di Massimo Gnagnarini – Unire i puntini Orvieto.
Gli amministratori cambiano, i lavoratori restano. Sono loro che custodiscono la conoscenza e l’esperienza di ogni singolo aspetto e articolazione di quell’insieme di servizi, uffici e controllo del territorio che chiamiamo Comune di Orvieto.
Spesso sentiamo parlare di indici che misurano il grado di soddisfazione dei cittadini verso l’amministrazione, ma sarebbe utile misurare anche l’indice di soddisfazione dei dipendenti verso l’amministrazione. Nelle aziende private avviene normalmente e serve a comunicare la “mission”, ovvero chi siamo e dove andiamo, presupposto essenziale di ogni obbiettivo e spartiacque tra il mero concetto di efficienza e quello più produttivo di efficacia. Centosettanta dipendenti e relativi cervelli di cui è composto l’organico del Comune sono la prima risorsa strategica per il bene comune, che non può essere relegata all’ordinario per distribuire la poca ricchezza trasferita dallo Stato, ma deve essere schierata per creare nuova ricchezza attraverso politiche capaci di mettere a reddito la città.
Sfortunatamente le politiche di esternalizzazione dei servizi e il ricorso alle consulenze esterne praticate finora hanno ridotto e talvolta mortificato questo patrimonio di professionalità e di conoscenze generando in molti casi apatia e demotivazione. Si può e si deve rimediare, per esempio ridestinando le risorse economiche impegnate in convenzioni e consulenze esterne in fondi per l’aggiornamento e la riqualificazione dei dipendenti comunali, oltre che all’introduzione di nuovi e specifici incentivi salariali.
Capita, invece, che amministratori poco lungimiranti considerino i propri dipendenti come una sorta di zavorra da sfoltire oppure come un costo da alleggerire. Capita anche a Orvieto dove, sembra, che la Giunta comunale desideri tagliare i costi degli straordinari effettuati dai dipendenti impegnati in servizi che si svolgono in giornate festive e a orari prolungati, e che nel contempo, però, continui anche ad esternalizzare molti servizi a beneficio di privati, come nel caso della biglietteria del Pozzo di San Patrizio. E’ quantomeno contradditorio tentare di giustificare un taglio delle buste paga adducendo la grave situazione finanziaria in cui versa l’Ente e, nel contempo, ripetere come un mantra ai cittadini che tutto va bene e che il bilancio è stato risanato.
In realtà questa amministrazione ha già applicato nei fatti quasi tutte le misure restrittive previste in caso di cosiddetto stato di pre-dissesto finanziario : aliquote dei tributi ai massimi consentiti dalla legge, blocco del turnover, ecc. L’unica cosa che si ostinano a non fare, per calcolo politico temendo che ciò venga percepito come il loro fallimento, è proprio la dichiarazione formale dello stato di pre-dissesto. Anzi, a stare a quanto dichiarato dall’assessore al ramo nella scorsa seduta consigliare, la dichiarazione dello statodi pre-dissesto del Comune di Orvieto aggiungerebbe altri sfraceli e gravi purghe occupazionali persino nei confronti del personale in servizio con contratto a tempo indeterminato.
Non è vero! L’assessore non si è accorto che a seguito del collocamento in pensione di un cospicuo numero di persone, oggi, nel Comune di Orvieto, il rapporto tra numero dei dipendenti e numero di abitanti rientra nello standard nazionale fissato dalla normativa e pertanto non vi sarebbe nessun obbligo a sfoltire. L’unico riflesso che lo stato di pre-dissesto potrebbe ingenerare sarebbe la temporanea sospensione dei fondi per il salario accessorio. Pochi euro all’anno per tutti e qualcosina di più per i Dirigenti apicali che però, come è noto, hanno spalle stipendiali ben larghe da poter sopportare l’obolo.