Incontro di Dante Freddi con Giuseppe Germani, capogruppo del Pd ad Orvieto
La tensione tra le forze politiche orvietane è al massimo e ci aspetta ancora il Consiglio del 9 dicembre, in cui Còncina tenterà di approvare il bilancio preventivo 2013 e probabilmente avviare la pratica di predissesto. La situazione è difficile ovunque, non esistono spazi per sostenersi vicendevolmente?
Io sono perfettamente consapevole che questi sono momenti difficili. La crisi economica in atto ha dimensioni globali e quella che ha investito il nostro territorio è molto pesante, forse più di altre aree del Paese. Però se nel nostro territorio c’è la disoccupazione, se centinaia di lavoratori orvietani sono pendolari, se l’economia locale è in pesante recessione non è colpa del Sindaco Concina, almeno non tutta.
Lui ha commesso l’errore di aver perseguito la sola strada del risanamento del bilancio e di aver indirizzato in tal senso tutte le energie dell’Amministrazione. Il risultato è stato che ha fallito l’unico obiettivo che si era prefissato, ha portato la Città al disastro finanziario e non ha un’alternativa. Sostenerlo oggi è impossibile se non rendendosi complici di un disastro peraltro annunciato.
Non credo che un’Amministrazione possa fare di peggio.
Che cosa avrebbe potuto fare? che responsabilità ha?
Almeno due, certamente.
La prima, di non aver avviato un processo di recupero di competitività del nostro territorio parallelamente all’azione di risanamento dei conti pubblici. Era il famoso Progetto di Città di cui abbiamo parlato fino alla noia, abbinato ad un patto di emergenza che proponemmo nel 2010. All’inizio ci fu detto di sì, poi l’Amministrazione prese la strada dell’autosufficienza sapendo di poter contare su un consigliere dei Comunisti Italiani e su due consiglieri del PD, che da allora gli hanno garantito la maggioranza dei voti.
La seconda cosa che gli rimproveriamo è quella di aver mortificato ingiustamente i precedenti amministratori che, secondo lui, avrebbero determinato il disastro finanziario da lui ereditato nel 2009. Dopo quasi cinque anni di amministrazione il Sindaco Concina ci presenta lo stesso disavanzo di allora, aggravato dal fatto che in questi anni sono stati svenduti più di 5 milioni di euro di beni della Città e sono stati prelevati dalle tasche degli orvietani 4 milioni e mezzo in più all’anno di tasse e tributi locali. La situazione è di gran lunga peggiore rispetto a cinque anni fa. Le dimissioni di cinque assessori e la revoca di un sesto, l’analisi impietosa della Corte dei Conti, il giudizio assolutamente sfavorevole del Collegio dei Revisori dei Conti rappresentano il fallimento dell’Amministrazione Concina. Fallimento delle promesse elettorali e degli obiettivi prefissati. Tutto ciò non è solo un fallimento contabile, è soprattutto un fallimento politico.
Il 9 dicembre saremo di fronte a un bivio. Il Consiglio comunale dovrà assumere decisioni importanti per il futuro.
Il 9 dicembre saremo chiamati di nuovo ad approvare un bilancio che è tecnicamente impresentabile. I numeri sono numeri e la relazione dei Revisori dei Conti fotografa l’esistente con grande puntualità.
Il Comune di Orvieto, quest’anno, raggiunge il record assoluto di indebitamento, che esplode passando da 52 milioni di euro dell’anno precedente a quasi 60 milioni di euro, considerando gli oltre 7 mln presi come anticipo di liquidità. Siamo al 230% del valore delle entrate correnti. Una follia rispetto alla media nazionale che è del 95% e a quella, ancora più bassa, del 75% dei Comuni dell’Umbria. Concina ha sforato il limite massimo fissato dalla legge in 120%.
Permane il deficit di circa 7 milioni di euro, che è pari al 23% delle entrate correnti. Anche questo parametro è stato sforato: la legge fissa il limite al 5%.
I residui passivi si attestano oltre l’80% della spesa corrente. Il limite massimo fissato dalla legge è del 40%: un ulteriore sforamento.
Le alienazioni usate per il ripiano della spesa corrente superano il 25%: il limite massimo fissato dalla legge è del 5%.
Quelli appena descritti sono solo alcuni dei parametri di insufficienza fissati dalla legge ma sono abbastanza per identificare il Comune di Orvieto in stato di “default”.
Non si poteva fare di peggio.
Come è possibile che ci siamo ridotti a questo punto.
È il risultato di inesperienza amministrativa condita da un pizzico di supponenza: una miscela pericolosa.
Quando noi dell’opposizione presentammo il Patto Civico per la Città fummo presi per visionari, poveri scemi che sognavano un mondo migliore. Noi allora proponemmo un patto di non belligeranza; proponemmo di interrompere il processo di lacerazione in atto in cui le divisioni e la litigiosità politica ne erano, e ne sono tuttora, la manifestazione più eclatante. Dicemmo che serviva un processo di cooperazione e di unificazione delle forze imprenditoriali, sindacali, del mondo associativo e delle professioni. Era il 2010 e si poteva ancora cambiare il trend disastroso che è stato poi intrapreso. Dicevamo che bisognava partire dai punti di forza di cui disponiamo, quelli che nei secoli erano stati prodotti dal lavoro e dalla creatività degli orvietani e che rappresentano ancora oggi il capitale primario della città: i suoi numerosi asset.
Proponevamo un patto a termine per tre anni, finalizzato a risanare il Comune e avviare la stagione del nuovo sviluppo.
Il sindaco Concina allora decise di fare da solo contando su una pseudo maggioranza, raccapezzata oltretutto in dispregio del voto elettorale. A distanza di quasi quattro anni però si presenta con un documento contabile che è benevolo definire imbarazzante. Ma chi può votare una cosa del genere e credere, o far credere, che sia una cosa buona per la collettività?
Noi siamo sempre convinti, oggi più di prima, che si debba avviare un progetto di Città, l’unica via per uscire da questo tunnel dove Concina ci ha portato. Puntiamo su un progetto denominato Terre etrusche di confine, che coinvolgerà 100mila abitanti, oltre 50 comuni tra Umbria, Lazio e Toscana, e potrà concorrere ai fondi comunitari 2014. Vogliamo mettere tutti gli attori intorno a un tavolo per immaginare insieme il futuro di Orvieto e del territorio orvietano. È una grande sfida, sarà un lavoro faticoso, comporterà un impegno massimo e dovrà coinvolgere tutte le eccellenze della Città, ma è l’unica strada che riteniamo percorribile.