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Home Politica

Diciamocelo n°46 del 15 luglio

Redazione by Redazione
16 Luglio 2013
in Politica, LETTERE PROVINCIALI, Archivio notizie
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Caro amico, questa settimana ti scrivo …

Franco Raimondo Barbabella

 

Caro amico, così ti rispondo …

Pier Luigi Leoni

 

Il tribunale ucciso dalla miopia

 

“Trentacinque dipendenti e oltre 100 avvocati con le valigie in mano. Ad Orvieto è stata una doccia fredda la bocciatura dei ricorsi contro la riforma della geografia giudiziaria da parte della Corte Costituzionale. Le speranze di salvare il palazzo di Giustizia di piazza Corsica si assottigliano sensibilmente. L’ultima speranza è riposta adesso negli eventuali decreti correttivi che propongono il rinvio, quanto meno di un anno, dell’entrata in vigore dei Decreti legislativi di soppressione. La chiusura del tribunale ad Orvieto comporta il trasferimento di 35 dipendenti amministrativi che si sposteranno nelle nuove sedi di Terni, Viterbo, Perugia o altrove e di un gran numero di avvocati (l’albo di Orvieto ne conta oltre 100), senza considerare l’indotto. E i tempi stringono. Già da diversi mesi infatti i rinvii vengono disposti a Terni per un provvedimento del presidente del tribunale che adesso è impugnato davanti al Tar da ordine dell’avvocatura e Comune di Orvieto”. (Notizia di Orvietosi, 5 luglio 2013)

 

F. No, non si tratta di una doccia fredda: l’esito del ricorso era nell’aria, solo che si pensi a come si è svolta tutta la vicenda della soppressione dei cosiddetti tribunali minori, non tutti, com’è noto (vedi Spoleto). Vicenda che solo una voluta cecità può descrivere come frutto della volontà di razionalizzare la spesa e rendere più efficiente l’amministrazione della giustizia a favore dei cittadini. Le fonti bene informate sanno infatti che tutto consegue dall’esigenza posta dall’allora ministro Tremonti di garantire il settore produttivo più influente del Paese con l’istituzione dei tribunali dell’industria presso le Corti d’appello. Da allora, la necessità delle dotazioni di giudici togati presso tali strutture ha portato con un processo a catena all’individuazione nei “tribunali minori” delle fonti alle quali attingere il sangue necessario.

Perché però alcuni si sono salvati? Perché in particolare non si è salvato quello di Orvieto? La risposta non è semplice, ma qualcosa di sensato si può comunque dire, con la premessa della totale solidarietà con i dipendenti, con gli operatori della giustizia e con i cittadini che ne subiranno le conseguenze. In questo senso mi sento partecipe dell’appello che è stato diffuso nei giorni scorsi con una lettera aperta a firma del nostro comune amico Enzo Prudenzi. Tuttavia per onestà intellettuale debbo ricordare a Enzo come ad altri che muoversi oggi è pura testimonianza, moralmente apprezzabile ma temo senza speranza di effetti pratici. Non ha avuto alcuna conseguenza tutto il gran movimento della fase precedente, figurarsi quello di oggi!. Ma non viene in mente che bisognava agire molto ma molto prima? Si trattava, come tutti sanno, di riformare le circoscrizioni giudiziarie. E si trattava di superare per questo con iniziative opportune le gabbie degli ambiti provinciali e regionali nell’ottica di un sistema territoriale dei servizi. Questo però poteva prendere forza e senso solo da una politica generale appunto di tipo territoriale, che invece non c’è stata. Lo predico da oltre trent’anni, mi pare senza grande successo. Penso che un minimo di riflessione a questo punto sarebbe utile per tutti. Non è forse vero che si è ragionato secondo l’dea che è meglio un uovo oggi che una gallina domani? Ed eccoci qua: ha vinto la miopia. Evviva! Purtroppo non finirà qui.

 

P. Sulla riforma dei tribunali sono tentato di comportarmi come i Perugini: «Nel so; se ’l so ’n tel dico; se tel dico ’n te dico ’l vero.» Nella questione è coinvolta troppa gente potente, magistrati e avvocati, che giocano a palla con un parlamento impotente. Con questo tira e molla sulle sedi dei tribunali cercano di farci dimenticare che abbiamo una pletora di avvocati che si arrabattano per campare, una pletora di magistrati molto ben pagati e i processi più lunghi del mondo. Quando qualcuno proporrà di far scendere giudici, avvocati e durata dei processi ai livelli della Francia, allora proverò ad uscire dallo scetticismo in cui mi vedo costretto.

 

La Provincia salva per insipienza

 

“Salva invece la Provincia di Terni. La riforma sul riordino delle Province è infatti incostituzionale. Lo ha sancito la Consulta, dichiarando illegittimi alcuni punti dei decreti legge in materia varati nel 2011 e nel 2012. La Corte ha ritenuto violati gli articoli 117, secondo comma, e 133, primo comma, della Costituzione”. (Notizia di Orvietosi, 4 luglio 2013)

 

F. Messa così, pare che qualcuno abbia difeso le ragioni di esistenza delle Province italiane e in particolare quelle della Provincia di Terni. Si tratta invece di una pura questione giuridica che fa riferimento alla procedura adottata per la riforma. Era evidente dall’inizio che si sarebbe dovuti intervenire con una riforma costituzionale, come ha proposto ora il governo. Io penso che era anche evidente che quel modo a tozzi e bocconi di riformare il sistema istituzionale era una vera presa in giro. In Italia le riforme sono state sempre e sono a tutt’oggi un arzigogolare intorno ai problemi. Ma che ci sia bisogno di una riforma generale coraggiosa, incisiva, per dare efficienza e credibilità al sistema della democrazia, non ci possono essere dubbi. Non è questione solo di Province, è anche questione di Regioni e di sistemi territoriali. Solo che non c’è una classe dirigente all’altezza del compito, le caste spadroneggiano e le riforme serie non si fanno. In compenso tutti dicono, dibattono, se del caso urlano. In attesa del peggio che verrà e che regolarmente sarà attribuito ad altri. Credo però che ormai anche lo Stellone si sia stancato. Perciò o scatto di reni o mala mala tempora.

 

P. Qualche volta il benaltrismo è giustificato. Infatti ci vuole ben altro che la soppressine delle province per dare vita a un sistema meno dispendioso e più efficiente. Sarò influenzato dalla mia fede monarchica, ma sono stato sempre dell’opinione che i titoli non vanno mai soppressi per non ferire l’amor proprio degli individui e delle comunità. Per esempio, la Repubblica ha soppresso i titoli nobiliari, ma li riconosce come parte del cognome. Che male c’è se circolano conti senza contea, duchi senza ducato e re senza regno? Che ci si guadagna a cancellare le orme della storia? Così quando i comuni minori saranno in pratica riassorbiti nelle Unioni di Comuni, conserveranno sindaco, giunta e consiglio, che serviranno più che altro a ricordare che quello una volta era un comune. Una soluzione del genere dovrebbe essere inventata per le province. Così Terni potrebbe andare fiera di essere stata per qualche decennio, benché immeritatamente, una provincia.

 

E intanto gli americani friggono le uova

 

Allarme per la nuova mania del deserto della California dopo un video su YouTube. Appello ai turisti: “Fermatevi”. Per favore, smettetela di friggere le uova sul suolo della Death Valley. Oppure, se proprio non resistete alla tentazione, quanto meno fatelo dentro una padella o un foglio di alluminio. E’ quasi disperato, l’appello lanciato ai turisti dai gestori del Parco nazionale nel deserto fra la California e il Nevada, ma i ranger devono rimproverare solo se stessi per questa emergenza. La Death Valley è il luogo più basso e caldo degli Stati Uniti. Si trova nel Mojave Desert, 86 metri sotto il livello del mare, che però è troppo lontano per avere qualunque influenza positiva. Gli americani sostengono che qui, il 10 luglio del 1913, si è registrata la temperatura più alta di sempre dell’aria sulla Terra: 57 gradi centigradi. Durante l’ultima settimana siamo arrivati molto vicini a questo record, con picchi di 54 gradi, e quindi un ranger si è divertito a impressionare i turisti, mostrando come un uovo depositato sul fondo di una padella cuocesse soltanto con il calore fornito dal sole. Il video dell’esperimento è finito su You Tube, e la Death Valley ha perso la pace. Decine di visitatori hanno cercato di imitare il ranger, senza però munirsi di padelle. Le uova sono state fritte direttamente sul terreno, trasformando il parco nazionale in un porcile. Non solo, infatti, i turisti non hanno poi consumato le prelibatezze cucinate, ma hanno lasciato in giro anche i gusci rotti, e in qualche caso gli interi cartoni che li contenevano. (Paolo Mastrolilli, La Repubblica, 13 luglio 2013)

 

F. Meno male che c’è l’America! Sennò come potremmo renderci conto che siamo tutti sotto lo stesso cielo? Se là ci sono quelli che corrono a cuocere le uova ai raggi del sole sporcando una bella valle, perché qua non dovrebbero esserci quelli che lasciano in giro tutto quel che capita sporcando città e campagne, mari, fiumi e monti? Evviva dunque la sporcizia globalizzata! Sporcaccioni di tutto il mondo unitevi! Nel frattempo, mi raccomando, uniamoci ai ranger e facciamo anche noi appelli su You Tube, che com’è noto sono straordinariamente efficaci. No, non sistema efficiente di educazione e controlli, responsabilità e repressione, ma appelli. Che cosa costa di meno di un appello? Però viva l’America! Almeno lì nella Death Valley si limitano a fare appelli perché se non ci fosse nessuno che sporca i ranger non avrebbero ragione di esserci. Da noi non c’è nemmeno questo vantaggio, c’è solo sporcizia.

 

P. Non c’era bisogno della  Death Valley per sapere che un uovo cuoce a 65° e non c’è bisogno di essere molto intelligenti per capire che il fenomeno delle uova cotte e abbandonate nel Mojave Desert viene gonfiato per fare sensazione. Molto più arguti erano i racconti del povero Decio, viterbese trapiantato in Orvieto che, insaporendo la fantasia maremmana con lo spirito orvietano, è passato alla storia come “specialista in esagerazioni”.  E poi la Death Valley che puzza d’uova abbandonate al sole non potrà mai superare quanto si è riusciti a fare a Napoli e in Campania con l’immondizia  abbandonata e bruciata sulla baia più bella del mondo e rifiuti tossici inquinanti sparsi un po’ dovunque nella regione. Nemmeno gli Indiani dell’India, specialisti in sporcizia, riescono a superarci.

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