Dal locale …
E la minoranza stava a guardare
Caro Franco,
i consiglieri comunali di minoranza sono brave persone e cercano di svolgere il loro compito, ma non riesco a capire che cosa li abbia indotti a tifare per i revisori dei conti, che avrebbero voluto una “sicura” chiusura delle mense e dei trasporti scolastici, del teatro e di qualche altro servizio per accantonare soldi in previsione di una “ipotetica” sconfitta del Comune nella causa con la BNL. Questo atteggiamento che non capisco è descritto nel seguente editoriale di Orvietosì. Non ho altri a cui rivolgermi per una spiegazione razionale.
Pier
“Non ha convinto del tutto i revisori ma è bastato ai consiglieri per votare il bilancio. E così, grazie all’emendamento presentato dal sindaco, ieri a sera tarda, dopo mesi di polemiche e equilibrismi di bilancio, il Comune di Orvieto è riuscito ad approvare il preventivo 2013 e dare il via libera al ricorso alle procedure di riequilibrio pluriennale (pre – dissesto). È stata sufficiente una manovrina da 370mila euro – a fronte di scostamenti che i revisori hanno ritenuto ben maggiori – a tranquillizzare la maggioranza che in extremis ha serrato le fila e ha votato compatta con la sola astensione di Tonelli. Senza tenere in considerazione il parere dei revisori. Remore? Non più di tante perché – è stato detto a più riprese – più di così non si poteva fare. In sostanza, secondo il collegio, l’emendamento risolve le criticità delle entrate (scostamenti su Tarsu, multe e Imu) ma non quelle relative agli accantonamenti che restano insufficienti. “Si tratta di criticità impossibili da coprire se non azzerando servizi che, a fine anno, non si possono più azzerare perché i soldi sono stati già spesi” ha osservato con estrema semplicità il consigliere del Pdl Pier Luigi Leoni. Dunque, superato lo scoglio del preventivo, via libera al pre – dissesto. Bocciata a maggioranza una pregiudiziale delle opposizioni sull’assenza delle controdeduzioni della giunta al parere non favorevole dei revisori…”
Alla fine, nelle condizioni che si erano determinate, è andata come era logico che andasse. Io perciò non sono in grado di darti una spiegazione razionale di un comportamento della minoranza che non capisco e non solo per mancanza di informazioni, ma per incomprensibilità logica degli obiettivi. C’è infatti da chiedersi che senso ha aver annunciato la sfiducia al sindaco a cinque mesi dalla scadenza naturale del mandato ben sapendo (perché è impossibile che non si sapesse) non solo che non se ne sarebbe fatto nulla ma che questa sarebbe stata inevitabilmente una fortissima spinta a ricompattare una maggioranza altrimenti incerta. C’è anche da chiedersi se qualcuno si è informato bene su che cosa vuol dire andare al piano di riequilibrio, per gli aspetti formali (che non sono mai da sottovalutare) e per quelli sostanziali delle scelte da fare, che impegneranno la città per anni e anni e perciò non dovrebbero vedere impegnata la minoranza solo in un gioco di rimessa come se il destino della città fosse nelle mani solo degli altri. C’è dunque soprattutto da chiedersi come si fa ad andare all’appuntamento dell’ultimo bilancio del quinquennio amministrativo senza uno straccio di strategia di come affrontare non solo i problemi specifici del risanamento finanziario ma quelli programmatici e politici per determinare una svolta, che per essere necessaria non vuol dire che sarà certa. Debbo convincermi ormai che una mente raffinata sa tutto e muove tutte le pedine nel modo giusto. Solo che io non la capisco, ed è senz’altro colpa mia. Se dunque qualcuno ci facesse la cortesia di farcelo capire ci faciliterebbe la vita e avremmo per lui eterna gratitudine.
… al globale
Matteo Renzi: fu vero cambiamento?
Caro Pier,
come sempre, dopo gli entusiasmi arriva la riflessione. Matteo Renzi ha vinto alla grande, ma da diverse parti ci si chiede che cosa significa questa vittoria, non tanto e non solo per il PD quanto per il nostro malandato Paese. Mentre è in corso una rivolta confusa e (ritengo) pericolosa, e contestualmente emerge con drammatica evidenza la pochezza di una classe dirigente che solo otto mesi fa si presentava come già rinnovata, il nuovo segretario del PD sembra interpretare quel ruolo di vero rinnovatore che tutti da tempo invocavano. Ed ecco però i dubbi: una cosa è il cambiamento generazionale e altra cosa è il cambiamento politico, è più facile fare proclami che mettere in movimento processi reali e duraturi, una vittoria troppo facile potrebbe indicare un cambiamento di facciata, ecc. Questo pezzo di Luca Ricolfi (La Stampa, 13 dicembre 2013), mi pare che colga, come altri che si possono leggere in questi giorni su giornali di diverso orientamento, un’atmosfera che si respira, un chiarimento che deve venire. Tu che ne dici?
Franco
“Che Renzi abbia vinto le primarie del Pd e ne sia diventato il segretario è un fatto positivo. Renzi, infatti, è l’unico leader dal quale è ragionevole aspettarsi due risultati: primo, la fine della stagione immobilista del governo Letta, finora colpevolmente tollerata da Pd e Pdl; secondo, la rinuncia a percorrere scorciatoie anti-istituzionali, che sono invece la perenne tentazione di Berlusconi, Grillo e Lega, ossia di circa metà del Parlamento. … Fin qui tutto bene. Questa è la faccia migliore della luna. C’è anche una seconda faccia, tuttavia, e tanto vale parlarne subito: non è detto che Renzi abbia coraggio a sufficienza. E se Renzi si rivelasse un bluff, la luna della politica potrebbe riservarci il suo lato peggiore. Con effetti catastrofici, temo. Vediamo perché. …. L’importante era ed è vincere, e per vincere le prossime elezioni bisognava dare al popolo quel che il popolo chiede: tanta polemica anti-casta, tanta voglia di facce nuove, tanta retorica del ricambio generazionale, il tutto condito con un pizzico di polemica con l’Europa e i suoi vincoli paralizzanti. Un ragionamento che, a quel che sento in giro, coinvolge anche i più riformisti fra i renziani: per fare le cose che Matteo predica, bisogna prima conquistare il Pd e il Governo, e solo poi preoccuparsi dei contenuti più difficili da far accettare all’elettorato di sinistra, e presumibilmente anche al resto del paese. Questo ordine di pensieri, più o meno spregiudicati e machiavellici, sono certamente congeniali a una parte dell’elettorato di sinistra, e specialmente alla sua parte più anziana, spesso di matrice comunista, da sempre abituata alla doppia verità e convinta che il fine, quando è buono, giustifichi i mezzi, anche quelli cattivi. Ma proprio il fatto che la cultura comunista, le sue abitudini mentali, i suoi riflessi condizionati, siano ancora così radicati nell’elettorato di sinistra, dovrebbe forse suggerire anche un diverso genere di riflessione. Se Renzi, come pensano i suoi detrattori, ambisce solo a sedersi sullo scranno di palazzo Chigi, nessun problema: potrebbe anche farcela. Se però, come molti di noi si augurano, il Davide della politica italiana, dopo aver vinto il gigante Golia dell’apparato di partito, nutrisse anche l’ambizione di provarci, a cambiare questo sciagurato paese, forse farebbe bene a non trascurare un altro tratto della cultura di sinistra, e non solo di essa: il gregarismo, il conformismo, l’attitudine a fiutare l’aria per poi correre tutti nella medesima direzione. Il plebiscito che ha sbalzato Bersani e incoronato Renzi è stato troppo repentino per non evocare altri cambiamenti di umore degli italiani, da fascisti ad antifascisti (nel 1943-45), da clientes dei partiti di governo a giustizialisti duri e puri (nel 1992-94). La realtà è che Renzi, per ora, non ha affatto cambiato il Pd, come vent’anni fa aveva invece fatto Tony Blair con il Labour Party, attraverso una lunga battaglia a viso aperto. Semmai, è l’elettorato del Pd che ha cambiato Renzi, o lo ha indotto a crittare il suo messaggio originario. Si tratta ora di capire se sarà l’elettorato del Pd a usare Renzi per conquistare quella vittoria che Bersani non è stato capace di regalargli, o sarà Renzi a cominciare, pazientemente, quell’opera di trasformazione delle coscienze che è la premessa di ogni vero cambiamento.”
Se Matteo Renzi sarà in grado di realizzare le speranze non solo dei compagni di partito che l’hanno scelto (con l’aiuto di molti semplici elettori e anche non elettori del PD), ma di una larga parte degli Italiani non lo posso sapere. Il giovane uomo ha intelligenza pronta, energia e coraggio. Vedremo; ma dietro le parole di quelli che, come Luca Ricolfi, stanno gufando e s’impegnano nel mettere in evidenza i pericoli a cui Renzi va incontro io percepisco l’invidia dell’intellettuale e il malcelato timore che il nuovo segretario del PD vada avanti nei suoi successi. Siamo proprio sicuri che le fisse dei postcomunisti, l’ottusità dei sindacati, l’arroganza dei tedeschi e dei loro satelliti non siano fenomeni gonfiati dalla immaginazione degli intellettuali? Siamo proprio sicuri che l’esempio di Renzi non stimoli altri giovani svegli e comunicativi ad impegnarsi in politica senza consumare le loro energie nel mugugno e nella protesta?