Già, proprio un “grido di dolore”. Ricordi il celebre discorso, detto appunto del “grido di dolore”, pronunciato il 10 gennaio 1859 davanti al parlamento sardo dall’allora re del regno sabaudo Vittorio Emanuele II? Ecco la parte più significativa della conclusione:
“Signori senatori, signori deputati, l’orizzonte, in mezzo a cui sorge il nuovo anno, non è pienamente sereno. … Confortati dall’esperienza del passato andiamo risoluti incontro all’eventualità dell’avvenire. … Il nostro paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei consigli dell’Europa, perché grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira. Questa condizione non è scevra di pericoli, giacché, nel mentre rispettiamo i trattati, ‘non siamo insensibili al grido di dolore’ che da tante parti d’Italia si leva verso di noi. Forti per la concordia, fidanti nel nostro buon diritto, aspettiamo prudenti e decisi i decreti della Divina Provvidenza”.
Ora io non credo che Massimo voglia porsi come il Vittorio Emanuele di Orvieto, nel senso di raccogliere il grido di dolore del popolo e sollecitare il PD alla guerra di unificazione per il più luminoso avvenire della città. Né penso che si illuda che le primarie possano essere oggi, al contrario di ieri, uno strumento unificante. Io mi permetto di fare a voce alta una modesta considerazione: se l’unificazione orvietana avvenisse in stile sabaudo, la fine sarebbe la stessa dell’Italia post-unitaria. Se non si vuole aspettare “prudenti e decisi i decreti della Divina Provvidenza”, almeno almeno non sarebbe meglio impegnarsi perché al “dominio austriaco” non faccia seguito la “piemontesizzazione”? Meditate gente, meditate! Ma tu che ne dici?
Franco
“Orvieto è ‘governativa’ ovvero annusa il vincitore e si schiera. Lo farà anche alle prossime elezioni comunali di primavera. Orvieto percepisce che a fronte delle eccellenti aspettative che furono suscitate cinque anni fa i non buoni risultati ottenuti dall’attuale amministrazione non la pongono di certo in una posizione di vantaggio per essere riconfermata. Ma oltre a questa Orvieto ne percepisce un’ altra di debolezza, quella di un PD rinsecchito di voti e senza capacità di gioco di squadra. Di più il ritardo e la ritrosia finora dimostrate nel promuovere le Primarie per la scelta del candidato sindaco al Comune costituiscono un inusitato sberleffo verso quei duemila orvietani che due settimane fa si sono recati ai seggi per votare e scegliere il nuovo segretario nazionale del partito. Già ma chi sono questi duemila oltre le poche centinaia di iscritti al PD? Qualcuno li ha avvicinati, ha chiesto e fatto tesoro delle ragioni che li hanno spinti a entrare in una sede partitica, a pagare 2 euro e a sottoscrivere un documento di intenti e votare per un esponente di partito? Nessuno capisce la straordinarietà dell’avvenimento, nessuno capace di valorizzarlo e costruirci su un progetto politico? Sarebbe un vero paradosso aver consultato i cittadini orvietani per eleggere Renzi e non consultarli per scegliere il Sindaco della loro città. Se ciò accadrà, se le Primarie non si terranno, il PD orvietano avrà già perso le elezioni comunali di primavera e a cascata non potrebbe che perdere anche la sua rappresentanza in Consiglio regionale nel 2015 figurarsi, poi, la riconquista di quella parlamentare. Se ciò accadrà, se le Primarie non si terranno, vorrà dire che sarà prevalsa ancora l’utilità marginale della mediocrità quella di chi non capisce che la leadership non si rivendica perchè è una cosa che semplicemente o ce l’hai o non ce l’hai e non te la dà certo l’appartenenza a un gruppo o a una corrente di partito”.
Tutta la questione è soggetta al dubbio del poeta Virgilio si parva licet componere magnis, se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi. Gli Orvietani rappresentano lo 0.033 per cento degli Italiani e ciò che accade in Orvieto, anche se è influenzato da ciò che avviene fuori, deve fare i conti con ciò che avviene dentro. Se duemila orvietani (compresi molti non elettori di sinistra, te lo posso testimoniare) si sono scomodati per l’elezione del segretario nazionale del PD votando in modo conformista e senza conflitti interni, non è detto che tutto andrebbe liscio nelle primarie per il candidato sindaco. Una cosa è dividersi su Renzi e Cuperlo, altra cosa è dividersi su Germani, Scopetti e non so chi altro. Gli uni li vedi in televisione, gli altri li incontri tutti i giorni. Non intendo affatto gufare sulle primarie del PD, delle quali francamente me n’infischio, voglio solo dire che l’unico partito superstite con una vera e propria organizzazione trova in ciò la sua forza, ma anche la sua debolezza. Deve dimostrare di essere forte e decisivo anche a livello locale, ma porta il peso di un passato in cui le ombre hanno superato le luci e di un futuro per il quale non ha ancora trovato la ricetta e non si sa se la troverà. Come l’uomo di Popper, sta chiuso in una stanza buia in cerca di un cappello nero che forse non c’è.
… al globale
Ma chi ha paura degli anziani?
Caro Franco,
t’invito a commentare un pezzo di Giampaolo Pansa tratto da “Libero” del 29 dicembre scorso. Pansa difendeva il Presidente Napolitano dagli insistenti riferimenti maliziosi alla sua veneranda età. Un tempo i vecchi erano rispettati perché nella società preindustriale era indispensabile la loro esperienza. Possono riacquistare un ruolo prestigioso nella società postindustriale?
Pier
“… L’essere anziani non è un fattore di debolezza, bensì di forza. Perché dici a te stesso: non devo mollare, devo segnare altri punti, devo continuare a rompere i santissimi al prossimo… L’unico che può fermarmi è il Padreterno. Ma sino a oggi, toccando ferro, è stato benevolo con me. Perché non dovrebbe esserlo con i tanti anziani che non vogliono smettere di essere vivi? Rita Levi Montalcini ci ha spiegato di continuo che la giovinezza di un essere umano non si misura con l’età. Basta far lavorare il cervello, non rinunciare e a combattere, non sentirsi inutile e dimostrare ai giovani che si è più capaci di loro…”
Sono abbastanza pessimista sulla capacità delle società postindustriali di invertire la rotta produttivistica che emargina chi statisticamente è definito anziano e perciò non più inserito nel sistema produttivo seppure ancora utile sia al sistema economico che al sistema sociale. È, ritengo, una delle manifestazione della stupidità del vigente sistema delle società avanzate. Che gli anziani (le persone oltre una certa soglia dell’età) siano fuori dal sistema produttivo è logico, che siano considerati un peso e tendenzialmente emarginati non lo è affatto.
Nei fatti però, com’è evidente, gli anziani efficienti in generale sono utili eccome! Se non altro perché spendono la pensione e fanno economia: viaggi, cultura, cure, quando non si inventano attività proprie o in collaborazione. Per non dire dell’aiuto spesso indispensabile alla sopravvivenza stessa della famiglia.
Ma a questo ruolo concreto sempre più spesso non corrisponde un’adeguata stima sociale e una politica degna di questo nome. Non è stato sempre così. Fino a pochi anni fa tutto sembrava orientato a valorizzare la funzione degli anziani, ad utilizzare la loro esperienza, il deposito di sapere e di saper fare che da sempre hanno rappresentato. Poi è cambiato tutto, è arrivata la crisi e si è diffusa l’ideologia giovanilista. E così oggi va di moda, accentuata dalle restrizioni materiali e concettuali, la contrapposizione giovani-anziani. Una società rigida, bloccata in logiche castali, fondata su privilegi diffusi, fa finta che i problemi si risolvano con la logica del “levate tu che me ce metto io”.
Sono vissuto e vivo in mezzo ai giovani e so bene quanto bisogno c’è di aiutarli a crescere, mettendoli in condizione di conoscere, fare esperienza e misurarsi con la realtà senza troppe intermediazioni. Ma ciò che mi è stato sempre chiaro è che non bisogna prenderli in giro con messaggi del tipo “il mondo aspetta te, è tutto facile se arrivi tu” e soprattutto con false strade spianate che portano con se il rischio di farli sbandare alla prima curva.
Dunque dobbiamo aver chiaro che non ci si deve contrapporre ai giovani, ma a chi usa il giovanilismo come ideologia sostitutiva di un pauroso vuoto di idee e di capacità di vedere al di là del naso. I giovani vanno incoraggiati con l’esempio, premiando il merito, la tenacia, la competenza, la responsabilità. Largo ai giovani, ma quando dimostrano di avere tutte le caratteristiche che li rendono adatti a svolgere un determinato mestiere o a ricoprire un determinato ruolo.
Le guerre sono tutte stupide, quella generazionale lo è ancora di più. In ogni caso io penso che nella situazione di oggi vale in generale quanto dice in conclusione di articolo Giampaolo Pansa: “Ma l’Italia è un paese nei guai. Può salvarsi soltanto se tutti gli italiani, di destra, di centro e di sinistra, lasciano in disparte le divisioni. Per non parlare dell’odio che troppe fazioni covano dentro di sé. Saremo capaci di darci la mano, con la consapevolezza che, se non ci salviamo tutti insieme, non si salva nessuno?”. Vale anche per il rapporto giovani-anziani.