di Aurora Cantini
Non è un caso se proprio oggi, 2 novembre, giornata dedicata alla commemorazione dei Defunti,concludo questa mia trilogia di scritti dedicati al nostro caro Tribunale.
L’altra notte,infatti , era una di quelle notti in cui non riuscivo a dormire perché sentivo qualcosa di indefinito nell’aria che mi teneva desta l’attenzione. Poi,improvvisamente , un fruscio simile ad un battito d’ali mi è giunto all’orecchio e ,dopo essersi trasformato in una flebile voce, mi ha comunicato la terribile notizia della morte dell’illustre Infermo .
Che dire? Non mi sono stupita ,era una fine annunciata, ma tanto è bastato per provocarmi un senso di angoscia.
In verità ,pochi giorni prima , l’avevo lasciato agonizzante,pieno di ferite profonde bisognose di tempestivi interventi terapeutici,che non sono mai arrivati.
Sarebbero bastate cure anche di modesta entità che ,seppure non risolutive per una completa guarigione, potevano garantirgli una minima sopravvivenza. E mi riferisco,per esempio , alla istituzione di un Ufficio , aperto al pubblico anche una sola volta a settimana e in determinati orari ,che offrisse un minimo di servizi alla cittadinanza orvietana per il deposito di atti o istanze di vario tipo, onde limitare,per quanto possibile, dispendiose e impegnative trasferte in quel di Terni.
Niente di simile è stato fatto,né di qualsiasi altra natura, e dunque il moribondo,privo di adeguate terapie e abbandonato a se stesso,inevitabilmente ha cessato di vivere.
La mattina successiva,ancora frastornata dalla notizia, sono tornata a fargli visita e , questa volta, per rendergli l’estremo saluto.
Il Palazzo,mi è apparso più lugubre del solito. Anche quell’ultima toga ancora appesa alla finestra,in balia degli eventi meteorologici,ha assunto le sembianze di uno straccio liso che ha cambiato colore passando dal nero ad un marroncino-biancastro per niente confortante.
E, all’interno, il degrado ambientale si è manifestato in maniera più netta . Erbacce sempre più alte nello spiazzo esterno tra i due Palazzi, putride feci di piccioni ,sporcizia un po’ dovunque. Nell’androne , ai contenitori di faldoni in partenza per la destinazione prescelta, si sono sostituiti i cassoni dell’immondizia,riempiti di ogni genere di rifiuti ,compresi vecchi codici,riviste,elenchi telefonici,manuali di diritto vetusti ,aperti scompostamente, quasi in una smorfia di dolore.
Nella ex sala d’udienza ,trasformata in camera ardente, Lui era lì , privo di vita, adagiato sul tavolo e avvolto in drappi neri ,in attesa di essere portato via per la sepoltura.
Mi sembrava impossibile che tutto fosse finito così . Ho ripensato,con nostalgia ,al tempo passato quando il palazzo era animato , un microcosmo di varia umanità che ogni giorno si rimetteva in moto. Quante storie,quanti volti, quanto vissuto c’era all’interno di quelle mura !
Dove erano finiti i raduni mattutini nelle aule di udienza? Gli assembramenti intorno al tavolo dei giudici anche per prendere un semplice rinvio? Gli incontri con i colleghi e, perché no, anche le nostre lamentele per i ritardi e qualche inevitabile disfunzione nello svolgimento delle nostra attività quotidiane?
E’ incredibile come cambia la prospettiva nel valutare gli avvenimenti. Ieri, quelle disfunzioni,quei ritardi, quelle lamentele , ci sembravano importanti, oggi faremmo di tutto pur di riappropriarci di quella vita ,che apprezziamo ancora di più perché definitivamente perduta , anche se,ad onor del vero, non è mai venuta meno, in noi , la consapevolezza che il nostro Tribunale,anche con qualche difetto ( e chi non ne ha? ),era considerato un’oasi felice se paragonato ad altri Palazzi di Giustizia,magari più importanti, ma sicuramente più disorganizzati,più caotici e quindi più invivibili.
Prendiamo atto con amarezza che è finita un’epoca,che si deve voltare pagina e ricominciare tutto da capo in un altro luogo,in un altro contesto,in un altro pianeta giudiziario,che richiederà a noi tutti,grande capacità di adattamento.
Addio per sempre,caro vecchio Tribunale!……. E anche Tu , da oggi , sarai annoverato tra i defunti da commemorare con tutto il nostro affetto.