di Fausto Cerulli
Per fare il Sindaco di Orvieto, ho deciso di fare il renziano. Vado in giro in maniche di camicia, magari anche nudo che ci faccio la mia figura, mi faccio riprendere da Pelliccia con uno stuolo prezzolato di persone che battono le mani senza sapere perché. Faccio la concorrenza a Grillo urlando, magari bestemmiando, usando il becerismo toscaneggiante invece del genovese puttaneggiante. Cerco voti a sinistra e non disprezzo quelli di destra, arringo il popolo plaudente come Petrolini quando faceva Nerone. Faccio comizi lunghi ore per non dire nulla. Mi becco il plauso del berlusca, facendo sapere che non sono mai stato comunista neppure da lontano, non nomino mai la classe operaia, rido della lotta di classe. Prometto di rottamare tutto e tutti meno quelli che mi fanno gioco. Dico che sono stato un bravo presidente di provincia, anche se indagato per tangenti, mi presento come l’uomo della Provvidenza, e soprattutto non propongo: ordino e basta, minacciando sfracelli. Mi pavoneggio nella mia ovvietà, faccio l’uomo qualunque per rivolgermi all’uomo qualunque. Mi vanto di non avere un passato per far credere che penso al futuro. Strombazzo che solo io posso salvare Orvieto, faccio l’ambientalista e intanto sporco quello che tocco. Faccio la corte alle vecchiette pensionate, agli industriali corrotti, ai giovani che tanto non gliene frega un cazzo, giustamente, forse. Mi faccio amici i preti e i pidduisti trasmigrati ad Orvieto, ossequio Fondazioni e Banche, in nome sempre del popolo. Urlo che non lotto per me, ma solo per la gente. Offendo i miei avversari, e dico che tutti mi sono avversari, e me li invento. Faccio fare le primarie agli orvietani, scegliendo i concorrenti tra i tanti sfaccendati di turno, così posso strapazzarli con maggioranze bulgare, e dico che il popolo orvietano stravede per me perché sono giovane e bello, mi propongo come novello Mussolini in salsa piccante e come Marx, ma Groucho Marx. E la gente affolla le piazze per sentirmi, tanto la televisione ha rotto le palle e il Milan non vince. Sono sempre presente al Palazzetto dello sport di Porano, quando Ceprini gioca a pallacanestro. Vado in Chiesa e vado a puttane. Magari cerco di allearmi con Scopetti, per poi pugnalarlo alle spalle, come si usava nella Orvieto di Monaldeschi e Filippeschi, mi vanto di fare una campagna elettorale senza spendere nulla, e questo è vero, qualcuno mi sovvenziona senza apparire. Rinnego tutto quello che NON sono mai stato, in nome di tutto quello che NON sarò. Metto su una segreteria con tre donne e tre uomini, per far vedere che non distinguo tra i sessi. Dico a Concina che non ho nessuna intenzione di levargli la poltrona, mentre gli strizzo l’occhio mio di pesce, ed a Scopetti che lo faccio assessore alle chiacchiere. Faccio un programma senza programmi, mi dico orgoglioso di navigare a vista. E aspetto che la mia rete, avendo maglie larghe, raccolga tutti i pesci del Paglia. Nomino Lattanzi ad assessore alle comunicazioni e lo faccio stampatore del regno. Poi, quando avrò vinto, sarò così stanco che dovranno portarmi in braccio, e saranno, a farlo, i bambini innocenti dell’asilo, avendo rottamato tutto il resto. Poi tutti a cena, ovvia. E tutti saliranno sul mio carro vincente, dal quale li getterò nel nulla che io sono. E per tutti sarò Matteo, dico Matteo, non dico matto.