Pubblichiamo l’intervento che Giorgio Santelli, consigliere provinciale del gruppo misto, effettuerà in occasione della discussione del Bilancio. “Sarà il mio ultimo intervento in Consiglio Provinciale”, afferma Santelli, ” e penso che sia giusto diffonderlo alla stampa affinché gli elettori abbiano modo di confrontarsi sulla mia scelta”.
Segue l’intervento.
Molti di voi si chiederanno il perché della mia presenza al Consiglio Provinciale di oggi. Certo, avete ricevuto un paio di mesi fa la mia lettera di dimissioni. O meglio, una mail che le segnalava. E quella lettera, per posta elettronica, è partita. Manca la mia firma. Mi era stato chiesto di attendere, almeno fino al voto sul bilancio. Non ho partecipato più ai lavori di Commissione e Consiglio e, in ogni caso, , questa sarà la mia ultima presenza in Consiglio. Ed ho voluto esserci per giustificare il mio voto. Un voto che al momento, è negativo.
Alla base non c’è un giudizio sul bilancio. Lo voglio dire. Ma alla base c’è un ragionamento complessivo che vorrebbe spingere questo consiglio a prendere una posizione politica da allegare al bilancio. Una posizione, io auspico, unitaria.
Non ci può essere, infatti, un voto negativo su un bilancio che non risponde alle domande principali che dovrebbero essere poste di fronte a questo strumento essenziale e principale di programmazione.
E le domande quali dovrebbero essere? Le riduco a due. Sono convincenti gli obiettivi di investimento che la legge di programmazione economica individua? L’ammontare degli interventi economici riesce a soddisfare, almeno in parte ed in modo equilibrato, le necessità del territorio che rappresentiamo?
Io chiedo a voi. E’ possibile rispondere a queste domande? No. Non penso che in coscienza ed oggettivamente sia possibile dare una risposta, positiva o negativa, a queste due semplici domande. Ed il perché è presto detto. Il quadro economico in cui operiamo non permette di dare alcun tipo di risposta perché privo di possibilità dignitosa di investimento.
Qual è, dunque, l’unica domanda a cui può rispondere questo bilancio? Semplice. Riusciamo a chiudere un bilancio? Sì. Formalmente lo abbiamo chiuso ma con un’operazione che sembra esclusivamente accanimento terapeutico per dimostrare la presenza in vita di un ente di area vasta che non ha alcuna possibilità di azione politico programmatica. Che non ha un euro per dare delle risposte visibili ai cittadini che rappresentiamo.
Ed allora io mi chiedo: perché ha senso approvare un bilancio? Solo per conservare la Giunta, il Consiglio? Per conservare un apparato istituzionale la cui importanza riconosco ma che non ha possibilità di agire e di dispiegare la propria linea di politica di programmazione.
Sono convinto, anche, che la non approvazione del bilancio porterà al commissariamento dell’Ente. Qualsiasi commissario che potrà arrivare (perché senza approvazione di bilancio arriverà un commissario che non potrà essere l’attuale presidente della Provincia), taglierà spese in modo indiscriminato, senza analizzare politicamente l’incidenza dei tagli dal punto di vista sociale, conservando fino in fondo i diritti dei dipendenti dell’ente, svuotando ulteriormente quelle poche deleghe che ancora riusciamo a gestire. Sono convinto che è cosa da evitare.
Ma esiste una possibilità diversa. Sono convinto che questo consiglio, per il bene dei territori che rappresenta, debba dare delle risposte eclatanti. Ed allora esiste una possibilità, che dipende essenzialmente da noi. Una sorta di auto commissariamento.
Conservare il consiglio e l’organo esecutivo, ma farlo con un criterio che possa spiegare ai cittadini e agli elettori che scegliamo di proseguire facendo a meno di tutto. Facendo a meno dei gettoni di presenza, facendo a meno delle indennità di giunta e di presidenza. Riducendo drasticamente ad un Consiglio al mese le nostre riunioni, tagliando ogni commissione consiliare lasciandone in piedi una sola, chiamata a prendere quelle poche decisioni che obbligatoriamente siamo costretti a prendere. Non si dica che non è possibile perché basta oggi votare all’unanimità una delibera di consiglio che stabilisca questo. Bisogna semplicemente avere coraggio. Ed è una delibera che, a conclusione del mio intervento, chiederò di porre in votazione. Una delibera che modifica il regolamento, lo Statuto. Che può essere presa solo se riteniamo che il coraggio superi per una volta le differenze di appartenenza politica.
Pensate se si uscisse con una risoluzione del genere. Pensate che cosa potrebbe significare in termini di riavvicinamento della politica ai nostri elettori. Difendere noi, direttamente, il ruolo di una assemblea elettiva e le linee di indirizzo politico. Difendere senza accuse di convenienza l’esistenza di un ente di area vasta. Ridurre al minimo indispensabile (i rimborsi spese) il costo della nostra azione politica di amministratori. E scegliere, contemporaneamente, di dedicare tutto il nostro risparmio ai capitoli forse più utili e necessari: il sociale e l’ambiente.
So che qualcuno penserà a questa come misura populista. Io la definisco, invece, una misura popolare e di realismo politico. Che cosa abbiamo da perdere? Io dico nulla. Se non forse qualche migliaia di euro di indennità. Che cosa avremmo da guadagnare? Tutto.
E, nel mio piccolo, vi spiego il perché.
Come è mio solito lo faccio con degli esempi specifici.
L’amministrazione è in affanno anche nella gestione dell’ordinario. Partiamo dalla vicenda del fiume Paglia. Per la messa in sicurezza del Paglia sono stati fatti dei lavori per importi consistenti appaltati, come previsto dalle leggi, dalla Provincia di Terni ad una ditta di Modena che se lo è aggiudicato a seguito di una gara alla quale aveva partecipato anche una ditta di Roma. Quest’ultima ha fatto ricorso per irregolarità procedurali nell’espletamento della gara di appalto e lo ha vinto ed ha subappaltato tutti i lavori ad una ditta di Terni che, a sua volta ha subappaltato i lavori ad altre 3 ditte diverse. Che tipo di controlli possiamo attuare se si ritiene corretto lo svolgimento di quell’appalto?
I lavori di mitigazione del rischio del fiume sono iniziati l’anno scorso a seguito dell’alluvione del 12 novembre, ma, ad un anno esatto dal drammatico evento la situazione è tutt’altro che migliorata o tanto peggio risolta! Ho fatto un viaggio lungo il fiume con la P.C.O. e l’Assessore alla Protezione Civile ed all’Ambiente del Comune di Orvieto, Claudio Margottini, durante il quale si è dimostrato che sia i lavori, proceduti a rilento (siamo praticamente alle soglie dell’inverno) che i punti critici del fiume e dei suoi affluenti, permangono tali nonostante le migliorie apportate per milioni di euro.
Margottini che, oltretutto, è un geologo esperto di grandi rischi dell’UNESCO, afferma che i lavori eseguiti non sono in grado di garantire la tenuta degli argini in caso di nuova consistente onda di piena, fatto questo che i Comuni che conoscono più di ogni altro le caratteristiche del proprio territorio hanno rappresentato più volte dallo stesso Comune di Orvieto alla Provincia ed alla Regione nel corso di questo anno. I soldi dei contribuenti, spesi per i lavori ancora in corso, sarebbero praticamente stati buttati al vento in caso di una nuova ondata di piena di pari proporzioni o di simile entità.
Il compito della Provincia dovrebbe essere quello di coordinare i lavori. Il direttore dei lavori, l’ingegnere Celin, che ha un compito essenziale come si può ben capire, ha un contratto a tempo parziale con la Provincia. Ed è l’unico tecnico che si occupa della vicenda. Non sarebbe opportuno riuscire a spendere risorse per consolidare questa posizione o nominare un aiuto esterno affinché si possa meglio seguire quei lavori?
E’ solo un esempio di come quelle poche risorse che risparmieremmo sarebbero però in grado di colmare una carenza rappresentata dal coordinamento di quei lavori.
Ma quanti altri piccoli grandi esempi ci sarebbero.
Qualcuno di voi, o meglio qualche partito politico potrebbe esprimere dissenso rispetto alla scelta che propongo. Questo perché significherebbe, di fatto, azzerare sostanzialmente la Giunta. Sapete che nella verifica di maggioranza – non è un problema dirlo in consiglio – le richieste avanzate da Sel tese a ridurre i membri di giunta, cancellare la figura del capo di gabinetto e togliere l’indennità di direttore generale al segretario, sono state accolte solo parzialmente.
Per quanto riguarda la giunta si è posto un problema di equilibri politici territoriali. In parole povere, se saltano gli assessori di Idv e Rifondazione comunista (che non hanno più rappresentanza consiliare) saltano gli equilibri territoriali e entra in crisi il Comune di Terni e magari anche gli equilibri regionali. E se salta qualche assessore del Pd si pone lo stesso problema in termini di equilibri interni al partito democratico che darebbero il via a incredibili fibrillazioni politiche. E stessa cosa, probabilmente, se si rinunciasse all’assessore socialista.
Posso anche dire che nel quadro del risiko politico tutto ciò, sebbene non condivisibile, potrebbe essere anche comprensibile. Ma voi pensate che se si arrivasse ad una scelta condivisa da parte di tutto il consiglio, ci sarebbe qualche forza politica del territorio che basandosi sui vecchi schemi della politica avrebbe il coraggio di aprire crisi amministrative perché “in Provincia hanno ridotto i componenti di giunta”. E se il problema è essenzialmente politico, allora, mettiamo i nomi degli assessori in un cilindro, chiamiamo un bambino bendato di tre anni e facciamo estrarre a lui tre nomi da quel cilindro. Gli assessori sorteggiati lasciano la giunta cosicché si evidenzi che non esiste un’azione di delegittimazione politica ma una operazione trasparente di riduzione dei costi.
Perché se invece vale la ragione “politica”, permettetemi, spiegatemi allora perché una forza come SEL che ha il secondo gruppo numerico della maggioranza non potrebbe rivendicare la propria presenza in giunta e la presidenza del consiglio provinciale come fece Rifondazione con gli stessi numeri in consiglio. Insomma: esistono pesi e misure diverse.
Certo. Tutto ciò accade se si dovesse arrivare a scelte unilaterali e non condivise da tutto il consiglio. Ma se è il consiglio a fare una scelta in trasparenza, di riduzione o quasi azzeramento dei costi istituzionali, io voglio proprio vedere qual è quella forza politica che si mette ad aprire crisi sul territorio che sarebbero incomprensibili per il proprio elettorato.
Quale forza politica sarebbe disponibile ad aprire una crisi politica a terni o a Perugia perché la Provincia sceglie di essere virtuosa. E, contemporaneamente, quelle stesse forze politiche che a gran voce hanno chiesto e votato leggi per lo scioglimento e la cancellazione delle province, mi chiedo a che titolo e con quale coraggio si potrebbero incazzare se noi, consiglio Provinciale, cominciamo a fare scelte che vanno proprio in quella direzione.
Capite perché, di fronte a questi ragionamenti, io non me la sento di votare un bilancio che è, come detto all’inizio, un’operazione di accanimento terapeutico nei confronti di un Ente che non ha possibilità di incidere sul territorio e anche accanimento terapeutico per mantenere in vita un modo di fare politica che è destinato a chiudersi definitivamente,
Ed invece, se dovesse accettare questa mia coraggiosa proposta, ci troveremo ad essere nuovamente protagonisti di una politica che ritroverebbe un meccanismo di solidarietà e condivisione con i territori e l’elettorato. E che può scegliere di alzare la voce contro quegli sprechi di enti superiori o di aziende miste e speciali regionali che rappresentano il vero spreco di denaro pubblico. E’ in quelle sacche che si nascondono i veri risparmi a quegli 800 miliardi di spesa pubblica che il governo è riuscito a ridurre solo per 3,5 miliardi nella bozza di finanziaria. E noi, che possiamo alzare la voce perché agiremmo da politici quasi volontari, possiamo dar vita a quel movimento di amministratori inattaccabili che a gran voce possono proporre un effetto domino nelle amministrazioni regionali. Potremmo dire, senza alcuna remora, che alcune società e aziende pubbliche vanno chiuse; che di fronte ad una crisi economica come quella che viviamo i consiglieri regionali devono ridursi in modo pesante le indennità.
Per un attimo vi chiedo di riflettere su questa mia proposta che, ripeto, è popolare e non populista. Per un attimo vi chiedo di riflettere a come vi potreste sentire dopodomani quando la stampa avrà parlato di questa nostra scelta tornando ad incontrare i vostri elettori. Vi chiedo di riflettere sulla forza che avranno le nostre richieste alla Regione nel momento in cui a farle saranno amministratori eletti dal nostro territorio ma che portano avanti il loro ruolo in modo quasi esclusivamente volontario.
Sia chiaro. Non penso che questa dovrà essere una scelta definitiva ma è una scelta di emergenza e temporanea che purtroppo ricade sulla nostra consiliatura.
Ma in ogni epoca di svolta e di difficoltà la politica ha saputo recuperare la propria forza attraverso un bagno di umiltà e nella consapevolezza di fare scelte d’emergenza in momenti di emergenza.
Nel 1974, da Presidente della Camera e in piena crisi economica, Sandro Pertini si rifiutò di firmare il documento per l’aumento dell’indennità dei membri di Montecitorio. Le sue parole: “in un momento grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall’inflazione… voi date quest’esempio d’insensibilità? Io deploro l’iniziativa e aggiunse che, entro un’ora, potevano eleggere un altro presidente della Camera. “Siete seicentoquaranta. – disse -Ne trovate subito seicentocinquanta che accettano di venire al mio posto. Ma io, con queste mani, non firmo”.
Pensate, nel nostro piccolo la nostra situazione è addirittura peggiore. La crisi che vive il nostro territorio è peggiore di quella degli anni ’70. Perché all’epoca si scelse di crescere sulla base di scelte economiche keinesyane che portarono a nuovi investimenti ma ad una crescita abnorme del debito pubblico. Oggi a noi, come Paese nel contesto Europeo, nemmeno questo è concesso. Ci sono ragionevoli dubbi che una politica di investimento pubblico pesante e incontrollata possa aumentare ulteriormente un debito pubblico che è sopra i 2000 miliardi di euro e che è già al limite del punto di non ritorno. Dovremo avanzare, se riusciremo, con drastici tagli della spesa pubblica improduttiva e con piccoli sforamenti del patto di stabilità.
In più oggi, rispetto ad allora, la disaffezione alla politica e l’allontanamento dei cittadini dalle istituzioni è ancora maggiore. La nostra è un’epoca di emergenza e tutto è necessario.
Io ho voglia di tornare a vivere la politica in modo sereno. Non voglio sentirmi in colpa quando parlo con un precario più precario di me, non voglio scegliere di non andare a manifestare con i cittadini di Orvieto colpiti dall’alluvione perché non posso dare loro alcuna risposta effettiva e perché qualcuno, giustamente, pensa che comunque vengo pagato dai cittadini anche se non posso fare nulla; non voglio sentirmi in colpa con chi prende uno stipendio minore del mio, con chi è disoccupato, cassintegrato e in mobilità sapendo di percepire gettoni di presenza o indennità per un ruolo istituzionale che non ha possibilità di realizzare nulla per migliorare la loro situazione.
Dobbiamo metterci, tutti, di fronte ad uno specchio e rispondere ad una domanda. E’ giustificato quello che percepiamo per i risultati che possiamo effettivamente produrre? E’ giustificato pesare, consiglio e giunta, per circa 40mila euro al mese, per quasi mezzo milione di euro all’anno. E parlo di cifre al ribasso.
Io penso di no.
Personalmente, per me, c’è una questione morale a cui voglio rispondere. Lo posso fare individualmente. Con un’azione che è quella delle dimissioni da consigliere. Oppure con la partecipazione a questo ultimo Consiglio e con la decisione formale di non partecipare più a nessuna riunione di commissione e di consiglio scegliendo che questo consiglio stesso sarà composto da 23 consiglieri presenti e da un consigliere assente che si limiterà ad inviare interrogazioni a risposta scritta per evitare di pesare sul bilancio dell’Ente. Fino a quando il Consiglio stesso, per le mie assenze, non sceglierà di sostituirmi.
Ma possiamo rispondere insieme, con una scelta politica, eclatante, dirompente e coraggiosa.