di Fausto Cerulli
Dedicando me stesso con insolita
meticolosa attenzione a misurare
il conosciuto, mi ritrovo a contare
fantasmi. Forme di donna, pensieri
nascosti tra le pieghe di un grembo,
terre di cimitero, baciate dalla brina.
E lei che mi correva incontro,
e la sua treccia, e la sua smania
di perdermi per raccontarsi
di avermi avuto amico amante.
La sua giovinezza, quasi sonno
da cui non si voleva svegliare.
L’asprezza dei suoi baci inutilmente
lascivi. Il ponte nostro talamo,
la notte stelle e gelo, lei vangelo
e austero salmo. Dedicando
me stesso al suo impassibile
avermi dimenticato mi dedico
al peccato non commesso.
Mi dedico me stesso, mi
faccio Dio sull’alba del morire.