di Mario Tiberi
Se la nostra Italia è ridotta com’è ridotta, sappiamo bene chi e coloro i quali dobbiamo ringraziare.
L’ennesima scandalosa vicenda, ultima solo in ordine di tempo, mi porta ad affermare che la giustizia è oramai divenuta un impiccio e un valore insignificante se a dileggiarla è stata proprio la signora Cancellieri, ministro di una giustizia iniqua e inegualitaria.
Un ceto di mestieranti della politica affatto preparati a degnamente governare il popolo italiano e, per di più, sempre inclini a privilegiare se stessi piuttosto che gli interessi superiori delle genti, anche quando solennemente dichiarano il contrario, ha affossato e procede nell’affossare una nazione ricca di storia ed ora povera di idee lungimiranti e di limpide intelligenze.
Si vive, dunque, all’interno di una colossale menzogna!. Ed è in codesta sfrontata menzogna che si annida la malapianta della sudditanza alla casta la quale, di tutta evidenza, pura e casta non è e, con essa, la politica non marcia poiché è essa stessa bacata e marcia.
Avvertiamo, adesso più intenso che mai, lo stringente bisogno di sprigionare una novella speranza di risorgente rinascita etica dalle macerie dell’oscurantismo culturale nel quale siamo stati precipitati, di liberarci dalla rassegnazione e dal sentimento oppressivo dell’impotenza, di essere guidati dall’idea che non sia del tutto impossibile cambiare, e in meglio, la società in cui viviamo.
Sappiamo anche bene quanto ardua e in salita sia la meta ambita, ma sarà grazie al nostro impegno quotidiano, all’attenzione che ognuno di noi dedicherà all’altro, al nostro senso di corresponsabilità civile e sociale se riusciremo a cogliere, un giorno il più vicino possibile, i frutti di un’impresa comune nel suo collettivo coinvolgimento e non comune nella sua grandiosità.
“Miseria ladra”, si sbotta quando tutto sembra andare di sghembo. E’ così: la povertà spirituale e la nera miseria materiale ci rubano il confidare nel domani, il proteggere la dignità umana, il difendere costi quel che costi i diritti eterni ed universali. Oltre nove milioni e mezzo di italiani si trovano in condizione di essere in procinto di superare la soglia della povertà e, di questi, circa cinque milioni sono già in povertà assoluta e, tra loro, quasi due milioni di minori. Numeri che sono la diretta conseguenza di politiche sbagliate ed offensive per la giustizia sociale, mortificanti per la democrazia e traditrici della Costituzione Repubblicana.
A mio giudizio, non tutto è ancora perduto e, però, è da subito necessario imboccare quattro vie convergenti: liberare la libertà, liberare il bene, liberare la conoscenza, liberare la speranza per liberarsi dai potentati elitari, dalle mafie nemiche giurate del genere umano, dalle caste dei cialtroni.
Liberare la libertà: non esiste vera libertà nelle realtà oppresse dai poteri mafiosi e né in uno Stato dove la corruzione sottrae risorse immense alle tasche degli onesti e dei virtuosi.
Liberare il bene: le dette immense risorse, assieme alla ricchezza generata dalle attività produttive, saranno in grado di perseguire il bene collettivo a patto che siano precedute da una rigorosa, vigorosa e coscienziosa politica di equa redistribuzione del reddito.
Liberare la conoscenza: la cultura è la più straordinaria leva del cambiamento e si sostanzia essenzialmente in due componenti complementari l’una all’altra, conoscenza e consapevolezza. Conoscenza dei molteplici fenomeni di illegalità e di malcostume accompagnata, in linea di ferra razionalità, dalla consapevolezza dei diritti e dei doveri del cittadino per efficacemente contrastarli e vincerli.
Liberare la speranza: quest’ultima muore se non viene costantemente alimentata dalla giustizia e dalla verità e, per riconquistare quel domani ad oggi rubato, ad essa va affiancata la memoria storica di epoche di risveglio delle coscienze e di rinascimento delle arti e delle professionalità umane.
Dei concetti sopra espressi, non mi stancherò mai di esserne impavido alfiere!.