di Franco Raimondo Barbabella
Credo di conoscere bene la mia città, eppure viene sempre fuori qualcosa di inopinato che me la rende sorprendente. Potrei citare momenti diversi, episodi diversi, persone diverse. Oggi è l’interesse che mostra per me Fausto Cerulli ad apparirmi sorprendente. Qualche settimana fa se l’era presa con il COVIP, con Leoni e con me. Questa volta avrebbe potuto risparmiarsi di prendersela con qualcuno, visto che racconta episodi della sua vita che ritiene degni di nota. Però si vede che non può, e così non ha resistito alla tentazione di eleggere a compartecipi anche me e Adriano Casasole.
Quale sia la ragione di questo inaspettato interesse di Fausto per me lo ignoro, ma mentre a me che si parli di me in modo impreciso o addirittura deformato in fondo potrebbe non dispiacermi o non toccarmi più di tanto, di Adriano è il caso di parlare solo essendo sicuri di non deformare la realtà. Mi permetto perciò di invitare Fausto, qualora voglia continuare i suoi racconti, a mettere a fuoco i ricordi e le informazioni, che allo stato mi appaiono gli uni piuttosto sfocati, le altre piuttosto imprecise. Per quel che posso e per quel poco di frequentazione che ho avuto con lui in ogni caso sono a disposizione, anche se temo che il mio aiuto non sia così importante, sia perché forse non gli interessa ricostruire la realtà per come effettivamente è, sia perché magari prova piacere a ricostruirla a modo suo e vuole raccontarla proprio in questo modo fantasioso.
Ma vengo al dunque. Adriano ed io accettammo la proposta di candidatura a consiglieri comunali e partecipammo per la prima volta alle elezioni nel 1975, con Vladimiro Giulietti candidato sindaco. Io divenni poi sindaco con Adriano assessore nel 1980 (Adriano era assessore già dal 1975 e io dal 1978). L’attività del collettivo politico intorno a Radio Orvieto è di una diecina di anni prima. Credo che basti questo per capire che nel racconto di Fausto c’è qualcosa che non quadra. Forse si riferisce a qualche altra cosa, non so. Forse a lui non interessa un racconto veritiero e persegue altro scopo. Ha paura che gli insidi l’ambita carica di podestà? Valli a capire questi incalliti veterocomunisti, non vogliono accettare nemmeno la fatica della sfida! Vuole dimostrare che io e Adriano siamo stati “trasformisti”? Ma che parolona! Al massimo, se il racconto fosse vero, si potrebbe dire che abbiamo cambiato idea, che ci siamo convinti che quella era una scelta da fare, che abbiamo seguito più la nostra coscienza o magari i suggerimenti di Benedetto Burli che non le nevrosi leaderistico-distruttive prevalenti nel collettivo.
E poi, lo sa Fausto (sì che lo sa!) che il trasformismo divenne un vero e proprio fenomeno storico a partire dal 1876 con il primo Governo Depretis e che fu anche il metodo di governo di Giovanni Giolitti, che Gaetano Salvemini descrisse nel pamphlet del 1910 Il ministro della malavita? Suvvia, noi eravamo più modesti: pensate, volevamo cambiare modo di intendere e di fare politica! Comunque Fausto ci voglia giudicare ricordi sempre che solo i matti e i dementi non cambiano idea. Cambiare non solo si può, ma si deve, se ha un senso avere una mente pensante. Peraltro io non ambisco ad essere imparziale, ma solo ad essere intellettualmente onesto. E poiché penso che, nonostante queste recenti cadute di memoria e di stile, anche Fausto potrebbe ancora provare il gusto di esserlo, sottopongo alla sua attenzione questo pensiero proprio di Gaetano Salvemini, rappresentante di un’etica pubblica così rara in Italia che non solo non si ricorda, ma che, ricordandola, forse può trasformare chi lo fa in un pericoloso sovversivo: « Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti: cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità è un dovere ». Spero gli piaccia, a meno che non gli nuoccia sapere che si tratta del pensiero di un socialista.