Gentile Sig. Sindaco di Orvieto,
Le vicende che riguardano il Paglia e che seguo fin da giovanissimo insieme a quelle urbanistiche, mi inducono ad esporle alcune note, non tanto perché immagini che possano essere motivo di attenta riflessione, quanto perché desidero lasciarle al primo cittadino attuale semplicemente a futura memoria.
Dopo l’alluvione dello scorso anno ho cercato di seguire con la dovuta attenzione tutti i contributi elaborati intorno al capezzale di un fiumiciattolo che, ogni tanto, si imbizzarrisce e procura danni che in altri tempi non sarebbero stati tali.
Tra i tanti proclami mi ha sorpreso non poco il fatto di prendersela con gli alberi, come se gli anni trascorsi in dibattiti ogni volta che si è verificato un disastro di questo tipo fossero trascorsi invano.
La prego di osservare con attenzione questa immagine del 1961: non c’è ancora l’autostrada ed il Paglia, leggermente gonfio perché si è ancora in autunno iniziale, non è stato ancora scavato.
I campi coltivati lambiscono le sponde del fiume che, rispetto ad oggi sembra “glabro” perché gli alberi, salici bianchi (le vetriche in dialetto) ,i pioppi bianchi e neri(gli oppi in dialetto), o venivano tagliati di netto alla base in piena vegetazione o potati come si osserva nella foto. Di fatto, quando si verificavano le piene non ostacolavano il flusso dell’acqua perché per tutta l’estate costituivano un alimento fondamentale per le vacche chianine, il cardine della civiltà contadina fino a quegli anni.
Oggi la situazione è completamente diversa: gli alberi hanno ripreso il loro ruolo nel fiume, l’alveo del fiume è stato per lunghi tratti scavato per il terrapieno dell’autostrada e gran parte del letto è stato occupato da manufatti che non occorre neanche descrivere. La foto è del 12 novembre 2013.
A tal proposito è interessante riflettere sul fatto che la vecchia ferrovia è stata realizzata in altura, con difficoltà notevoli per quei tempi, a dimostrazione che la saggezza, poi, è venuta sempre meno.
Sull’ultimo evento, la complanare, notoriamente e apparentemente collegata con l’area di Santa Letizia, vale la pena soffermarsi un attimo perché è una vera bomba ad orologeria.
Non sarà necessaria una piena come quella dello scorso anno per creare seri problemi.
Non va dimenticato che lo scorso anno c’erano soltanto gli argini per il sostegno del nuovo ponte ad aver creato problemi (altro che alberi!!).
Oggi c’è un bel pezzo di complanare che, all’inizio presso il futuro ponte, si accosta alla scarpata dell’autostrada chiudendosi in un angolo che, nonostante un paio di tubi, in caso di deviazione del flusso dell’acqua, rigurgiterà, danneggiando sia l’autostrada che la complanare, per immettersi con violenza torrentizia nel sottopasso accanto verso le “case dei ferrovieri” vicino al parcheggione.
In sostanza potremmo rivedere il “film” del 12 novembre aggravato.
E’ ovvio che in un contesto come questo e con l’incapacità conclamata di prevedere il futuro, qualsiasi intervento si faccia è perfettamente inutile e dispendioso.
Però occorre farlo anche per far vedere che qualcosa si fa, esattamente come nel 1994, quando l’alveo del Chiani, per un paio di chilometri, prima del ponte di Ciconia per intenderci, è stato trattato come si può osservare nella foto che ho ritrovato e che non merita commenti.
Per approfondimenti la prego di rileggere i miei due interventi dopo l’alluvione e l’articolo “un gioiello nel fango” dall’Antropometro a questi indirizzi:
http://orvietosi.it/wp-content/uploads/2013/04/Qui-c%C3%A8-il-numero-1-dellANTROPOMETRO.pdflWxPk
Con i migliori saluti