di COBAS dell’ORVIETANO
E così ci siamo arrivati. Dopo tutti i passaggi propedeutici, venerdì 10 gennaio 2014 è giunta la firma finale di Confindustria e Cgil-Cisl-Uil in calce al Testo Unico sulla Rappresentanza Sindacale.
Un testo che recepisce quanto era già stato definito nelle linee guida degli accordi del 31 maggio 2013 e del 28 giugno 2011, ma che fissa le norme concrete che regoleranno in futuro la materia. Come già più volte è stato detto e scritto da chi non ci sta ad accettare la dittatura della “triplice”, la vergogna sta innanzitutto nel fatto che si ritenga normale che a scrivere le regole della rappresentanza sindacale in Italia non sia una legge dello Stato, valida per tutti i lavoratori e per tutte le organizzazioni, ma direttamente Cgil-Cisl-Uil insieme a Confindustria.
Una scelta che appare palesemente antidemocratica e antipluralista, visto che è chiaro che se lasci scrivere le regole a soggetti che saranno poi parte in gioco, c’è il rischio che questi lo facciano inserendo norme con le quali si tutelano da ogni pericolo proveniente dalla “concorrenza” di altre organizzazioni sindacali. Ecco, questo pericolo oggi è realtà. Con tutto ciò che ne consegue, in particolare la blindatura totale e la segregazione della libertà sindacale da parte delle tre organizzazioni, che così facendo istituiscono un vero e proprio sistema sindacale totalitario, tipico di paesi non democratici. Come è noto infatti, se impedisci (o comunque limiti fortemente) la possibilità dei lavoratori di scegliere altre organizzazioni, metti in atto un corto circuito dove i sindacati concertativi possono tranquillamente “fare cartello” con accordi che sono impossibili da mettere in discussione. Ma in cosa consiste questa limitazione in sostanza?
Nel dire che per accedere alla possibilità di presentarsi alle elezioni dei delegati sindacali in un luogo di lavoro, cosa (come è evidente) minimamente democratica, qualsiasi sindacato che non sia Cgil-Cisl-Uil deve accettare in toto il Testo Unico redatto dalla triplice con Confindustria, comprese (ed è questo lo scandalo più grande) le limitazioni al diritto di sciopero, per le quali si prevedono sanzioni che, si affrettano a precisare, non sono per i singoli lavoratori ma per i sindacati e per i delegati (come se fosse meno grave). Ed è per questo attacco al diritto di sciopero che il quadro appare ancora più grave di un qualsiasi accordo in cui chi è più grande e forte scrive le regole anche per chi è più piccolo, perché, come loro ben sanno, se dici ad un sindacato che per partecipare deve accettare di non poter scioperare, è come dire (ad esempio) a un partito che deve a priori rinunciare ad una propria rivendicazione fondamentale.
È per questo motivo che qui siamo ben oltre ogni logica di democrazia, perché c’è proprio un attacco al principio cardine del fare sindacato, con un messaggio chiaro alle altre organizzazioni: vogliamo impedirvi di fare conflitto. Se volete continuare a farlo, non avrete mai la possibilità di eleggere vostri rappresentanti. Non stiamo qui a ripercorrere tutto il testo, visto che riprende in gran parte le linee guida del 31 maggio che possono essere lette cliccando quì e negli articoli che seguono, però invitiamo a leggerlo, scaricando il file in formato PDF cliccando quì per rendersi conto del livello di arroganza con cui Camusso-Bonanni-Angeletti scrivono i loro diktat tassativi. Alcuni passaggi fanno veramente rabbrividire, ma vogliamo citarne uno che invece fa più sorridere. “Il cambiamento di appartenenza sindacale da parte di un componente della Rsu ne determina la decadenza dalla carica e la sostituzione con il primo dei non eletti della lista di originaria appartenenza del sostituito.”
Si tratta in sostanza di quel “vincolo di mandato” che quando qualche mese fa fu proposto da Beppe Grillo fece indignare tutto quel mondo “demokrat” così vicino proprio a Cgil-Cisl-Uil.
Cosa diranno adesso?