di Mario Tiberi
Sarà capitato ad ognuno di noi, almeno una volta durante il peregrinare terreno, di domandarsi il perché le persone più intelligenti, nel senso classico del termine, non sempre sono quelle con cui si lavora più volentieri o con cui si stringono solide amicizie; il perché il rendimento scolastico di taluni bambini, dotati di brillante intelligenza, può crollare in maniera drammatica in occasione di difficoltà familiari; il perché individui assunti sulla base di specifiche selezioni attitudinali si possono, poi, rivelare inadeguati alle esigenze che impone loro il lavoro; o ancora il perché un matrimonio può andare a rotoli anche se il quoziente intellettivo di entrambi i coniugi è elevatissimo.
E, all’opposto, non ci vuole per caso copiosa intelligenza per stabilire saldi rapporti interpersonali, familiari, professionali o sociali e politici?. Certamente sì!. Solo che l’intelligenza governante settori così decisivi dell’esistenza umana non può essere un’intelligenza qualsiasi, astratta ed estranea alla realtà, ma è e deve essere una complessa miscela in cui giocano un ruolo predominante fattori come l’autocontrollo, la pervicacia, l’empatia e l’attenzione rivolta agli altri.
In breve, è quel corredo intellettuale e sentimentale che, in ottimali proporzioni, ha consentito ai nostri lontani progenitori di sopravvivere in ambienti ostili e di elaborare le strategie che sono state alla base dell’evoluzione dell’intera umanità e che, nell’odierno, svolge la funzione di supportare tutti noi nell’affrontare le difficoltà e i pericoli di un mondo sempre più complicato, violento, difficile da decifrare.
La mente razional-passionale consente di governare le emozioni e guidarle nelle direzioni più vantaggiose: è la capacità di capire i sentimenti altrui al di là delle parole e spinge, come una molla possente, alla ricerca di benefìci duraturi piuttosto che al soddisfacimento degli appetiti più immediati.
E’ indubbio che gli assetti societari mondiali si stiano dibattendo all’interno di una crisi globale profondissima, caratterizzata da un esponenziale e vertiginoso aumento della frequenza di crimini violenti, di suicidi e di abuso di droghe, soprattutto fra le giovani generazioni; tutto ciò indirizza verso una sempre maggiore percezione di allarmanti segnali ammonitori di un’alienazione collettiva e di una disperazione individuale che, se non tenuti sotto controllo, potrebbero quanto prima sfociare in lacerazioni ben più marcate dell’intero tessuto sociale.
La tendenza generale della società nel suo complesso è orientata a massimizzare un’autonomia sempre più ampia dell’individuo e che, a sua volta, conduce ad una minore disponibilità verso la solidarietà vicendevole e, contestualmente, ad una maggiore competitività spesso brutale (“mors tua, vita mea”): tutto questo si traduce inevitabilmente in un aumentato isolamento del singolo individuale e nel deterioramento dell’integrazione sociale. Codesta lenta ma inesorabile disintegrazione dello spirito comunitario, assieme ad uno spietato atteggiamento di autoaffermazione, compaiono ed esercitano la loro pressione in un momento in cui le tensioni economiche e politiche richiederebbero, piuttosto, un incremento della cooperazione e dell’attenzione verso il nostro prossimo e non certo una riduzione di tale disponibilità.
Accanto a questa atmosfera di incipiente o perdurante crisi sociale, vi sono anche i segni di un crescente malessere emozionale, particolarmente fra i bambini e i giovanissimi. Ciò che colpisce in modo terrificante è l’impennata della violenza tra gli adolescenti: si pensi al giovane che massacrò i genitori a martellate per ereditarne il patrimonio o, solo per offrire un ulteriore esempio, al branco di ragazzini che uccisero un loro coetaneo per derubarlo e trascorrere così una divertente domenica al mare. Trattasi di inequivocabili indicatori segnalanti che molti minorenni stanno avviandosi all’età adulta con gravi carenze relative all’autocontrollo, alla capacità di gestire e dominare le proprie furie interiori, all’estrinsecazione dell’empatia con il rischio incombente di vedersi catapultati verso significative patologie di depressione psichica.