di Giovanni Feo
Per approfondire la questione dell’ubicazione dell’antica Velzna/Volsinii e del Fanum Voltumnae può essere utile tenere conto dei seguenti punti:
1 – Toponomastica
Il Fanum Voltumnae, l’”Ombelico” geografico e religioso dell’Etruria fu ubicato a Volsinii, nome che indicava sia una città, sia la sua regione di appartenenza (lucumonia). La regione indicata dalla tradizione è quella del lago di Bolsena, l’antico Lacus Vulsinienses. Ancora oggi, i monti che circondano la cresta del cratere vulcanico del lago, sono chiamati Monti Volsini. Il cratere stesso è denominato Vulcano Volsinio. E’ certo che il nome dell’attuale città di Bolsena derivi dall’etrusca Volsinii. Infatti, l’esistena di due città: Volsinii Veteres e Volsinii Novi non è attestata da alcun dato storico, epigrafico o archeologico; si tratta di una semplice ipotesi del Müller, ripresa da archeologi italiani che, grazie alla cronica stagnazione culturale, stanno tentando ostinatamente di tramutare una mera ipotesi in certezza storica, senza il sostegno di alcuna prova concreta. Il nome Volsinii è comunque attestato nell’epigrafia etrusca soltanto nell’area del lago di Bolsena e non ad Orvieto.
2 – Fanum
Il nome latino deriva dall’etrusco “Fanu”. Nel dizionario latino-italiano (F. Calonghi), alla voce “fanum” troviamo: “il luogo consacrato, dedicato alla divinità”.
Il concetto di “fanum”, connesso alla tradizione del genius locii, interessa la presenza del divino in certi particolari luoghi, resi sacri dalla presenza di speciali qualità ambientali e naturalistiche di per se stesse in grado di esprimere il numinoso. Tra i più noti siti dove si è conservato tale nome vi sono: Fanum Fortunae (Fano, nelle Marche), Fanum o Lucus Feroniae (Fiano Romano), Fanum o Lucus Dianae (Nemi), Fanum Voltumnae (Volsinii).
I luoghi citati corrispondono tutti a nomi di divinità femminili, associate a importanti siti naturali, con caratteristiche comuni: il monte Giove (Fano), il monte Soratte e il bosco alle sue pendici (Fiano Romano), il lago di Nemi e il bosco che lo circonda, il lago di Bolsena con i monti Volsinii, ricoperti da una folta foresta.
La qualità numinosa del luogo scelto come sacro comprende spesso una montagna, un bosco, la presenza di acque in forma di sorgenti o laghi. A questo proposito, è significativo ricordare che il lago di Bolsena è uno specchio di particolare rilievo naturalistico, essendo il lago vulcanico più grande d’Europa e il secondo lago vulcanico più grande del mondo, dopo il Titicaca.
3 – Voltumna
Nel dizionario latino-italiano (F. Calonghi), alla voce Voltumna troviamo: “Voltumna-ae, f., dea protettrice della confederazione dei 12 stati etruschi, presso il cui tempio si tenevano le assemblee generali (Livio, 4,23,5 e altri)”.
In tutte le grandi religioni politeistiche pre-cristiane, il pantheon era guidato da una diade, o coppia divina: Zeus ed Hera, Giove e Giunone, Iside e Osiride. Nello stesso modo gli Etruschi adoravano la coppia formata dal dio Veltha, Veltune (lat. Vertumnus) e dalla dea Voltumna, omologa alla dea Fortuna, nel cui tempio si batteva il chiodo “fatale”, per misurare liturgicamente lo scorrere del tempo.
Voltumna non è mai stato un dio (maschile), né una divinità “androgina” (M. Pallottino), ma una dea del Fato e delle acque sacre, i cui simboli sono: la ruota, la sirena, la cornucopia. Un suo importane santuario fu il Tempio della Fortuna Primigenia a Palestrina (Preneste), una enorme struttura architettonica che, ancora oggi, ricopre l’intero versante del monte Ginestro. Anche a Bolsena la dea Fortuna aveva il suo santuario (Nortia è uno dei suoi appellativi).
4 – Segni della sacralità pre-cristina del lago
I primi segni di una fondazione rituale nell’area lacustre sono di età preistorica o protostorica: si tratta delle quattro “aiole”, i giganteschi tumuli eretti sulle antiche sponde del lago, in corrispondenza dei punti solstiziali, sopra sorgenti calde di acque termali e oggi sommerse (vedi A. Fioravanti).
In età storica la tradizione del lago sacro si perpetuò nel culto di Voltumna, grande dea etrusca, per poi proseguire in età cristiana con il culto di S. Cristina. Bolsena divenne allora noto come lago di S. Cristina.
5 – S. Cristina
Nell’agiografia cristiana è la santa patrona di antichi luoghi d’acque (Bolsena, Trasimeno, Orta, Po, pozzo nuragico di S. Cristina….), ovvero di siti in cui il culto delle acque si è tramandato fin da età remote. Il culto di S. Cristina si è sovrapposto a quello di Voltumna, assieme a quello di altre importanti figure femminili: Amalasunta, S. Maria Maddalena, S. Marta, S. Margherita.
Un racconto tradizionale raccolto da Quirino Galli a Bolsena, recita così: “Il vero nome di S. Cristina fu Volsinia” nome che è l’ennesima latinizzazione dell’etrusca Voltumna. Nell’agiografia di S. Cristina è condensata la lunga e cruenta “guerra di religione” tra culti etruschi e cristiani che, non casualmente, si svolge e lascia un tragico ricordo proprio a Bolsena, là dove sembra probabile che la religione etrusca avesse il suo maggior sacrario.
6 – La Via Francigena
Il percorso della Via Francigena fornisce una prova molto concreta ed evidente a favore della tesi che Bolsena fu l’antica Volsinii. Scendendo da nord, la via di pellegrinaggio evita Orvieto e la valle del Paglia, facendo una digressione per inerpicarsi verso San Lorenzo e da lì riscendere nel cratere, verso il lago, attraversare la città di Bolsena, per poi risalire a Montefiascone, uscendo finalmente dal cratere. Sarebbe stato più logico scegliere il percorso dell’attuale autostrada del sole, che corre in piano, passando sotto la rupe di Orvieto, per raggiungere Roma in modo molto più facile, comodo e diretto. Perché deviare affrontando due salite notevoli, se non per arrivare in un luogo scelto appositamente?
Sul tratto della Francigena fra S. Lorenzo e Montefiscone sono situati i resti visibili di numerosi templi etruschi, a testimoniare che prima del pellegrinaggio cristiano ve ne fu un altro, etrusco. Su questo antico percorso troviamo chiese cristiane e santuari etruschi insieme, in gran numero.
Il pellegrinaggio annuale etrusco al Fanum Voltumnae di Volsinii è storicamente documentato nel “Rescritto di Spello” del 333 d.C., a firma di Costantino il Grande dunque posteriore la ipotetica deportazione dei pochi superstiti di Orvieto. In questo documento si cita il nome del sito in cui si trova il Fanum Voltumnae: incisa a belle lettere troviamo la parola Volsinii e non Volsinii Novi.
7 – Descrizione di Volsinii nei testi degli autori antichi
I più espliciti e sempre citati sono Zonara e lo pseudo-Aristotele.
Volsinii viene descritta cinta da possenti mura, che sono state trovate a Bolsena, sono lunghe 4-5 km e furono datate dalla scuola francese di Raymond Bloch, che per primo effettuò gli scavi a partire dagli anni ‘40 del secolo scorso, al V secolo a.C. Infatti, le mura delle città etrusche vennero tutte erette dopo la cacciata degli etruschi da Roma (V-IV sec. a.C.). Successivamente, le mura furono ridatate da un gruppo di archeologi italiani, al III sec. a.C., in modo totalmente incongruo dal punto di vista storico.
Volsinii viene descritta con un “colle in mezzo”, boschi in alto e ricca di acque. Il colle……è ben evidente a Bolsena che, a valle raggiunge le sponde del lago vulcanico e vanta la presenza di numerose sorgenti nelle sue vicinanze, comprese quelle termali presenti nell’antico tempio di Nortia e riutilizzate dai romani per gli impianti termali. Ancora oggi folti boschi circondano da ogni parte la sua antica sommità. Orvieto non possiede alcun colle nel mezzo, non ha mura e il terreno argilloso alla base della rupe non vanta la presenza di abbondanti acque. Trattandosi di un acrocoro isolato e piuttosto pianeggiante, non ci sono folti boschi in alto.
In sintesi, le descrizioni degli autori antichi concordano perfettamente e senza sforzo con la morfologia di Bolsena, mentre non esiste una sola corrispondenza con la morfologia di Orvieto.
8 – L’ipotesi Volsinii Veteres-Volsinii Novi
Perché i Romani, avendo finalmente vinto e conquistato gli ultimi baluardi di resistenza etrusca dopo una guerra estenuate, durata circa duecento anni avrebbero concesso ai pochi superstiti della città di Orvieto di costruirsi una città in posizione dominante su un’area con tutte le caratteristiche necessarie a farne un centro importante da un punto di vista religioso e del prestigio? Perché avrebbero lasciato che si costruisse una cinta muraria di quella imponenza, in un’epoca in cui nessuno costruiva più mura? Inoltre, come avrebbero potuto, i pochi nobili superstiti con i loro servi costruire quella città, quell’area sacra di dimensioni monumentali e quella cinta muraria davvero ciclopica? A chiunque abbia visto gli scavi di Bolsena, le sue mura, l’imponenza delle sue strutture, la forte impressione che il luogo è ancora in grado di suscitare, sorgono inevitabili queste domande.
9 – Il Fanum Voltumnae a Bolsena
E’ il titolo del libro di Angelo Timperi, per trent’anni archeologo della Soprintendenza, attivo nell’area etrusca di Bolsena. Il testo è scritto nel linguaggio tecnico dell’archeologia e offre nel dettaglio molte prove di come la Volsinii etrusca sia stata, scientemente oppure no, “oscurata” per dimostrare forzatamente che Bolsena fu una fondazione romana del III secolo. A questo libro, alla serietà e onestà del suo autore, archeologo “sul campo” per un’intera vita, va risposto in modo puntuale ed esauriente da chi sostiene tesi opposte.
Dal libro emerge la descrizione della città etrusca, che si estendeva da est ad ovest, da un’altezza di circa 600 m fino alle sponde del lago, in modo diverso dall’attuale città di Bolsena. Cinta da possenti mura, larghe fino a tre metri in alcuni punti, ospita una enorme area templare, completa del teatro per le rappresentazioni sacre, il cui proscenio spazia sul lago, in direzione dell’isola Bisentina. Dall’area sacra lo sguardo spazia su un ambiente naturale la cui forza è evidente e capace di commuovere ancora oggi. Come segnala l’autore, il tracciato viario romano non coincide con le porte di epoca etrusca e sono numerose le testimonianze della cultura di questo popolo nei materiali usati per la costruzione, nelle ceramiche e nelle terrecotte ritrovate. Il nome etrusco di Volsinii, ovvero “Velzna” è stato ritrovato in iscrizioni ceramiche esclusivamente nel territorio di Bolsena e mai ad Orvieto.
10 – Il Tempio di Nortia
Il tempio di Voltumna, chiamata in etrusco anche con l’epiteto di Nortia, fu molto probabilmente quello che ancora esisteva in secoli recenti ed è raffigurato in stampe settecentesche: davanti a Porta Fiorentina, sul lato nord dell’attuale città di Bolsena.
La dea Voltumna fu patrona della Fortuna e delle acque fecondatrici. In epoca romana, sulla fonte sacra alla dea venne eretto un grande edificio termale. Il sito, in età rinascimentale e oltre continuò a essere tradizionalmente chiamato tempio di Nortia. Oggi, costruzioni moderne lo hanno coperto.
11 – Il Monte Tabor
Il Monte Tabor, sull’isola Bisentina, è attraversato per la sua altezza da un singolare “pozzo”, ritenuto probabilmente sacro e di età etrusca. In aramaico “Tabor” significa “ombelico”, ovvero centro sacro (omphalos, in greco), come il sacro Omphalos di Delphi. La tradizione di un sito reputato un “ombelico”, cioè il centro di un territorio, è un’ulteriore prova a conferma del sovrapporsi di tradizioni cristiane su antecedenti tradizioni pagane: il ruolo di centralità del Fanum di Volsinii, ombelico sacro della dodecapoli etrusca, venne ripreso dalla tradizione cristiana del Tabor, monte sacro della Palestina, sul quale Gesù ebbe la trasfigurazione.
12 – Monte Landro e Volta
Il monte Ladro, situato sulla via Francigena, presso S. Lorenzo Nuovo, è coronato da una cinta muraria (recinto sacro), che circonda una vasta area. Qui è stato scoperto, nel 2011, uno dei maggiori santuari etruschi, corredato da molti reperti “unici”. Chi ha visto l’area templare sa che si tratta della più importante scoperta fatta ultimamente in terra etrusca. I templi di Turona e del monte Ladro, ambedue intenzionalmente eretti sopra faglie vulcaniche (ancora attive), spiegano la leggenda del “mostro” Voltan (o Volta) che imperversò a Volsinii, finchè venne sconfitto da Larth Porsenna. Il “mostro” fu la vivace e spaventosa attività vulcanica, che si manifestava con faglie da cui fuoriuscivano soffi provenienti dal sottosuolo. La leggenda, riportata da Plinio e altri, specifica che il “mostro” uccideva e bruciava nel territorio di Volsinii.
13 – Elenco delle fonti moderne che individuano in Bolsena l’antica Volsinii
Sono molti gli studiosi che hanno identificato l’etrusca Volsinii con Bolsena. Assegnando l’ubicazione del Fanum Voltumnae all’area del lago. Tra i più noti si possono ricordare: Raymond Bloch, Gorge Dennis, Carl Thumlin, Alessandro Fioravanti, Jean Richer, Verner Keller, Massimo Pallottino.