di Mario Tiberi
Ho partecipato, credendoci, alla prima “Marcia della Dignità” in Perugia sabato 9 novembre 2013.
Sono sfilati per le vie perugine, in ordine e compostezza, quelli che hanno perso il lavoro o non riescono a trovarlo, quelli con salari e pensioni da fame, quelli che sono stati costretti a chiudere “bottega”, quelli vessati dalle banche e da uno Stato-Vampiro, quelli che ancora si battono tenacemente per rivoluzionare codesta condizione di totale precarietà in quanto stufi di vedere i poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi, di essere mal governati da politici corrotti e vendutisi alla finanza oligarchica il cui solo dio è il dio-quattrino, di dover soggiacere ad un sistema pseudosociale fondato sull’egoismo, l’ingiustizia diffusa e il malaffare dilagante.
Durante il cammino, mi sono chiesto: ma conosciamo davvero il significato più intimo e proprio della parola “Dignità”?. Mi proverò a tratteggiarlo nei suoi elementi salienti e in ragione di riflessioni di pensiero maturate nel corso di questi più recenti giorni.
La dignità è lo “Status” di massima elevazione ontologica e morale in cui la donna e l’uomo sono posti dalla loro medesima natura umana e, insieme, è il rispetto che per tale “Status” è ad essi dovuto e che loro devono a se stessi e a tutti i loro simili, senza distinzioni alcune. La piena dignità di ogni essere umano, ossia il valore che ogni donna o uomo possiede per il solo fatto di essere donna o uomo, consiste allora nel suo esistere non come individuo indefinito, ma come persona unica e irripetibile. Il valore dell’esistenza personale è, dunque, l’autentico fondamento della dignità umana. Da ciò discende il principio di uguaglianza e di non discriminazione, fondato sul riconoscimento della pari dignità “in se ipsa” di ciascuna donna e di ciascun uomo e, pertanto, ogni persona deve essere tutelata in virtù del valore assoluto e intrinseco della sua propria dignità.
A motivo di ciò, una società giusta può essere realizzata solamente nel rispetto e nella promozione della dignità di ogni persona, fine e valore in sé.
E se ancora è necessario scendere in piazza per reclamare dignità e rispetto è perché, nonostante i postulati costituzionali, la nostra non è una società giusta proprio perché non rispetta, non tutela, non promuove compiutamente la dignità umana.
Mi sono ulteriormente chiesto: ma dove e quando vi è dignità? E dove e quando, al contrario, non vi è e quindi occorre attivarsi con il meglio di sé per lì portarla o, se strappata e ghermita, per lì riportarla?.
Dove non vi è equità nelle relazioni umane e politiche, là non vi è dignità.
Dove non vi è il rispetto totale del principio morale e giuridico che “la legge è uguale per tutti”, là non vi è dignità.
Dove non vi è guida etica nel governo dei negozi pubblici, là non vi può essere dignità.
Quando, invece, il debole e l’oppresso sono difesi, sostenuti, carezzati con amore e dedizione, lì vi è dignità.
Quando, invece, la donna nella pienezza del suo essere femmina è tutelata, salvaguardata e protetta, soprattutto nel momento in cui è disgraziatamente divenuta oggetto di infamanti violenze sia fisiche che psichiche, lì vi è dignità.
Quando, invece, a un popolo è riconosciuto il pieno diritto alla sua autodeterminazione, lì vi è dignità.
Riassumendo: non vi è legge dell’universo che non possa essere modificata dall’esercizio delle ragioni dell’intelletto ed anche da quelle del cuore; non vi è legge dei potenti che non possa essere sovvertita dal giusto desiderio dei popoli di vivere in pace, benessere, giustizia e libertà e pace, benessere, giustizia e libertà altro non sono se non i valori fondanti della umana DIGNITA’.