di Fausto Cerulli
Descrivevo spesso una battaglia
che non potevo perdere; avevo
come patria una donna straniera
imprigionata durante una guerra
di conquista. La vedevo assonnata
dopo notti d’amore. Mi stringeva
le braccia intorno al collo, diceva
che non dovevo andare via, che
sarei morto in quella battaglia
inutile. Mi ungeva di balsami,
adornava le mie labbra con collane
voluttuose di baci. Ma la battaglia
infuriava, i miseri guerrieri
della ima anima cercavano
i miei ordini sempre incerti.
Fu allora che le dissi debbo
andare, tu sei straniera, poi
mi hanno portato morto alle
sue braccia, fatte da un Dio
che non mi voleva morto,
ma un altro Dio decise per me
altro destino. Ora ho perso
la battaglia, lei è diventata
straniera anche a se stessa.