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Home Politica

Il programma per l’utilizzo della Caserma Piave

Redazione by Redazione
29 Gennaio 2014
in Politica, Secondarie, Archivio notizie
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di Gian Paolo Aceto, voce di Orvieto Capitale

 

Questo programma è naturalmente anche un programma elettorale, proprio perché se vuole  attuarlo chi lo presenta deve diventare sindaco, non si scappa.

Per la sua novità e complessità non è la soluzione come per un qualunque problema amministrativo che qualsiasi forza politica che vinca le elezioni poi possa provare ad attuare chiamando “l’esperto di partito” che diventerà “assessore” e che “nell’ambito delle sue responsabilità ecc.ecc” nominerà “una commissione che, ecc.ecc”.

Starà all’elettorato capire se proprio dalla stessa proposta si può intuire che chi presenta questo programma, per come lo presenta e per gli argomenti che usa, una volta diventato sindaco saprà almeno gettarne le basi attraverso l’iniziativa personale (la legge dice appunto “il programma del sindaco”), la capacità di pubbliche relazioni, l’esperienza interdisciplinare che dimostra oppure no nel parlare dell’argomento, che vuol dire soprattutto la coscienza della qualificazione della contemporaneità della città e di ciò che si può fare.

Questo candidato all’incarico di sindaco gli elettori dovranno “pesarlo”.

E come potranno farlo? Per ora soltanto sul web, con quello che qui si scrive, più avanti con emissioni postali a tutti i singoli elettori, fiduciosi che la logica semplice e diretta è poi la stessa che per esempio un agricoltore usa normalmente nelle decisioni su ciò che è “suo”.

Possibile obiezione: “Nostro” è soltanto un terreno agricolo, ma la Città non è nostra, è di “quelli”, che sia un partito o un altro. Noi non abbiamo più fiducia.

Risposta possibile: non è proprio così, ma se anche fosse un po’ così, quello che un “elettore attivo” può fare sta nel cercare di influire sul proprio partito per cercare di convincere i dirigenti ad appoggiare il programma che qui si presenta.

 

Queste idee non sono nate ieri mattina, ma risalgono al 2004 quando chi scrive si presentò alle elezioni amministrative e nel suo “programma di centro-attacco” delineò la possibilità per una cittadina media, anche città d’arte, di dare sviluppo al territorio attraverso la creazione, graduale ovviamente, di un Parco Scientifico (in Italia ce ne sono 37). Questo voleva dire il favorire l’installamento di realtà imprenditoriali e di ricerca scientifica nel campo delle alte tecnologie, attraverso l’offerta di ambienti  o immobili comunali e non solo, con agevolazioni di tutti i tipi, così da creare un volano culturale ed economico.

Oggi, l’unica variazione a quel programma è semplicemente “il dove”, cioè quale dislocazione sul territorio. Oggi l’abbiamo capito e maturato: l’utilizzo di tutti i grandissimi spazi della Caserma Piave, bene comunale.

 

Prima di approfondire un poco idee espresse in qualche articolo precedente, vorrei esprimere una meditazione necessariamente parziale e lontana dalla completezza sul possibile ruolo e posizione originale che una città d’arte come la nostra con una comunque importante storia alle spalle può sviluppare grazie all’inserimento di attività di innovazione e ricerca.

In gran parte del mondo, anche del vecchio mondo, queste attività vengono esercitate in luoghi non caratterizzati dalla storia e dall’arte del passato.

Al di là anche dello stretto impulso economico allora la domanda è: che significato può avere, quale mix di tensione intellettuale e creativa, lo svolgimento di attività economiche e di ricerca in campi sofisticati della scienza e della tecnica che siano svolti a stretto contatto visivo, ambientale, abitativo ecc. con realtà del passato di tutti i secoli per non dire millenni, come appunto all’interno di una città d’arte?

 

Tutto dipenderà da come lo si inizierà a fare, il che vuol dire “a proporlo”.

Con la telematica si può arrivare ai quattro angoli del mondo..

E lo si può fare con la stretta collaborazione del Ministero degli Esteri, degli  istituti di Cultura, e di tutti i centri istituzionali che hanno la conoscenza e l’esperienza necessarie per fare da ponte a un’informazione di questo tipo.

Bisogna saper proporre UNICITA’.

Bisognerà proporre condizioni vantaggiosissime, e non entro in dettagli, che qui esistono e che sono realmente possibili e al Comune non costeranno nulla.

Man mano che verranno le manifestazioni di interesse, si farà in modo di avere contatti diretti, in modo che chi è interessato venga a fare una perlustrazione a Orvieto, naturalmente portando credenziali di sostanza. Queste credenziali di ricerca pura o imprenditorialità il Comune le “peserà”, avvalendosi anche di consulenze gratuite, diciamo di “simpatia”, nei diversi campi di attività.

Nel frattempo, cioè contemporaneamente, in qualche maniera giuridica il Comune si costituirà

in gruppo di progettualità, e chiederà, esibendo un programma definito ma “aperto”, i finanziamenti all’Europa.

Quando le cose vengono fatte bene, cioè hanno un taglio di concreta originalità, l’Europa sa rispondere.

Nella Caserma Piave possono operare almeno una ventina di “imprese” del tipo descritto.

C’è bisogno di specificarne l’impulso economico e culturale sulla Città?

Questo perciò è soltanto l’aspetto principale di un  programma nuovo, oltre naturalmente a quella che comunemente viene chiamata l’ordinaria amministrazione, ordinaria ma essenziale, in tutti i campi degli interessi e delle necessità dei cittadini.

A corollario di questo programma che riguarda soprattutto il corpo centrale della caserma, si può attrezzare nella palazzina comando una specie di aula fornita di tutti gli strumenti audiovisivi  per conferenze specialistiche su alcune materie di grande attualità, invitando scienziati che abbiano vinto un Nobel nel loro campo di studio. E di conseguenza, proponendo allo stesso Istituto del Nobel una collaborazione permanente, così come una specie di “distaccamento” in Italia e qui a Orvieto dell’Istituto stesso.

 

L’invito alle forze politiche che si preparano al confronto elettorale è quello di essere lungimiranti

e di tradurre in vera novità di comportamento il progressismo sempre proclamato, sia a destra come a sinistra.

Un modo di mostrarsi “nuovi e coraggiosi”, anche verso il proprio elettorato, stabile soltanto presunto, è quello di patrocinare come proprio un programma che è proposto non da un avversario ma semplicemente da un “esterno” alla normale attività di un qualsiasi partito.

Anche sotto il profilo un po’ diciamo così ristretto dell’”orgoglio di partito”, sarebbe alla fine di grande vantaggio per il gruppo politico che decidesse di accettarlo e farlo proprio.

Da ricordarsi bene che il web è seguito da circa due-tremila persone, ma gli elettori della città sono un po’ più di quindicimila. Perciò questi ultimi sono raggiungibili soltanto attraverso le emissioni postali. Quanto più un’emissione postale riuscirà a mettere “senza scampo” il dito nella piaga, tanto più gli elettori sapranno abbandonare il cosiddetto voto di appartenenza.

Ognuno dei due schieramenti “storici” perciò potrebbe avere tutto l’interesse ad assicurarsi, senza inutili spocchie o frustrazioni, il nuovo apporto, che nel grigiore generale potrebbe risultare l’unica novità, elettoralmente parlando,  realmente trainante.

Se questo non dovesse avvenire, se nemmeno uno dei due raggruppamenti decidesse di appoggiare il programma che si presenta, Orvieto Capitale chiederà ai rispettivi elettorati dei due schieramenti, cioè a tutti i singoli elettori, uno per uno, il loro personale primario giudizio sul comportamento delle loro rispettive classi dirigenti.

 

L’ultimo aspetto, chiarimento che potrebbe anche non essere necessario, riguarda non soltanto il ruolo che un sindaco per legge ha, ma il ruolo che, anche sulla base di questo programma, potrebbe assumere.

L’eventuale sindaco addetto allo sviluppo di questo programma non è affatto obbligato a conoscere in profondità le materie che nella caserma Piave verranno svolte, come studio, ricerca o impresa vera e propria. Il suo ruolo sarà semplicemente quello di coordinamento, e cioè impulso e “smistamento” dei vari aspetti del programma, quindi cerniera tra l’Orvieto che c’è e che non è “allo stremo” se non nella testa degli intellettuali, e l’Orvieto civile che sa di “poter essere”..

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