di Mario Tiberi
Il dibattito politico cittadino, e mi riferisco alla città di Orvieto, come era inevitabile a ridosso del voto amministrativo si è accentuato sia nei toni che nelle argomentazioni ma, ciò, non lo ha in pari misura elevato nella sostanza politica. Diatribe infertili, polemiche pretestuose, attacchi personali non risparmiano nessuno ed anche il Sindaco Concina, abbandonando la signorilità di un tempo, si lascia travolgere da irrazionali quanto velenose e scomposte prese di posizione.
Mi pare di poter affermare, senza tema di smentita, che nel via-vai di dichiarazioni e contro-dichiarazioni si possa scorgere, tra una punta di amarezza e un cesto pieno di sconforto, il viscerale sentimento di solitudine che attanaglia e avvolge ognuno di noi ogniqualvolta ci si avventuri su di un impervio ed inesplorato sentiero.
Non di vero e proprio smarrimento è giusto riferire, poiché non mi giudico uomo da smarrirsi tanto facilmente, ma di quel senso sottile di avvertirsi come solo e quasi perso in un’arena vociante e a tratti gracchiante e che, altresì, non vuole udire o finge di non voler udire la voce della saggezza e della serietà.
Mi sembra di tornare indietro di qualche decennio quando sobbalzai nel leggere di un tal Goffredo, consigliere in un Comune delle montagne abruzzesi, da tutti o dai più riconosciuto possessore di esemplare e censoreo acume amministrativo, ma da pochi osteggiato virulentemente in ragione proprio di tale indiscussa qualità e, purtroppo per lui e per i suoi amministrati, furono alfine quei pochi che ebbero il potere di zittirlo e metterlo in disparte.
Sarà stata una avversa circostanza della sorte o una fortuita casualità, o forse era scritto che così doveva essere, ma quel Comune nell’arco di non molti mesi fu commissariato perché non più rispondente ai requisiti procedurali imposti dalle leggi che regolamentano l’ordinamento degli Enti Locali.
Per questa ed altre mille ragioni, mi sono costruito lentamente e progressivamente una tutta personale visione della architettura amministrativa e burocratica dei poteri pubblici il cui architrave, asse portante e di sostegno dell’intera struttura, è costituito non dal bene comune in sé o dagli interessi generali in quanto tali bensì, e per di più, dai metodi etici e operativi che stanno alle fondamenta delle finalità collettive, prima da rincorrere, e poi da raggiungere e realizzare.
In virtù di tale impostazione che, di fatto, rivoluziona i tradizionali sistemi di intendere le relazioni istituzionali, anche a chi Vi scrive è spesso accaduto di attribuire a se stesso l’ingrato ruolo di esercitare il compito di voce solitaria, isolata e il più delle volte del tutto inascoltata.
Oggi, ma forse da sempre, è invalso l’uso di affermare che nessuno opera il niente per il niente; vale a dire che ci si muove solo e soltanto per tentare di arricchire le già spesso opulente botteghe personali dimenticandosi, maliziosamente e furbescamente, che esiste ancora chi sa rinunciare alle lusinghe e alle seduzioni del “dio quattrino, fonte di potere” per ideali di vita pubblica improntati a valori ben superiori e meglio gratificanti.
Gli affari di basso cabotaggio, i compromessi sterili, le acquiescenze al potente di turno non giovano alla causa della giustizia e della libertà e favoriscono soltanto i predoni delle ricchezze in comunione i quali, a loro volta e maldestramente, seminano menzogne per aumentare la confusione nella quale, poi, sguazzare a proprio piacimento e tornaconto.
La politica ufficiale nostrana rassomiglia a un taxi elitario la cui tariffa è salata e non alla portata di tutti; al contrario, l’impresa ciclopica finalizzata al superamento delle odierne difficoltà civiche dovrebbe, invece, equipararsi ad un “Omnibus” dove vi è posto per chiunque, anche da solo se male accompagnato, ma preferibilmente in compagnia di coloro che ci credono sul serio ed in modo disinteressato.
Felice Anno Nuovo, si usa augurare di questi giorni: in tutta onestà, sarebbe bastevole un 2014 con minori solitudini!.