di Dante Freddi
Il prossimo 25 novembre il Consiglio comunale di Orvieto approverà il bilancio preventivo 2013 già varato dalla Giunta e presentato alla stampa la scorsa settimana. Dei numeri abbiamo già detto qui, ora vorrei soffermarmi su aspetti politici e sulle conseguenze reali di alcune scelte di bilancio.
Una prima conseguenza, abbastanza marginale per la verità, è che in questi ultimi mesi il Comune non ha potuto e non potrà spendere neppure un euro per azioni non assolutamente necessarie. Quindi niente manutenzione e piccoli investimenti. E nemmeno grandi. Tutto bloccato, non c’è un euro. Alla faccia dei proclami di Olimpieri.
Ma c’è di peggio, molto peggio.
“Il grande problema è il disavanzo di oltre 7 milioni di euro coperto dalle vendite – ha affermato l’assessore Pizzo – allo stato attuale l’unica maniera per coprirlo forse sarebbe quella di svendere il patrimonio immobiliare. Quello che invece vogliamo fare è valorizzare il patrimonio, operazione che passa per un progetto che metta a reddito una parte significativa del complesso dell’ex caserma Piave. Progetto che può fare a meno della palazzina Comando, tant’è che attualmente per questo specifico bene è aperto un bando di vendita”.
E qui entriamo nei problemi seri. Pizzo non vuole svendere la palazzina comando perché gli fa più comodo così, a pezza di rattoppo del debito, anche se alcuni sostengono che la legge non lo consentirebbe più. Noi siamo tutti tranquilli sulla legittimità perché il ragioniere, ha sostenuto Pizzo, ha firmato il bilancio. Sarebbe preoccupante invece se l’assessore e i suoi colleghi pensassero davvero che il progetto di valorizzazione della Piave possa fare a meno della palazzina comando. Va bene metterla in vendita per motivi di bilancio con l’idea che tanto nessuno la acquista, ma pensare davvero a scorporarla dalla valorizzazione dell’intero complesso è intollerabile, è la dimostrazione di una guida a vista, e nemmeno troppo acuta, della nostra baracca. In pratica, tolta la parte utilizzata dal Comune e la mensa, che ancora non è ben chiaro che destino avrà, rimarrebbe soltanto il corpo centrale su cui poter progettare. Siamo arrivati, senza nemmeno un po’ di vergogna, allo smembramento dell’immobile e alla rinuncia di un piano di valorizzazione che, come si diceva un tempo, fosse “volano” dell’economia orvietana. Non in nome della migliore soluzione, ma della semplice possibilità di galleggiamento dell’Amministrazione.
Pizzo, in occasione della conferenza stampa di presentazione del bilancio, ha ricordato che il Comune non può nulla per creare posti di lavoro e offrire spinte agli imprenditori. Se ragiona in questo modo, è evidente che il filo che guida la sua opera amministrativa non è la politica o una visione, ma soltanto una logica dei numeri, che tra l’altro neppure tornano.
Ricordo all’assessore che negli anni Trenta, il Casermone fu costruito con i soldi del Comune. Fu una scelta per offrire agli orvietani un’opportunità economica, ma l’importante investimento ha bloccato per decine d’anni il bilancio comunale, mantenendo però la città per una settantina d’anni. Allora il Comune pensò che dovesse operare scelte per creare lavoro e sostenere gli imprenditori.
Ma il sindaco Brizi non era né Còncina né Pizzo.
Se i tempi sono bui e le caserme dismesse in offerta speciale sono tante, si abbia il coraggio di scegliere comunque una via, anziché piagnucolare sui mala tempora e non fare nulla se non tentate vendite.
Pizzo, poi, riferisce il suo progetto innovativo e di grande afflato democratico.
La partecipazione del bilancio 2013 con le categorie sociali –comunica– verterà sulle linee guida per il prossimo imminente bilancio 2014 che sarà veramente partecipato in quanto sarà possibile impostare la politica fiscale del Comune in base ai reali servizi che si intendono erogare. In definitiva non un bilancio da festeggiare perché pesa forte il debito di oltre 7 milioni di euro, ma un bilancio su cui misurare la capacità di proposta della città nelle sue varie articolazioni sociali e politiche. E’ questa la vera scommessa per tutti”.
La verità è che Pizzo e Còncina vogliono approvare il bilancio 2014 entro il 31 dicembre, in modo da poter disporre subito delle risorse disponibili, che così possono essere spese, paradossalmente, anche a gennaio, senza dover dividere la spesa in dodicesimi, come è obbligatorio quando non c’è un bilancio approvato. Nel caso del Comune di Orvieto, poi, con un debito di sette milioni, non sarebbe possibile spendere nulla. Altro che “bilancio su cui misurare la capacità di proposta della città nelle sue varie articolazioni sociali e politiche”. Soltanto una furbizia per costruire un bilancio elettorale, come altre ne abbiamo viste negli ultimi anni. Il metodo già lo conoscevamo, ne è stato maestro Mocio, e Còncina è un ottimo allievo di queste tragiche birichinate.
La foto in home è di Piero Piscini