“Ho votato contro perché è un bilancio di pura sopravvivenza, un inutile accanimento terapeutico che ha come unico scopo quello di tirare a campare”. Lo dice Giorgio Santelli (Sel) spiegando in un documento i motivi del suo voto contrario ed annunciando le dimissioni dal Consiglio provinciale.
Di seguito il documento:
“In questo ultimo anno e sempre in modo maggiore, vivo l’inutilità del mandato che non ha oggettive possibilità di realizzare nulla per il territorio. Non esistono capacità di investimento in un bilancio che è essenzialmente dettato dalla esclusiva necessità di “chiuderlo”.
Sono convincenti gli obiettivi di investimento che la legge di programmazione economica individua? L’ammontare degli interventi economici riesce a soddisfare, almeno in parte ed in modo equilibrato, le necessità del territorio che rappresentiamo?
No. Non penso che in coscienza ed oggettivamente sia possibile dare una risposta positiva a queste due semplici domande. Ed il perché è presto detto. Il quadro economico in cui operiamo non permette di dare alcun tipo di risposta perché privo di possibilità dignitosa di investimento. Ed allora entra in campo una decisione che è morale. Ha senso pesare su un bilancio dell’Ente come apparato istituzionale sapendo che si mangiano risorse, sebbene limitate, a qualsiasi politica di intervento a favore dei cittadini che rappresentiamo? A mio avviso no!
Né, tra di noi, c’è stata la possibilità di superare almeno in parte questa difficoltà contraendo al massimo le spese istituzionali. Nella verifica che insieme ad altri ho proposto c’erano alcune richieste specifiche. Ridurre il numero dei membri di giunta, azzerare le spese per la figura del capo di gabinetto, contrarre ulteriormente in misura rilevante le spese del consiglio, azzerare i costi per la funzione di direttore generale. Di tutte queste proposte il risultato è stato solo quello di un ulteriore taglio delle spese di giunta e di consiglio e l’azzeramento della figura del direttore generale.
Non basta, questo, per dare un segnale ai cittadini. Né basta per dare un segnale alla politica regionale e nazionale. Mi è stato detto che la diminuzione dei membri di giunta provocherebbe crisi negli equilibri politici del Comune di Terni e forse in Regione. Posso crederci ma ritengo questa possibilità il colpo di coda di una politica che pensa più a sé stessa, alle poltrone che deve garantire piuttosto che al ruolo stesso che la politica dovrebbe avere: quello di lavorare, come il buon padre di famiglia, per dare risposte ai cittadini.
In Consiglio provinciale ho così legato il mio voto favorevole al bilancio a questa scelta, alla necessità, temporanea, di riavvicinare la politica ai cittadini. Ho proposto di riconsegnare alla Regione le deleghe che ci sono state affidate senza copertura economica; ho proposto di portare a quattro gli assessori perché, in tutta onestà, sette assessori non servono per fare quel che dobbiamo e possiamo fare; ho proposto di fare attività politica nelle commissioni evitando però di doverne fare per forza 12 ogni mese per raggiungere il tetto massimo di presenze che si lega agli emolumenti dei consiglieri; ho proposto di eliminare la figura del capo di gabinetto. Insomma, ho proposto una scelta politica di austerità a fianco di una scelta tecnica necessaria di approvazione del bilancio per salvaguardare i salari accessori dei dipendenti dell’ente che salterebbero in caso arrivasse un commissario. Ho proposto quello che ho presentato come auto-commissariamento. Riduciamo al minimo le nostre spese perché non ha senso avere una struttura istituzionale che sia una Ferrari quando non abbiamo nemmeno i soldi per mettere la benzina ad una cinquecento vecchio modello.
Ed ho proposto, con la necessità di rimettere alcune deleghe alla Regione, di alzare la voce rispetto al disegno che sta saccheggiando il nostro territorio, che non destina fondi alla Provincia per risolvere le emergenze idrauliche del territorio, che produce sprechi producendo poltrone nelle società regionali che sono il vero buco nero della spesa pubblica italiana, che interviene sempre “post mortem” sulle vicende di svuotamento istituzionale dei territori. Che poco dice rispetto alla chiusura del Tribunale di Orvieto, al rischio di chiusura del carcere di Orvieto, che non interviene su una situazione di viabilità da terzo mondo, che non ha lungimiranza e progetto.
Dalla maggioranza mi è stato detto che il bilancio che andavamo ad approvare era essenzialmente tecnico. Io ho affermato che quel bilancio è tanto tecnico quanto politico. E per questo motivo, per l’assenza di scelte politiche coraggiose, innovative, trasparenti, nuove, eclatanti e dirompenti, ho detto no ad un bilancio di pura sopravvivenza, un inutile accanimento terapeutico che ha come unico scopo quello di tirare a campare
Per questo, oltre a quel voto, sto predisponendo tutti gli atti per definire le mie dimissioni da consigliere provinciale che saranno effettive dal 1 dicembre 2013”.