di Massimo Gnagnarini Unire i Puntini – Orvieto
Due debolezze non fanno una forza, più spesso due debolezze producono una debolezza al quadrato. Si può riassumere così, senza timore di smentita, la storia politica di Orvieto nell’ultimo quinquennio.
A seguito della caporetto subita nel 2009 il PD orvietano ha intrapreso la lunga traversata del deserto per esser pronto a vincere le prossime elezioni comunali e a riprendersi l’amministrazione della città. Ma la realtà, a pochi mesi dall’appuntamento, è che questo partito non è riuscito ancora a stabilire i tre cardini fondamentali sui quali potrà poggiare la sua sfida: un candidato Sindaco, un Programma che entri nella carne viva della questione orvietana e, infine, le Alleanze.
Intendiamoci, ho molto rispetto e in qualche caso anche apprezzamento per molte donne e uomini che militano e rappresentano il PD orvietano, ma sono altrettanto convinto che è il sistema PD a Orvieto a non funzionare, almeno finora.
La domanda è la seguente e riguarda l’abc della politica . A che serve essere, oltre che partito nazionale, anche partito locale sapendo che :
- senza una leaderschip esterna agli organi di partito nessuna proposta ha valore e nessuna offerta politica può esser presa in seria considerazione dall’elettorato. Cosicché cincischiare sul candidato sindaco in funzione delle ambizioni o dei veti incrociati tra le correnti interne al partito equivale, sotto il profilo squisitamente elettorale, a infilarsi una lametta dentro gli slip che si indossano;
- annunciare un Programma con un respiro interregionale tra Umbria, Lazio e Toscana senza specificare le cose urgenti da fare e da cambiare a Orvieto (City) è come restare lì a sistemare il giardino quando la casa brucia;
- ripartire dal vecchio e trito concetto delle alleanze del centrosinistra, quando nemmeno le vecchie componenti sono più lì a darti retta, è come star lì a rispondere all’eco.
In altre parole il PD oggi sembra comportarsi come in una antica sceneggiatura orvietana dove la politica era blindata dall’egemonia elettorale e sociale del PCI. Siamo di fronte all’illusione ottica, quella capitata al PD orvietano oggi, di osservarsi ancora come forza egemone quando a malapena rappresenta meno di un terzo dell’elettorato.
Sfortunatamente questa errata visione del PD si ripercuote negativamente e più in generale sulle prospettive di cambiamento del quadro politico cittadino che è già minato, strapazzato e reso inconcludente dagli insuccessi collezionati dalla maggioranza che si è accolta intorno all’attuale Sindaco.
Se le cose restassero così, salvo clamorose e più robuste discese in campo di altri soggetti civici, non resterebbe che confidare in una qualche autoriforma del sistema Concina da rendere, magari, più inclusivo e privo di inutili zavorre.
A Toni, ricandidato sindaco a primavera prossima, converrebbe comunque farlo e io continuerò ad essergli fedele e leale oppositore di concetto senza alcun preconcetto.