di Mario Tiberi
Alcuni lettori e lettrici di buon senso, molto più sagaci di quanto possa apparire, hanno sollevato delle perplessità e delle questioni, tutte ancora meglio da sviluppare e approfondire, a proposito del distacco del grande pubblico dalla passione politica, dall’impegno civile e dalla partecipazione attiva e responsabile agli eventi delle civiltà e delle società contemporanee, almeno sul crinale di come ci è concesso di conoscerle.
Del resto, l’intento primario e più schietto che mi sono prefisso risiede, proprio, nella siffatta circostanza: indicare quesiti, proporre interrogativi, scuotere le superficialità al fine di destare interessi spirituali e attrazioni morali per un tentativo, estremo e rigoroso, di rimozione delle cause degli adagiamenti psicologici e degli appiattimenti massificatori.
Uno degli strumenti da utilizzare, mi sembra di poterlo indicare ed individuare nel meccanismo intellettuale del “Dubbio Cartesiano”, inteso quale metodo di ricerca filosofica delle realtà esistenziali.
Senza dilungarmi in disquisizioni dottrinali enfatiche e, per tali ragioni, non democraticamente comprensibili, intendo offrire un esempio “terra-terra” di ciò che è il meccanismo sopraccennato: il dubbio è insito e connota l’imperfezione umana e, quindi, è ad essa uguale; a sua volta l’imperfezione umana caratterizza l’esistenza, pur caduca, della vita umana stessa ed è ad essa assimilabile; il passaggio finale non può che essere che il dubbio è vita, come la vita trae vita dal dubbio.
Ma allora, la fondata dubbiosità sull’indifferenza e sulla disaffezione delle genti porta a domandarsi, su scala di pura logica, in cosa concretamente consista tale e tanto disincanto e disinteresse verso gli accadimenti morali contemporanei. Ad una mancanza di coinvolgimento delle coscienze da un punto di vista culturale corrisponde, incredibilmente e contraddittoriamente, un elevatissimo interesse di natura prettamente economico-materiale.
Si assiste, spesso impotenti, al rafforzarsi di un pensiero dominante molto furbesco, ma poco intelligente, che tende ad elogiare e favorire una tipologia di mentalità e di agire strumentale volti unicamente alla realizzazione di profitti materialistici.
L’oggetto inanimato diventa, così, più importante del soggetto pensante e il valore del primo viene calcolato in termini di sola efficienza, utilità contingente o di mero guadagno. Non interessa conoscere a fondo chi è una persona e di quale personalità sia ammantata, cosa pensi o cosa senta; importa, invece, sapere superficialmente quali atti di valenza monetaria compia e soprattutto quanto rende.
Le mie preoccupazioni e i miei dubbi sono principalmente rivolti alle giovani generazioni: sono costrette e indotte ad assorbire tutto e ad accettarlo passivamente?. Quali possibilità sono ad esse offerte per liberarsi dai catenacci che imprigionano la loro creatività e fantasia?.
I giovani d’oggi devono, innanzitutto, essere istruiti sul principio che il progresso della scienza e della tecnica può sì procurare nuovi beni materiali, ma anche e maggiormente deve procurare una più vasta predisposizione alla reciproca conoscenza. Per dirla una, lo sviluppo dell’informatica moltiplicherà, ad esempio, le capacità creatrici dell’essere umano e gli permetterà di accedere alle ricchezze intellettuali e culturali di popoli diversi dal suo di origine.
Le nuove tecniche di comunicazione favoriranno, se a ciò saggiamente indirizzate, una maggiore partecipazione agli avvenimenti e un crescente scambio di idee: vale, cioè, che le acquisizioni della scienza biologica, psicologica o sociale aiuteranno l’intera umanità a penetrare meglio nelle ricchezze del proprio essere. E se è vero, come è vero, che un tale progresso resta ancora, troppo spesso, privilegio di alcuni popoli a discapito di altri, pur tuttavia non si può negare che la prospettiva di farne beneficiare tutti non sarà più a lungo un’utopia, quando e finalmente si affermerà in misura permanente una reale volontà politica a questo fine.
Perché ciò accada, sarà necessario convincersi che il vero futuro e il vero progresso non potranno che puntare sulle immense risorse umane piuttosto che su quelle materiali, limitate e deperibili, avendo bene a mente l’enorme e differente diversità che intercorre da un lato tra la furbizia e la scaltrezza, che si basano sull’avere tutto e subito, e dall’altro l’intelligenza che, basandosi invece sull’essere, è sinonimo di lucidità di pensiero, di prudenza nei comportamenti e, non ultimo, di lungimiranza progettuale.
E’ ciò che ci manca; è ciò che vado ed andiamo cercando!.