di Mario Tiberi
Nelle ultime settimane, in Orvieto e non solo, la parola “BILANCIO” è diventata una specie di incubo, sia diurno che notturno, e che ci fa sobbalzare ogniqualvolta la pronunciamo o la sentiamo pronunciare.
E pensare che nel lessico usuale detta parola non ha affatto un significato deteriore e catastrofico; anzi, al contrario, possiede un contenuto a valenza positiva riferendosi a quella doverosa e legittima attività di resocontazione del proprio vissuto che, in via di normalità, ognuno di noi svolge nella vita privata e/o pubblica. Effettuare, a cicli periodici, il resoconto delle proprie azioni, omissioni e pensieri ci stabilizza nel presente e ci consente di gettare le basi per l’avvenire, prossimo o lontano che sia.
Senonché, in special modo nei settori dell’economia e della finanza, predisporre e realizzare bilanci è divenuto troppo spesso sinonimo di anomalie di varia tipologia: falso in bilancio, frode in bilancio, squilibrio di bilancio, e chi più ne ha più ne metta.
A dire il vero, la causa primigenia di tali sconquassi risiede nel fatto, a mio sommesso avviso, che le crisi economico-finanziarie succedutesi negli ultimi decenni hanno trovato e trovano tutt’ora la loro origine scatenante da un’unica morbosa sorgente: non più e solo la carenza di saldi principi di etica professionale e politica, ma anche e vieppiù nell’ assenza e nel rifiuto sdegnoso di ogni e qualsiasi ancoraggio ai postulati di “Eunomia” legislativa e regolamentare.
Si prenda l’esempio a seguire per meglio intenderci: se i “top-managers” della grandi banche d’affari mondiali avessero portato rispetto ai portafogli dei loro risparmiatori ed investitori, con scelte oculate e limpide, ed avessero guardato anche ai legittimi interessi di quest’ultimi e non solo ed esclusivamente ad impinguare i loro già opulenti patrimoni, con probabile certezza le enormi bolle speculative, che hanno generato l’esplosione dei sistemi monetari, o non si sarebbero verificate o, quantomeno, i loro perniciosi effetti sarebbero stati contenuti e del tutto controllabili.
Quanto descritto, si è reso possibile poiché i predetti avventurieri della finanza hanno potuto menar agio e contare su due fattori così raffigurati: da un lato la loro scarsa inclinazione a comportamenti morali e, dall’altro, l’impunità derivante dalla mancanza di ordinamenti giuridici severi e intervenienti.
Durante l’appenata seduta dell’ultimo Consiglio Comunale dedicata alla approvazione o meno del bilancio previsionale 2013 e giudicato negativamente dal parere non favorevole dei Revisori dei Conti, il Sindaco ha citato Solone volendosi riferire ai moderni “Soloni” che parlano, parlano e non concludono nulla. E’vero che nell’uso comune è ormai radicata codesta accezione, però è pur vero che Solone fu un grande politico e legislatore nella democratica Atene del sesto secolo a.C. .
In un celeberrimo discorso pronunciato davanti ai Sette Saggi dell’Areopago, dopo aver sostenuto che solo la verità può garantire la giustizia, affermò con decisa risolutezza che, senza la verità, la giustizia stessa è come una tela di ragno che trattiene gli insetti piccoli mentre, i grandi, trafiggono la tela e rimangono liberi. Passano i secoli, passano le civiltà e le culture, ma la più elevata aspirazione degli uomini resta sempre il raggiungimento della verità.
Al di là dei numeri e delle cifre, ciò che principalmente è manchevole, nel Bilancio del Comune di Orvieto, lo si deve andare ad individuare nella totale assenza di coraggio nel prospettare al popolo tutto la reale portata del fallimento politico di una intera classe dirigente, sia di maggioranza che di minoranza. E quello di cui sopra si attaglia perfettamente anche al Bilancio Statale, nelle visceri del quale si annaspa nella quasi totale oscurità almeno a stare alle parole del Presidente della Commissione Europea che, riferendosi all’Italia e senza mezzi termini, definisce la situazione del nostro deficit tale da essere insostenibile. Delle due l’una: o mente il Presidente Europeo o mente il ministro Saccomanni, e con lui l’intero governo nazionale, quando persevera nel ripeterci ossessivamente come tutto sia in ordine e sotto controllo. Che tutto è in ordine e sotto controllo ce lo sentiamo ancora dire dal Sindaco in carica come ce lo siamo sentiti dire anche dal precedente Sindaco e, poi, sconsolatamente si scopre quello che ormai è sotto gli occhi di tutti, anche di quelli che hanno bisogno di spesse lenti per vedere.
Di una insostenibile leggerezza scrisse un certo Milan Kundera nel 1984, ma si riferiva ad una entità immateriale quale è la psiche umana; al contrario, di fronte a innumerevoli e materiali sacchi di sonante moneta mancante, non si può non riferirsi se non ad una insostenibile pesantezza dei bilanci!.