di Fausto Cerulli
La campagna elettorale è già finita. Io sono stato eletto Sindaco, come era prevedibile, visto che godo dell’appoggio del nuovo Vescovo, come avrei avuto quello di Scanavino . Mons. Grandoni, Dio l’abbia in pace, avrebbe appoggiato invece Mocio. E Mocio, in mancanza del supporto episcopale è stato sconfitto, sia pure per soli quattromila voti. Dopo la mia elezione a Sindaco, mi hanno cercato Lattanzi e Laura Ricci: il primo, sempre in vena di chiacchiere politiche, mi ha chiesto di spiegargli quale fosse stato, a mio parere, il bacino a cui avevo attinto tanti voti. Gli ho risposto che, secondo me, la molla che è scattata è stata la curiosità. La gente voleva vedere cosa sarebbe successo con un sindaco comunista, dopo tanti Sindaci paracomunisti, con l’eccezione liberal- crociana di Concina. Non a caso i miei avversari, durante la campagna elettorale, mi hanno contrastato sostenendo che avrei instaurato i soviet: mossa sbagliata, la gente è stata disabituata dai paracomunisti a conoscere il significato della parola Soviet, e allora si è detta proviamo, meglio di niente, forse i soviet sono qualcosa che si mangia. Laura Ricci, più esperta dei gusti femminili, mi ha invece chiesto quale peso abbia avuto il voto delle donne nella mia elezione. Domanda imbarazzante: avrei dovuto raccontare tutte le fatiche amorose cui mi sono dovuto sobbarcare per avere voti in cambio di baci. Ho preferito glissare, dicendo che la donna è mobile, muta di accento e di voto. Come primo gesto da Sindaco, ho fatto spiegare al vento la bandiera rossa, mentre la banda comunale suonava l’Internazionale, ma non la conosceva bene e sembrava va pensiero. Ho poi deciso di cambiare la sede del Comune, lasciando il vetusto Palazzo per insediarmi nella sede ormai vacante del Tribunale: qualche maligno ha voluto vedere in questo gesto un riferimento a trascorsi giudiziari di qualche Sindaco che mi aveva preceduto, e che si era fatta prescrivere la pena come fosse una medicina. Invece, il trasferimento della sede voleva significare per me che il mio programma sarebbe stato ispirato a criteri di giustizia. Ed ho cominciato a fare giustizia dei succulenti emolumenti dei dirigenti, con un taglio lineare che mi ha consentito di pareggiare il bilancio: zero a zero: la seconda mossa è stata veramente azzardata: Mi sono chiesto perché mai la Cassa di Risparmio dovesse fungere da tesoreria del Comune, e da comunista vero ho dato spazio alla concorrenza. Ho messo all’asta la funzione di tesoreria, vinca il miglior offerente, ho bisogno di soldi; non per me, ovviamente, ma per venire incontro alle famiglie povere. Per sapere quali fossero queste famiglie povere, mi sono rivolto alla Caritas, la quale mi ha fornito le notizie, ed in cambio io la ho eliminata. Ho avuto poi un lungo colloquio con il Vescovo, essendo mia intenzione espropriare i beni della Chiesa. Il Vescovo mi ha rinfacciato il suo appoggio, poi si è detto d’accordo sulla municipalizzazione dei Mercedari e del Convento di Clausura, purché facessi in modo che l’Opera del Duomo potesse avere come Presidente un sacerdote. Ho respinto seccamente la proposta, per via che l’attuale Presidente mi è amico ed avvocato. Ho poi affrontato il problema del Museo della Ceramica, e in questo, debbo essere sincero, ho voluto fare un piacere ad un mio amico architetto e storico, ed un piacere alla ceramica orvietana, orfana di Mastro Paolo facendo anche un piacere alla città, alla faccia puredel Centro Studi..
Il compito più delicato, lo so, è quello degli assessori: in genere occorre procedere con un bilancino, per contentare tutti. Io ho preferito mantenere le promesse che avevo fatto in campagna elettorale. Trampolino ai rapporti con il Parlamento, Tiberi ai rapporti con la lingua latina, tanto per far capire che i grillini non sono tutti ignoranti come si dice. Avrei voluto mettere Giancarlo Imbastoni all’assessorato per gli affari sociali, ma ho capito che sarebbe stato troppo: invece di una Giunta avremmo fatto una sezione di una rifondata Rifondazione Comunista. Allora ho nominato Pietro, il figlio di Giancarlo, all’assessorato dei rapporti con l’asilo, credo che farà bene il suo lavoro. Ho richiamato un ex assessore, tale Brugioli, e gli ho affidato le piscine. Sono stato incerto se nominare assessore Concina, avrebbero detto che, tutto sommato, resto un sovietico conciniano, ma voglio correre il rischio. Poi ho rinnovato l’incarico alla Tardani, tanto per avere un sorriso intelligente. Mi dicono che ora debbo pensare al programma, ma io pensavo che non fosse compito del Sindaco. Ho provato a contattare sindacati ed imprenditori, ma ad Orvieto non esistono. Allora ho deciso di abolire la carica di Sindaco. E mi sono autonomimato Podestà. Ora la politica, finalmente, torna ad essere questione di Monaldeschi e Filippeschi. Come sempre…