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Home Politica

L’assurdo teatro del Centro Studi

Redazione by Redazione
18 Ottobre 2013
in Politica, Secondarie, Archivio notizie
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di Massimo Maggi

maggiPrendo spunto dallo spettacolo di Eduardo che sarà rappresentato al Teatro Mancinelli.

Profetico il pensiero drammaturgico di Eduardo De Filippo, che già nel dopoguerra prospettava un mondo, perfetta metafora dei nostri tempi attuali, dove la realtà quotidiana è un gioco d’illusione popolato da furbi prestigiatori che ti fanno credere l’inverosimile, rendendo gli uomini insensibili e incapaci di percepire la verità. Perché, spiegava Eduardo, «la vita è un gioco, e questo gioco ha bisogno di essere sorretto dall’illusione, la quale a sua volta deve essere alimentata dalla fede. Ogni destino è legato ad altri destini in un gran gioco eterno del quale non ci è dato scorgere se non particolari irrilevanti».

Non ho capito se parlava in generale o se si riferisse al Csco, all’ipermercato subacqueo o alla penosa gestione culturale a stampo clientelare.

Proviamo per il momento ad analizzare l’assurdo teatro del CSCO: La commissione dei saggi “… riteneva superflua la necessità di sottolineare la corrispondenza stretta tra compiti assegnati e adeguatezza delle competenze”, ma evidentemente si sbagliavano!

Era necessario eccome! Capisco che la politica è anche mediazione ma questa non può essere solo e soltanto al ribasso. Proviamo per una volta ad avere il coraggio della verità. Lo faremo perché non c’è altra via per uscire da una catastrofe annunciata e sicura. Se il CSCO era un organismo di diritto pubblico avrebbe dovuto essere soggetto alle regole dell’evidenza pubblica nell’attività contrattuale. Ma di queste, come altre vicende, non emerge nessuna documentazione pubblica e spero che almeno qualcuno le abbia visionate.

Inoltre se il  CSCO non era un organismo in house, e l’attuale statuto non lo prevedeva, vorremmo sapere se l’amministrazione comunale – nel corso della sua esistenza – 2000  ad oggi – ha affidato a tale ente dei servizi comunali. L’uscita dalla fondazione da parte di CRO non ne cambia in modo assoluto l’obbligo statutario né potrebbe farlo, e neppure avrebbe senso. Lapartecipazione di CRO, passata o futura, se chiarita aprirebbe un altrofronte su cui non mi avventurerei per il momento.

Non può essere addotta nessuna giustificazione al fatto che nonostante la Corte dei Conti si sia più volte espressa in modo contrario al funzionamento ambiguo di tali enti possa essere sorpassato, con chissà quale giurisprudenza, dal fatto che l’Italia è fatta così.

Dalla relazione dei saggi risulta evidente una fotografia ben nota:

a)  esaurimento del fondo di dotazione;

b) pignoramento del cc di tesoreria;

c) licenziamento del personale;

d) dimissioni del CdA.

Che non risulti dichiarata dall’ autorità di vigilanza l’estinzione del CSCO, né sia stato avviato il relativo procedimento, è un altro aspetto inquietante della mala gestione (questione morale) del paese Italia e non, come si vuol far credere, un’opportunità per farla di nuovo franca.

Vorrei far notare inoltre che un comune cittadino soggetto a procedura fallimentare, magari di una frutteria, che non abbia redatto o fornito documentazione necessaria al bilancio, non gode di tali benefici e grazie. Quindi non è assolutamente etico parlare di ripristinare il passato a fatti accertati. Essendo chiaro che il CSCO:

a) non ha redatto il Conto consuntivo dell’Esercizio 2012;

b) è soggetto a pignoramento da parte della  coop. Carli non dovrebbe trovare alcun senso non solo la riformulazione di quanto criminosamente (in via civile) accaduto, ma neanche le attività che competono ad un normale esercizio di un normale ente che non si trovi nelle condizioni sopra citate.

Le ambiguità si esplicitano nel voler far passare un disastro per un’opportunità. Ma questo territorio è abituato a tali nefandezze, come ha dimostrato la recente alluvione, al punto tale da ribaltarne il paradigma in modo veramente imbarazzante: Da problema a risorsa, da danni alla collettività a interesse privato. In finale vorrei sottolineare che se tutti avessero svolto il loro compito, non ci troveremmo ad intuire le perdite del CSCO al 30 Giugno 2013 in un forfait di €840.000 circa, ma avremmo avuto un dato reale. Inoltre se tale ente fosse stato gestito in forma privata senza benefit comunali e senza coperture e salvagenti politici, nessun imprenditore avrebbe mai immaginato di imbarcarsi in cotanta irrazionalità. Quindi non cerchiamo di far passare per un’opportunità un evidente disastro cittadino. Basterebbe inoltre leggere ad occhi aperti i pochi e mal formulati bilanci esistenti per comprendere che il comune dovrebbe tenersi alla larga dal farsi carico di costi, che continuando ad essere gestiti in tal modo, replicherebbero lo stesso disastro. Da dove si ricavi poi la redditività di tale carrozzone non si evince da nessuna parte, poiché le entrate sono possibili (avendo molta fantasia ottimistica) mentre le uscite sarebbero certe e, a quanto pare, anche certificate.

L’unica cosa saggia, che poteva fare la giunta ed il consiglio comunale, era quella di lasciar completare il programma 2013-2014 (per la parte programmata) all’Università americana e chiedere scusa per il disaggio provocato. Nella speranza che il mondo, ed Orvieto, si scordasse presto di questa ennesima figuraccia. D’altro canto già mi ero espresso mesi fa sulla questione:http://movimento5stelleorvieto.com/2013/07/10/il-centro-studi-di-orvieto-csco-e-i-facchini-di-santa-rosa/

 

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