Nella serata di venerdì 7 giugno, a Canonica, è partita ufficialmente la tournée estiva del nuovo spettacolo della Compagnia delle Vigne di Sugano, dopo alcune anticipazioni tra Umbria e Lazio e il debutto al Mancinelli nella serata di apertura del torneo di teatro amatoriale di Orvieto.
“Tamurè” è il titolo dell’opera dell’infaticabile Guglielmo Portarena, romanziere e drammaturgo suganese: la danza tahitiana simbolo di sensualità ed esotismo diventa il tormentone che incarna la volontà di evasione furbesca di fine carriera politica.
La commedia, decisamente più impegnata, costruita e intensa delle tre precedenti della stessa compagnia e dello stesso autore, è una sorta di occhio indiscreto nell’ufficio di un politico italiano, con tanto di questuanti miserabili, da accontentare e di cui approfittare, e rapporti con le alte sfere dei partiti, dell’economia e del clero. L’autoreferenzialità, le distorsioni e le aberrazioni del pensiero dell’onorevole sono filtrate dagli sguardi della prorompente segretaria-consulente, dei famigliari preoccupati ma fiduciosi, del giardiniere devoto ma sospettoso e di tutta una teoria di contatti e stati d’animo in cui ciò che è giusto e ciò che è sbagliato si confondono come nel miglior “Umorismo” di pirandelliana memoria.
Un rassegnato -e forse capovolto- “Così è, se vi pare” da seconda repubblica, ritmato dalla strepitosa coppia comica di contadini (la cui interpretazione ha valso a Paola Ciucci il premio AmaTeatro come migliore attrice non protagonista) che scandisce ad ogni apparizione la parabola discendente del politico di origini ruspanti, abilmente recitato da Andrea Leoni.
Cambiare registro e temi dopo tre anni di successi costituti da tre puntate della stessa storia era molto rischioso, e la possibilità di fare il passo più lungo della gamba era in agguato dietro l’angolo, ma i suganesi ci hanno stupito ancora una volta con la loro bravura e la forte dedizione al lavoro, che si comprende essere stato lungo e impegnativo.
Grandissimo il finale, anzi, i finali: perché se le precedenti pièces di Portarena terminavano sommesse, quasi sfumando, stavolta l’amaro epilogo del politico furbetto, che non vuole e non può uscire dai binari tracciati dalla consuetudine, lascia spazio ad una sorpresa “italian style” in cui magistratura e politica ballano il valzer in attesa di un altro tamurè. Si aggiunge amaro all’amaro tanto che, da spettatori, quasi ci si vergogna di ridere.
E poi un’ultima sorpresa in un monologo intenso, toccante, struggente, scandalosamente vero, in cui di nuovo i ruoli di vittima e carnefice si confondono, le maschere rivelano i personaggi e lo spettatore da censore si scopre complice (in)consapevole. Dopo aver riso, si riflette, ci si alza con ancor più amaro in bocca e con una intensa voglia di rivoluzione, sopita, però, da un rassegnato “tanto va così”, in attesa di un prossimo, inevitabile tamurè.
Da vedere. Senza ombra di dubbio.