di Fausto Cerulli
Vorrei dire la mia sulla questione del Tribunale di Orvieto, anche se appartengo ad altro foro (che brutta parola…) se non altro perché ho frequentato spesso le aule del Palazzo di Giustizia orvietano.
Prima di tutto una chicca. Per qualche tempo una avvenente giudice, di nome Augusta Jannini, ha fatto un pensierino per la Presidenza di questo nostro vostro Tribunale. Io conoscevo la Jannini per averla accompagnata ad interrogare, lei come giudice, io come avocato d’ufficio, il boss camorrista Vittorio Alfieri, che essendosi pentito di essersi pentito, non volle rispondere nulla, limitandosi galantemente a baciare la mano alla Jannini, ed a stringere la mia, macchiandola leggermente di sangue. La Jannini era, è, una donna simpaticissima, disinibita, vittima per qualche tempo degli attacchi della procura di Roma, soavemente massacrata da certa stampa radical chic. Aveva un solo difetto; era, è , la moglie di Bruno Vespa. Un difetto che però avrebbe potuto essere un pregio: chi avrebbe avuto il coraggio di sopprimere un Tribunale presieduto dalla consorte di Bruno Vespa? Poi la Jannini cambiò idea, andò, tanto per non darsi importanza , a dirigere il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, detto DAP, che per chi non lo sapesse è una colonna portante del nostro sistema giudiziariocarcerario.Una stupenda occasione persa. Ora che gli avvocati, con macabra goliardia, hanno fatto il funerale al Tribunale, dopo essersi incatenati ed aver fatto anche qualche blocco stradale, senza cariche della Polizia e senza lancio di lacrimogeni, e con qualche consenso dei Giudici, mi sono trovato a passare per le stanze quasi deserte del Tribunale, a salutare gli ultimi funzionari intenti ad impacchettare la Giustizia per spedirla a Terni. Dico subito che ho sempre avuto molta stima del personale del Tribunale, che, salvo qualche eccezione, mi ricambiava anche perché non facevo pesare, e come avrei potuto, il mio essere avvocato. E li ho salutati con una certa malinconia, compagni di questa strada giudiziaria. Con i Giudici ho sempre avuto un rapporto sanamente conflittuale, essendo abituato a dire pane al pane e giusto al giusto. Come in tutti i Tribunali di questo mondo, e ne ho girato parecchi, la magistratura è convinta di essere giustamente intoccabile, a garanzia della propria indipendenza, e con qualche sgarbo alla giustizia sostanziale. Ma questo, ripeto, è cosa normale. Tanto per fare un esempio, conobbi in Marocco il Procuratore Generale del Re, che mi ricevette senza farmi fare la fila e senza che mi facessi annunziare. Il che non accade o accade poco spesso con le Procure italiane, convinte di aver sempre a che fare con nemici, da guardare con diffidenza. Come sempre divago, ma ora provo ad andare al sodo. So che il Sindaco, mio futuro assessore, si è dato molto da fare per salvare il Tribunale, come era ovviamente suo dovere. Si è addirittura fatto sentire per due sere di seguito ad una trasmissione della Radio Rai, chiamata Zapping, ed una sera ha persino dialogato in diretta con uno dei mille sottosegretari alla Giustizia, il quale, essendo uno dei Mille, gli ha dato garibaldinamente ragione, dicendo che avrebbe riferito al Ministro e che qualcosa forse si poteva ancora fare per mantenere il Tribunale ad Orvieto, della serie che non sei politico se non sei bugiardo…Ecco, ho di nuovo lodato, con grave scandalo dei miei amici compagni, il Sindaco ancora in carica nella attesa di fare l’assessore della mia giunta, per giunta. Volevo dire che il governo sgovernato aveva già deciso, in maniera irrimediabile. E lo sapeva quel giudice che a giugno, dovendo rinviare una causa in cui ero avvocato difensore, indicò addirittura il piano e la stanza del Tribunale di Terni in cui si sarebbe svolta la prossima udienza.
Segno che il destino del Tribunale di Orvieto era già segnato persino nel calendario personale di udienza di qualche giudice. I miei trentacinque lettori, ai quali si è aggiunto, per scrupolo di futuro assessore, insieme a Germani, ovviamente, anche il Sindaco che mi precede nella carica, mi chiederanno quale sia il mio parere sulla soppressione del Tribunale di Orvieto. Risposta difficile: posso dire soltanto che i cento e più avvocati di Orvieto hanno tutti i numeri, e non dico cento, per farsi valere anche in quel di Terni. Magari, tanto per pareggiare i conti, potremmo chiedere a Spoleto, che ha salvato il proprio Tribunale, di regalarci il Festiva. E se qualcuno vuole leggere in questa mia affermazione un ignobile paragone tra Tribunale e Festival, o è in mala fede, o non capisce l’ironia. Tranquillo, direttore, se ci querelano ne approfittiamo per fare una gita a Terni, con sosta in un ristorantino di Marmore, che cucina un pesce veramente giusto. E vorrei chiudere con un riferimento all’amico collega Manlio Morcella, il quale, con magica preveggenza, aveva trasferito da tempo il proprio studio legale a Terni. Un giorno o l’altro voglio chiedergli i numeri da giocare al lotto. Ho molti amici, e qualche nemico, tra i colleghi avvocati orvietani. Agli uni e agli altri voglio dire che mi rende triste vedere vuoto il Palazzo di Giustizia di Orvieto Ma siamo in Italia, il Paese del possibile, e nulla vieta ad un prossimo governo di riportare il Tribunale ad Orvieto, in una sorta di tessuto di Penelope. Anche perché, tutto sommato, il Tribunale di Orvieto pesava sul bilancio italiano meno di uno stipendio di qualche Sua Signoria.