Gialletti chiede le dimissioni del sindaco e lo invita a non nascondere la verità agli orvietani. Baruffa in Consiglio comunale, oggetto sempre la cosiddetta piscina del sindaco, argomento ormai stantivo ma che non è più possibile sottovalutare.
Il capogruppo del PSI, facendo riferimento a un precedente intervento del sindaco sulla faccenda, in cui avrebbe assicurato che era tutto sistemato, che non c’erano abusi, che avrebbe chiarito, di fronte ai documenti resi pubblici da Italia Nostra, reagisce con asprezza.
“Risulta – ha sostenuto Gialletti-che le cose non stanno così. Lei non ci ha detto la verità. Non deve tentare di nascondere. Come nasconde questo può nascondere altro. Deve trarre le conseguenze. Questa storia deve chiarirla”.
Disagio in Consiglio per la crudezza inusuale di Gialletti e risposta sullo stesso tono di Còncina. “È impossibile nascondere qualcosa. Non ho mai nascosto nulla. Mi tocca come sindaco, assessore e utilizzatore di una certa unità immobiliare (Casa del figlio della moglie, beneficiaria la moglie. Sindaco fruitore di terza mano)”.
Già quest’ultima considerazione avrebbe dovuto far comprendere a Còncina che deve occuparsi della questione in troppe vesti contrastanti, come quella di amministratore e quella di fruitore della piscina. “Ci limitiamo a essere ossequiosi delle decisioni di chi si occupa della questione” ha continuato il sindaco, cadendo poi in una considerazione a doppio taglio: “Salendo da Ponte del Sole vedo certe sconcezze che mi domando dove erano gli specializzati della denuncia. Lei- riferendosi poi a Gialletti- ha visto un film che, al di là della volgarità, deve guardare a casa sua”.
Il fido Olimpieri, tanto per alleggerire il clima, ha affibbiato del “ Torquemada di provincia” a chi si occupa con tanto accanimento di queste questioni di moralità.
E’ volgare e da inquisizione di bassa lega, quindi, pensare, dire e scrivere della piscina della moglie del sindaco.
Il Consiglio ha deciso successivamente di verificare se convocare una conferenza dei capigruppo per discutere in quella sede della posizione di Còncina.
Se qualcuno in buonafede non ha capito il senso politico della questione non lo capirà domani, perché ha una carenza congenita di tal tipo di sensibilità. Se invece non ammette giudizi chi è in malafede, a maggior ragione non li ammetterà in occasione di una imbarazzante conferenza dei capigruppo.
Sarebbe un inutile giro intorno a una spiacevole vicenda che non è più soltanto politica.
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