di Dante Freddi
Angelo Ranchino, risorto da un periodo silenzioso e meditativo, si è gettato a gamba tesa nella politica orvietana con un colpo di talento.
Mentre associazioni e partiti e lobbies cercano di mettere insieme gente e idee per presentarsi all’elettorato, il capogruppo di Orvieto Libera ha costituito un comitato referendario per consentire al territorio orvietano “di uscire dai confini regionali nei quali per mero decreto il nostro territorio è stato storicamente relegato, al fine di aprirsi verso la Toscana e il Lazio, chiedendo il riconoscimento di un’area nuova e l’annessione dei nostri territori nei confronti di chi ne saprà comprendere l’importanza storica e le possibilità di sviluppo futuro”.
Ranchino punta alla pancia di quanti sono scontenti della marginalità con cui l’Umbria considera l’Orvietano e l’effetto c’è, anche se è ancora fine estate e la discussione procede lenta. La vicenda della soppressione del tribunale di Orvieto da cui parte il suo ragionamento è gravissima e a questa possono essere accumunate altre decine di angherie che hanno toccato gli interessi diretti e affettivi di molti cittadini. Insomma, siamo arrabbiati perché la Regione e tutti gli attori presenti nei processi decisionali non ci considerano e la probabile soppressione delle province non faciliterà certo il rapporto con ternani e perugini, che ci vedono lontani e piagnoni.
L’aspirazione evocata da Ranchino va oltre la Tuscia, si apre a Toscana e Lazio e a quanti vorranno valorizzare l’Orvietano, spazza via problemi contingenti di gestione della città e pone nel confronto una visione nobile, che contiene tutto senza doversi cimentare su niente di vile e contingente. Ranchino può gridare alla novità senza necessità di difendere l’amministrazione Còncina, di cui è stato inquieto sostenitore, senza fermarsi su parcheggi e bilancio, rifiuti e viabilità, Piave e ex ospedale. Mentre molti degli altri competitor elettorali si perderanno nei soliti sproloqui su tutto, senza lanciare neppure un pensiero di cui ricordarsi, lui spara soltanto un’idea e il resto sarà semplice conseguenza. Un po’ il “rinnovamento e metodo” di Còncina quando gli orvietani si erano stancati dell’offerta della sinistra orvietana. Più di uno slogan molto meno di un programma.
La proposta di Ranchino per ora è buona soltanto per Orvieto e non è invece compresa né sentita nei paesi intorno e “trasferirci” nel Lazio o in Toscana senza Castel Giorgio o Castel Viscardo, senza Montegabbione o Monteleone o Fabro mi sembra davvero improbabile.
Ma la via delle idee è imponderabile e, quindi, chapeau a Ranchino.