di Mario Tiberi
Che i costituiti pubblici poteri, se mal esercitati per ragioni compromissorie, determinino conservatorismo immobilista e paralisi amministrativa è noto e arcinoto alla generalità dell’opinione pubblica, quantomeno a quella più attenta e partecipe alle vicende politiche e sociali. E così, riforme necessarie e urgenti, sia istituzionali che economiche, languono e si divorano da se stesse. Soffermiamoci, ad esempio, sull’annosa ed ancora irrisolta questione inerente la riforma della “Legge Elettorale” e mi si conceda, tanto per principiare, l’immaginaria metafora a seguire.
Risalendo per via mare le coste del Tirreno, una trentina di trapassati secoli orsono, mi sarei imbattuto in un’isoletta posta di fronte ad un promontorio, oggi denominato Circeo, e che non esiste più se mai sia realmente esistita. Nella mitologia si chiamava Eea, amena e rigogliosa di fitta lussureggiante vegetazione, ma altrettanto insidiosa e strabocchevole di trabocchetti.
L’uomo più astuto di sempre non vi cadde e così nemmeno il suo nocchiero, ma la ciurma disattenta e cedevole alle lusinghe, sì. E furono porci, felini e cani.
Scendo a terra, tremila anni dopo, e mi sembra che poco o nulla sia mutato.
Felini voraci con il sangue di già dissanguati tra le fauci, li puoi trovare ad ogni angolo di via; di cani, non più fedeli amici del primate superiore, se ne contano a iosa; di porci che grugniscono famelici per un trancio di lardo sottratto alle dispense dei bisognosi, se ne potrebbe stilare una lista con il doppio otto orizzontale. Ma ve ne è uno che, più degli altri, grida vendetta per l’ingiustizia in sé insita: il “Porcellum” del vigente sistema elettorale.
Così, a ragione, definito poiché una vera e sostanziale democrazia viene colpita nella sua essenza più intima quando alle libertà del cittadino è negata l’espressione più naturale della libertà per eccellenza e, cioè, quella di liberamente scegliere chi lo dovrà rappresentare nell’empireo democratico per antonomasia: il Parlamento Repubblicano.
Gli eletti, etimologicamente gli scelti, perdono in tal modo e inevitabilmente la loro caratteristica di eletti, sinonimo traslato di presunti migliori, nel momento in cui non vengono più scelti dalla sovranità popolare, bensì imposti dalla “nominazione” di oligarchie autocratiche. Ne discende la nefasta conseguenza che un consesso di nominati, accuratamente selezionati per essere schiera di servizievoli cortigiani agli ordini del sovrano di turno, non può che tradursi in un consesso di mediocri gregari lungi, mille miglia, da quei migliori di cui si avverte terribilmente la mancanza.
Il nominato, in quanto debitore del suo “status” di privilegiato, è costretto a dover rinunciare alla sua autonomia di giudizio e all’esercizio delle funzioni costituzionali in maniera non disancorata rispetto all’esonero dal vincolo di mandato elettivo. Non è più un libero rappresentante del popolo e raramente risponde alla sua libertà di coscienza mentre, in modo diffuso e spregiudicato, si piega a coltivare unicamente i soli interessi di se stesso o della casta di cui è parte integrante. Il bene comune e/o i beni comuni divengono così un “optional” e possono, senza scomporsi rispetto a tale perversa impostazione, essere posti in secondo o terzo piano se non disattesi completamente.
Gaio Sallustio Crispo, nel “De Catilinae coniuratione”, così scriveva nel 63 A.C. : “Anch’io nella mia prima gioventù, come tanti altri, fui portato da naturale inclinazione a praticare la vita pubblica, ma vi trovai innumerevoli ostacoli. Invece della riservatezza, del disinteresse e del merito, trionfavano la spregiudicatezza, la corruzione e la cupidigia”.
Spregiudicatezza, cupidigia e corruzione: i mali endemici che corrodono dal loro interno anche le società civili contemporanee e che, spudoratamente, generano tangenti, mazzette, faccendieri senza scrupoli vivacchianti all’ombra della politica la quale, accettandoli e non perseguendoli, ne rimane contaminata tanto da divenire essa stessa una tassa immorale ed ingiusta caricata sulle spalle dei cittadini onesti. Tra i costi della politica, molti dei quali non più sostenibili, quest’ultima è quella più odiosa e vile perché avvertita come tirannica gabella.
Ci si deve ribellare a tutto ciò; ci si deve altamente indignare gridando a pieni polmoni la rabbia individuale e il risentimento popolare, dopo aver provato sentimenti di vergogna, umiliazione e ribrezzo.
Non è, però, affatto bastevole invocare un ordinario cambio della guardia; necessita, invece, il rivoluzionario sbarazzarsi di una nociva mentalità che è purtroppo comune a tutto il ceto politico oggi dominante e, sommando il danno alla beffa, nulla cambierà se al posto del “Cavaliere”, di Monti o di Letta dovessero subentrare i sempiterni burattinai di lungo corso poiché, anch’essi, impastati di acqua torbida e di farina vecchia e scaduta.
Un primo passo movimentista e dirompente sarebbe, senza ombra di dubbio, rappresentato dall’immediata soppressione dello scandaloso “Porcellum” attraverso l’adozione di una legge elettorale realmente rappresentativa delle istanze popolari e, ciò che vale per Roma, deve valere anche per Perugia con l’abolizione subitanea del “Listino Regionale”, antidemocratico e nepotistico,e in più l’adozione di severi ed esemplari provvedimenti che impediscano l’esercizio delle funzioni pubbliche ai contravventori delle leggi.
I mestieranti della politica ne rideranno ma noi, anche a costo di apparir noiosi e petulanti, continueremo indefessi la nostra contesa di civiltà.