Cari concittadini e concittadine,
anche Orvieto, beneficiata dall’arrivo del casello autostradale nel 1960, stava entrando nel vortice perverso del boom economico che noi vi abbiamo fatto scampare, impedendo ogni possibilità di sviluppo economico.
Nel 1964 vi abbiamo confezionato un piano regolatore con il chiaro intento di svuotare il centro storico a vantaggio di un nuovo quartiere in basso prendendo ad esempio la città di Bergamo, trascurando il fatto che sotto questa ci fosse la Valpadana già industrializzata, mentre qui c’era la Valdipaglia con la sua povera agricoltura. Per impedire che qualche folle imprenditore volesse tentare la via dello sviluppo, abbiamo collocato l’area industriale il più lontano possibile dal casello per rendergli comunque la vita più difficile. Infatti tutti quelli che hanno tentato di stravolgere il nostro disegno collocandosi pervicacemente in quell’area come le Ebanisterie Lombarde, la Lanerossi Centritalia prima e l’Itelco poi, hanno fatto la fine che hanno fatto, grazie anche a qualche aiutino nostro.
Per contribuire al massacro del centro storico abbiamo assistito al lento progressivo abbandono delle caserme senza le minime rimostranze, anzi proclamando orgogliosamente: “ci siamo riappropriati del nostro patrimonio”, non dimenticando che quel patrimonio aveva colpevolmente fatto vivere ed arricchire migliaia di orvietani per più di cinquant’anni. E dopo di ciò il giusto vuoto ed il degrado arricchito naturalmente da sogni irrealizzabili.
Anche le scuole, necessarie per la vita culturale e sociale ed anche commerciale di un centro storico sono state decentrate, consentendo a tutte le attività un meritato riposo.
Quattro anni fa, un nuovo inaspettato sindaco aveva pensato che armato solo di onestà, potesse distruggere tutto il nostro lavoro di oltre sessant’anni. Fortunatamente con ogni mezzo glielo abbiamo impedito ed ora, cari orvietani, aspettate il nostro ritorno perché i debiti che abbiamo fatto in passato e che ora siete costretti a pagare, non sono nulla rispetto a quelli che abbiamo in mente di fare dopo cinque anni di digiuno.
Noto Orvietano