di Dante Freddi
Una persona cara mi ha inviato questa omelia di papa Francesco, ricordandomi il mio ruolo di cittadino e di giornalista cattolico. La proposta di Francesco a partecipare alla vita politica, nelle forme che mi sono più congeniali, l’ho già accolta tanti anni fa, ma trovo una difficoltà straordinaria ad abbandonare la disaffezione nei confronti di tanti governanti grandi e piccoli che così poco rispetto nutrono per i governati.
“Un buon cattolico si immischia in politica offrendo il meglio di sé perché il governante possa governare», dice Francesco. E aggiunge: «Devo collaborare, con la mia opinione, con la mia parola, anche con la mia correzione: non sono d’accordo per questo, per questo».
Quanto è difficile, nella prassi quotidiana, lasciarsi andare alla carità e collaborare con coloro che governano, averne rispetto, pregare per loro! È arduo osservare tanti empi tesi soltanto all’interesse proprio o della propria parte e accettarli.
Il papa invita il cattolico all’atto alto di amare il “nemico”, che è chi opera per crearci danno, per schiacciarci, per mortificare la nostra intelligenza.
Accetto l’invito di Francesco e lo offro come opportunità di riflessione a chi vorrà leggerlo. Ma sento grave il peso di questo impegno. Mi passano davanti agli occhi i volti dei politici per cui non dovrei nutrire disprezzo e il mio animo arranca.
Soltanto la carità può suscitare il fuoco che è necessario per costringere le braccia a aprirsi, perché la ragione lo renderebbe impossibile. Prometto buona volontà.
PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Preghiamo per i politici perché ci governino bene
Lunedì, 16 settembre 2013
(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 212, Mar. 17/09/2013)
Un buon cristiano partecipa attivamente alla vita politica e prega perché i politici amino il loro popolo e lo servano con umiltà. È la riflessione proposta da Papa Francesco questa mattina, lunedì 16 settembre, durante la messa celebrata nella cappella di Santa Marta.
Commentando il brano del vangelo di Luca (7, 1-10) dove è narrata la guarigione, a opera di Gesù, del servo del centurione a Cafarnao, il Pontefice ha sottolineato «due atteggiamenti del governante». Egli deve innanzitutto «amare il suo popolo. Gli anziani ebrei dicono a Gesù: egli merita quello che chiede perché ama il nostro popolo. Un governante che non ama non può governare. Al massimo può mettere un po’ d’ordine ma non può governare». E per spiegare il significato dell’amore che il governante deve al suo popolo il Santo Padre ha ricordato l’esempio di Davide che disobbedisce alle regole del censimento sancite dalla legge mosaica per sottolineare l’appartenenza della vita di ogni uomo al Signore (cfr. Esodo 30, 11-12). Davide però, una volta compreso il suo peccato, ha fatto di tutto per evitare la punizione al suo popolo. E questo perché, anche se peccatore, amava il suo popolo.
Per Papa Francesco il governante deve essere anche umile come il centurione del Vangelo, che avrebbe potuto vantarsi del suo potere se avesse chiesto a Gesù di andare da lui, ma «era un uomo umile e ha detto al Signore: non disturbarti, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto. E con umiltà: dì una parola e il mio servo sarà guarito. Queste sono le due virtù di un governante, così come ci fa pensare la parola di Dio: amore al popolo e umiltà».
Dunque «ogni uomo e ogni donna che assume responsabilità di governo deve porsi queste due domande: io amo il mio popolo per servirlo meglio? E sono umile da sentire le opinioni degli altri per scegliere la migliore strada?». Se costoro — ha sottolineato il Pontefice — «non si fanno queste domande, il loro governo non sarà buono».
Anche i governati però devono fare le loro scelte da compiere. Cosa dunque bisogna fare? Dopo aver notato che noi «come popolo abbiamo tanti governanti», il Papa ha ricordato una frase di san Paolo tratta dalla prima lettera a Timoteo (2, 1-8): «Raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio».
Questo significa — ha puntualizzato Papa Francesco — che «nessuno di noi può dire: ma io non c’entro, sono loro che governano. No, io sono responsabile del loro governo e devo fare del mio meglio perché loro governino bene, partecipando alla politica come posso. La politica, dice la dottrina sociale della Chiesa, è una delle più alte forme della carità, perché è servire il bene comune. E io non posso lavarmene le mani: ciascuno di noi deve fare qualcosa. Ma ormai abbiamo l’abitudine di pensare che dei governanti si deve solo chiacchierare, parlare male di loro e delle cose che non vanno bene».
In proposito il Santo Padre ha notato che in televisione e sui giornali ricorrono soprattutto “bastonate” per i politici: difficilmente si trovano osservazioni come «questo governante in questo ha fatto bene; questo governante ha questa virtù. Ha sbagliato in questo, in questo e in questo, però in questo ha fatto bene». Dei politici invece si parla «sempre male e si è sempre contro. Forse il governante è un peccatore, come lo era Davide. Ma io devo collaborare, con la mia opinione, con la mia parola, anche con la mia correzione: non sono d’accordo per questo, per questo. Dobbiamo partecipare al bene comune. A volte abbiamo sentito dire: un buon cattolico non si interessa di politica. Ma non è vero: un buon cattolico si immischia in politica offrendo il meglio di sé perché il governante possa governare».
Qual è allora «la cosa migliore che noi possiamo offrire» ai governanti? «È la preghiera» ha risposto il Pontefice, spiegando: «È quello che Paolo dice: pregate per il re e per tutti quelli che hanno potere». Ma «si dirà: quello è una cattiva persona, deve andare all’inferno. No, prega per lui, prega per lei, perché possa governare bene, perché ami il suo popolo, perché sia umile. Un cristiano che non prega per i governanti non è un buon cristiano. Bisogna pregare. E questo — ha precisato — non lo dico io. Lo dice san Paolo. I governanti siano umili e amino il loro popolo. Questa è la condizione. Noi, i governati, diamo il meglio. Soprattutto la preghiera».
«Preghiamo per i governanti — ha concluso Papa Francesco — perché ci governino bene. Perché portino la nostra patria, la nostra nazione avanti, e anche il mondo; e ci sia la pace e il bene comune. Questa parola di Dio ci aiuti a partecipare meglio alla vita comune di un popolo: quelli che governano, con il servizio dell’umiltà e con l’amore; i governati, con la partecipazione, e soprattutto con la preghiera».