di Massimo Maggi
I governanti, in generale, dicono di parlare in nome del popolo ma non sono il popolo, tutt’al più possono essere dei rappresentanti, quindi altro dal popolo, o peggio degli speculatori. D’altro canto il Popolo, avendo ormai perso la sua prerogativa comunitaria di gestione della vita politica, si è ridotto ad amorfo ricettore di beni e servizi forniti da enti, più o meno locali, in cambio di tasse. Quel che chiamiamo Politica è in realtà Governo dello Stato ed il singolo cittadino, invece che parte integrante della comunità, è ridotto ad atomo impotente, frustrato e smarrito nella massa. Un popolo ridotto a semplice elettore non è un popolo, ma un agglomerato di monadi. L’etica comunitaria che concepiva ‘da ciascuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo i propri bisogni’ si è trasformata rapidamente in ‘acquista a poco, vendi a caro prezzo’. Nel corso dei secoli molte teorie sono state di volta in volta sponsorizzate e prese a modello: da Marx che vedeva la formazione degli uomini come produttori di oggetti materiali, a Fichte che li definiva come individui eticamente motivati, oppure Aristotele che li voleva abitanti di una Polis. Il pensiero di Bakunin invece è rimasto lettera morta nei modelli presi ad esame poiché forgiava le donne e gli uomini come Cercatori di Libertà. L’ideale greco del cittadino politicamente sovrano, che può esercitare un giudizio razionale sulla cosa pubblica, giacché è libero da necessità materiali o da clientele, è diventata una beffa; era inevitabile?
Ma la presunzione, o l’infantilismo, che ciò che esiste debba necessariamente esistere è l’anticamera della morte civile che produce l’incapacità di immaginare e porta inesorabilmente alla cancrena burocratica.
Le conquiste che ancora consentono un minimo di dignità civica sono state partorite in tempi dove non c’era nulla di più veloce del cavallo. E’ bene ricordarlo ai sostenitori della democrazia digitale. Il referendum espresso in totale solitudine, in uno squallido appartamento urbano e nelle tenebre dell’urna è assimilabile ad un simulacro di sondaggio nell’esprimere preferenze per un telefonino o un detergente e non può portare nulla di più che a una quantificazione della cittadinanza, della politica, dell’individualità.
E’ perfettamente inutile, in questo contesto, ciarlare di lune e di dita equidistanti dal naso confondendo causa ed effetto, in modo improprio e demagogico, al pari di un astronomo che volesse considerare gli astri dal proprio punto di vista relativo e miope. Contestualizzare non significa necessariamente e incondizionatamente accettare regole travisate e distorte con soggettività, in altre parole un palese baro. Le geometrie sono oggettive e nessun teorema accetta eccezioni mutanti all’occorrenza così come le regole democratiche – se questo è il modello di governo che abbiamo scelto – hanno dei loro principi ed osservanze ed ogni devianza fa saltare il banco, ovvero il patto sociale costruito su tali regole. Ma sappiamo fin troppo bene che la nostra Costituzione non creò una democrazia di tipo ellenico, ma creò una repubblica di tipo romano.
In un periodo storico, assai critico come il nostro, servirebbe intelligenza ed eroismo, dei filosofi guerrieri, in luogo di cialtroni mercenari più propensi al colpo di fortuna cabalistico; vili, ipocriti ed idioti che mentono sapendo di mentire confidando sul ‘io speriamo che me la cavo’ ed il resto chissenefrega. Greggi allo sbando che seguono il capo branco di turno sperando nella botta di culo di entrare nelle grazie del vincitore. Che questo si chiami il partito non partito, che si chiami rottamatore o rottamato, che si chiami commissario, saggio, tecnocrate o curatore fallimentare poco importa. Altro che naso, ed altro che luna. Pur di mantenere in vita il cadavere del paese, sperando di speculare sulla sua putrefazione, tentano improbabili alchimie tra austerity e sviluppo, tra spending review e progresso, tra patto di stabilità e crescita. Ma con questo strano intruglio riescono solo a provocare catastrofi ambientali, disoccupazione di massa, criminalità diffusa, degrado etico e civico. Dimenticando e facendo dimenticare che il nostro benessere economico dipende dalle città e non dagli stati nazionali; figuriamoci se può dipendere dall’Europa delle banche private.
Altra (e non un’altra) alchimia necessita di essere presa in seria considerazione: Limite ed equilibrio; sostenibilità ed equità; felicità e bellezza. Alchimia necessaria ed urgente al fine di cancellare definitivamente l’imperativo mercantilista di ‘Crescita o Morte’.
Solo con questa alchimia potremo sconfiggere la cabala elettorale, condividere i limiti e guardare al futuro.
La quiete e la libertà mi sembrano incompatibili: bisogna scegliere.