di Mario Tiberi
Forse rammenterete un editoriale a mia firma, scritto nel mese di Ottobre 2011 e titolato “Un uomo alla finestra”, all’interno del quale mi ponevo simbolicamente su un immaginario davanzale da cui osservare lo scorrere stanco e disincantato delle civiche vicende, sociali e politiche.
Nulla, o quasi nulla se non in peggio, è cambiato da allora e gli enormi bracci delle ore e dei minuti della “Torre del Moro”, pur girando, offrono la sensazione, amara e avvilente, di permanere come fermi su se stessi.
Non potrebbe essere altrimenti poiché quel mastodontico orologio è il segno di una soffocante cappa, altrettanto mastodontica, che attanaglia e comprime l’intera città in una morsa tetanica e paralizzante: cappa che va individuata nel potere pluto-clerico-elitario esercitato da consorterie trasversali che puntano, dapprima ad autoconservarsi, e successivamente ad autoriprodursi per quanto possibile all’infinito. O, con uno scossone deflagrante, ce ne liberiamo immantinente o, già così, viene decretata la fine della nostra fine.
E la politica, quale disciplina che in un sistema realmente democratico dovrebbe avere nei partiti e/o nei movimenti di popolo una delle sue massime espressioni di elevata voce istituzionale, in tale cornice oligarchica dove e come pensa di collocarsi, qualora esista ancora?.
Onde alleviare il tono cupo e fornire immagini allegoriche di immediata e popolare comprensione, mi vengono da paragonare le forze politiche cittadine a tre figure emblematiche della mitologia classica: il Partito Democratico a Narciso; il Popolo delle Libertà-Forza Italia a Fetonte; una da alcuni auspicata terza formazione, ancora però confusa ed eterogenea, a Sisifo.
Perché il PD a Narciso? Ma perché il PD, arroccato nel suo incolore e insipido isolamento dovuto al terrore di doversi confrontare con una realtà che gli sta sfuggendo di mano, si consola e si illude di poter essere tuttora attraente rifrangendo le proprie sembianze in un aleatorio specchio d’acqua prosciugato, però, dalla siccità delle sue vaghe idee e delle sue evanescenti proposte.
Perché il PDL-FI a Fetonte? Ma perché il PDL-FI, asse portante della attuale maggioranza che si prova a governare il Comune di Orvieto, dovrebbe tenere ben salde le redini del carro di guida e di comando ed invece, alla stregua dell’inesperto auriga figlio di Elio (il Sole), ha prima determinato l’imbizzarrimento dei cavalli del tiro e poi, dopo averli sfiancati uno dietro l’altro, è ora in procinto di precipitare fracassandosi.
Perché un ipotetico Terzo Polo a Sisifo? Ma perché nel pullulare di movimenti che si compongono e scompongono, di alleanze che si formano con beneficio di inventario, di intese di salute civica adombrate e mai realizzate, si corre l’incombente pericolo che, alle spalle di cotanto frenetico dinamismo, non vi sia altro che una inutile fatica.
Ordunque, allora, tutto è davvero perduto? Tutto è in bilico tra il buio pesto di una notte fonda e il chiarore tenue di un’alba incipiente?.
Suor Lucia De Gasperi, figlia prediletta di Alcide, in una delle sue più appassionate corrispondenze, tratte dall’epistolario edito postumo, così rispose al padre che le chiedeva conforto e preghiera poiché schiacciato dalle soverchianti responsabilità derivantigli dal suo essere Capo del Governo della ricostruenda Italia: “Quando tutto si oscura, rimane solo una luce a risplendere ma, per vederla, bisogna essere stati educati a cercarla. E’ la Fede, amatissimo Padre, che insieme alla Speranza ci darà il coraggio, la coerenza e l’onestà per restare uniti e forti di fronte a un mondo che sembra crollarci addosso”.
Furono le parole che ispirarono lo Statista Italiano nella stesura di uno dei suoi più celebrati insegnamenti: “Se saremo uniti, saremo forti e, se saremo forti, saremo liberi”.
Non reputo che vi sia necessità di aggiungere qualcos’altro; giungano, però, tali concetti a tutti coloro che, impastati della propria altezzosa presunzione, non sanno più distinguere il bene dal male, il giusto dall’iniquo, la bellezza dell’onestà dalla chimera del tornaconto utilitaristico.
La Fede sopra richiamata contiene in sé anche la dimensione della confidenza e, a tal proposito, mi sia concesso di confidare che, frequentando i cittadini elettori del Movimento5Stelle, vi ho trovato e conosciuto donne e uomini degnissimi, onesti, leali e soprattutto inclini a privilegiare l’interesse generale a quello dei singoli. Che in loro è forse riposta la speranza di una veritiera e radicale svolta nella politica orvietana, l’ultima speranza?.
“Non so quando e perché, ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze, porre i semi della nuova cultura che fiorirà, inattesa e improvvisa, proprio quando il potere si illuderà di avere vinto”. (Giordano Bruno).