Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni esordirono coi 100 numeri di “A destra e a manca”, continuarono coi 50 numeri di “Ping pong”, hanno insistito coi 50 numeri di “Diciamocelo”. Dopo quasi quattro anni provano con “Tu che ne dici?”. Un modo analogo e diverso di coltivare la loro amicizia e di cercare l’amicizia dei Lettori.
Tu che ne dici? 2 settembre 2013 n. 3
Dal globale ….
La rabbia degli anziani
Caro Franco,
ti propongo un brano di Giampaolo Pansa, pubblicato su “Libero” del 25 agosto. Mi colpisce il fatto che colga la delusione e la rabbia degli anziani. Anch’io sono un po’ deluso e un po’ arrabbiato. Mi posso consolare con la teoria dei corsi e ricorsi storici? Tu che ne dici?
Pier “Dà il voltastomaco leggere le cronache dei giornali dedicate alla politica italiana. Il voltastomaco nasce dal comportamento dei partiti in questa stagione di drammatiche incertezze. A cominciare dalle due parrocchie maggiori, il Pdl e il Pd, siamo di fronte a un caso di quasi criminale miopia politica e civile. Il centrodestra e il centrosinistra continuano a pestarsi sulla sorte di Silvio Berlusconi. Bisogna salvarlo o no? Occorre ridargli l’agibilità politica oppure è meglio abbandonarlo al suo destino, che vada pure in carcere o all’inferno? In realtà da salvare c’è un bene assai più grande. È l’Italia, il nostro paese, in altri tempi avremmo detto la nostra patria. Con tutto quello che ne consegue: l’esistenza di milioni di persone, la sicurezza del domani, il futuro dei giovani e, se permettete, anche quello degli anziani. Sì, proprio degli anziani che hanno costruito il benessere italiano, hanno lavorato per tutta la vita, hanno risparmiato quel poco che potevano, come formiche giudiziose. E adesso si trovano davanti al rischio di veder andare tutto a ramengo. Per colpa di due bande di pazzi che scavano la fossa non soltanto per se stessi, ma per tutti noi”.
Commento di F.R. Barbabella
Leggo sempre volentieri Giampaolo Pansa, che ha il merito di dire quello che pensa, peraltro in bello stile. E condivido spesso le sue analisi e i suoi giudizi, come anche in questo caso. Delusione e rabbia? Sì, delusione e rabbia. Perché è vero, abbiamo passato una vita a costruire qualcosa, sacrificando anche la nostra vita personale per senso del dovere. Abbiamo voluto dimostrare che ciò che è pubblico può funzionare. Ci siamo impegnati in generale perché la società diventasse migliore. E ora dovremmo accettare che tutto questo rischi, come dice Pansa, di essere distrutto da gente che non sa guardare al di là del proprio orticello, appunto “due bande di pazzi”?
In un mondo che si trasforma ad una velocità travolgente, abbiamo tutti, giovani e anziani, un disperato bisogno di qualche punto fermo, di una speranza, di riconoscerci in una visione che dia senso alle cose che facciamo. Abbiamo bisogno che ci si occupi dei nostri problemi di normali cittadini che vedono crescere giorno dopo giorno le difficoltà di andare avanti con dignità. Abbiamo tutti bisogno di futuro, anche chi sa di averne poco. E se è vero che ognuno si deve costruire il suo senza la perenne attesa di una mamma, è anche vero che la società non è una semplice sommatoria di individui, non è un uno più uno più uno. Il collante è la politica, quella alta, quella vera. Ecco allora che, a fronte dello spettacolo indecoroso cui siamo costretti ad assistere e di fronte alla discussione giornaliera sul niente, non può che venire il voltastomaco. E poi? E poi bisogna dire basta con questa politica ridotta a una guerra per bande. Reagire. Costruire. Puntare sulle opzioni possibili. Unire le diversità. Guardare avanti. Dove? In ogni luogo.
… al locale
“Tribunale di Orvieto verso la chiusura. Strenua battaglia per un rinvio o per limitare i danni”. Ma è proprio così?
Caro Pier,
ti propongo di tornare ancora una volta sull’argomento Tribunale segnalandoti questo articolo pubblicato su OrvietoSi lo scorso 30 agosto perché mi ha colpito l’iniziativa di un Consiglio provinciale straordinario ad Orvieto a vicenda ormai di fatto conclusa. Mi chiedo: ma questa si può ancora chiamare politica? Io, come sai, sostengo da tempo che problemi come quello dei servizi territoriali si possono affrontare sensatamente non in difesa ma all’attacco, cioè solo con una iniziativa progettuale di vasto respiro. Che appunto manca da tempo, con i risultati che si vedono. Tu che ne dici?
Franco
“La chiusura del Tribunale di Orvieto non costituisce un risparmio vero per lo stato ed è invece un duro colpo alla città, al suo territorio e all’intera provincia di Terni. È quanto emerso dal Consiglio provinciale straordinario svoltosi ieri a Orvieto ed incentrato sul decreto di riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie italiane che prevede la soppressione di 30 tribunali in Italia, tra cui quello di Orvieto. … Alla seduta hanno partecipato i parlamentari umbri, i rappresentanti della giunta regionale, il sindaco di Orvieto e i sindaci del territorio orientano, i vertici dell’Ordine degli avvocati. Al di là delle invettive e delle difese legittime, dai parlamentari presenti sono arrivate parole di grande pragmatismo. Da un lato l’onorevole Pietro Laffranco (Pdl) che ha richiamato “la difesa tenace e determinata della riforma” che è in atto e dall’altro l’onorevole Walter Verini (Pd) che ha fatto notare come tutto ormai vada nella direzione dell’applicazione della riforma. Resta solo da impegnarsi sulla proposta già avanzata per “ridurre il danno” – ha detto – ovvero la permanenza sulla Rupe di un “presidio con le stesse funzioni delle sezioni distaccate”. Insomma, l’eterno rischio soppressione per il Tribunale di Orvieto sembra arrivato ormai all’epilogo finale. Il sindaco che ha richiamato i tanti colloqui intercorsi negli anni con quattro diversi ministri e una lunga serie di dirigenti l’ha definita “una brutta storia di superficialità e di testardaggine”. Ma durissimo è stato il presidente dell’Ordine degli avvocati, Sergio Finetti soprattutto nei confronti della politica. Finetti ha salvato solo Verini (Pd) e Barani (Pdl) come gli unici ad averci messo la faccia e ha attaccato invece la presidente regionale Catiuscia Marini accusata di essere stata del tutto assente nella vicenda. Quella del Tribunale di Orvieto, per il presidente dell’Ordine, è una “sorte decisa dalla più becera burocrazia statale che ignora le esigenze delle realtà locali, sorda ad ogni contributo da parte di chi invece sa di cosa si parla”. “Efficienza, specializzazione” per Finetti sono solo “escamotage demagogici” per nascondere uno “scempio amministrativo che se la politica fosse stata capace di avere un proprio ruolo non si sarebbe mai perpetrato”.
Commento di P.L. Leoni
La soppressione del Tribunale di Orvieto rappresenta un danno per la popolazione del territorio, per gli avvocati del foro locale e per gli addetti? Questo è certo. La soppressione del Tribunale rappresenta un vantaggio per l’efficienza del sistema giudiziario? Questo non lo so; e ho il sospetto, conoscendo un po’ la burocrazia ministeriale e la politica, che non lo sappia bene nessuno. Sarebbe stata più razionale e convincente una riforma che avesse ridisegnato i distretti delle Corti d’Appello e conseguentemente i circondari dei Tribunali. Ma ciò che sembra astrattamente più razionale si scontra coi condizionamenti di una realtà molto complessa: l’esistenza di un assetto regionale barocco che condiziona, coi suoi confini a volte angusti, come quello dell’Umbria, le sedi delle Corti d’Appello; gli indici di incidenza della delinquenza e della litigiosità che non seguono la demografia e le ripartizioni amministrative; l’ubicazione e il valore delle sedi giudiziarie e la distribuzione degli stabilimenti di pena; gli interessi e l’effettivo potere di alti magistrati, alti burocrati e politici influenti. Sarebbe allora possibile una riforma meno brutale di quella che si sta attuando? Non sarebbe forse meno costosa una non riforma? Sono interrogativi ai quali non trovo chiara risposta nell’agitarsi dei politici e degli avvocati. Ho assistito alla seduta orvietana del consiglio provinciale: tanta brava gente che celebrava un rito per alleviare lo sconforto e limitare il danno inferto alla propria immagine da una evidente impotenza .