di Nello Riscaldati
Non andrebbe mai fatta confusione tra Rupe e Centro Storico come oggi viene comunemente inteso. Il 30% della città alta è stata realizzata nel secolo scorso e nessun edificio ha le caratteristiche del capolavoro. Un quarto della città è occupato da caserme e edifici istituzionali. C’è una palazzina in piazza Angelo da Orvieto che sembra progettata per una città di mare non so di quale categoria. Ce ne sarebbero ben altri di scempi sulla Rupe ma si sa che col tempo l’occhio si abitua a tutto e per fortuna molti peccati architettonici non si vedono dalla strada.
Un centro storico, per esser tale, deve essere vissuto, rumoreggiato, illuminato e deve avere una specie di sua colonna sonora. E’ insomma una specie di zona franca dove si esercitano in maggior misura quelle libertà che in altri luoghi sarebbero un po’ più compresse.
Diversi anni fa gli orvietani definivano il Centro di Orvieto con una semplice espressione che diceva “da Piazza a’ r Moro” e “da ‘r Moro a Piazza”, dove però la Piazza era esclusa perché troppo scura e poco adatta al “passeggio”. In tutto poco più di cento metri di strada.
Poi piano piano il passeggio si spinse fino a S.Giuseppe. Non c’era niente oltre il negozio del tabaccaio se non il deserto più buio ed il passeggio, si sa, ha bisogno di luce, della luce dei negozi e del chiasso dei commerci. Poi aprirono bottega la Libreria Salani, Eraldo Cortoni, Mario Torroni, ancora attivo, la “Casa del corredo”, “Olivetti”, “Fotograzia” “Cecconi” e qualcos’altro. L’”Ars Wetana” ed i fotografi Raffaelli Armoni e Moretti erano lì da tempo immemore.
Quindi il Ristorante Maurizio fu resuscitato dal “Vescicante” e Via del Duomo fu conquistata al Centro serale del “passeggio” e dello “struscio” ed anche il Duomo volentieri vi si prestò con le sue “schiace”. Siamo alla fine degli anni ’50.
Ma un aspirante Sindaco conosce tutto questo già da prima di aspirare ed anche qualora fossero stati commessi errori ha ben pochi poteri d’intervento in merito, solo due cose può fare, adoperarsi per mantenere la città pulita e illuminata e regolare il traffico al meglio.
Io rinnoverei l’invito già fatto nel corsivo precedente ai residenti ai fini del decoro urbano per quanto nelle loro possibilità e competenze e cioè la pulizia delle piccole strade e degli usci e il decoro delle facciate usando vasi di fiori.
Riguardo ai parcheggi obbligherei chi possiede un garage a custodirvi la macchina e chi viene da fuori o si sposta da casa a soste brevi e a pagamento, e niente vetture fuori parcheggio superficiale prima di aver riempito quelli di Via Roma e di Campo della Fiera in modo da vedere il centro storico il più libero possibile e il centro del Centro come zona senza macchine salvo occasioni eccezionali. Ad una prima fase presumibilmente repressiva e subita di malanimo, seguirebbe sicuramente una presa di coscienza da parte dei cittadini che apprezzerebbero i vantaggi dell’ordine che comporta la fine del privilegio della macchina sotto casa.
Ai casi particolarissimi si farà fronte con provvedimenti altrettanto particolarissimi. Vedremmo così una città che respira meglio, una città più pulita e che ci sembrerà ancora più grande
Per l’aspetto decorativo urbano mi affiderei a qualche amico dotato di perizia in merito ed a me stesso perché ritengo di avere un certo fiuto personale ed un occhio portato verso questo genere di cose. Comunque non vorrei vedere plance per affissioni di colore nero. Anzi bandirei il nero anche dai contenitori dei rifiuti. Una città colorata è sempre più bella di una grigia, nera o comunque troppo seria.
E’ ovvio che la mia città dovrà essere fornita di servizi igienici funzionanti, sia ristrutturando gli esistenti sia creandone di nuovi. E vergognoso che i turisti, tanto invocati e tanto blanditi siano costretti ad errare per bar e trattorie. La gestione l’affiderei a degli anziani che potrebbero svolgervi anche qualche piccolo lavoro, come già accaduto in passato.
Nella guerra perenne tra rumore e silenzio, tra alto e basso volume non sarà difficile stabilire una linea di armistizio, anche perché una città troppo rumorosa è un casino, una troppo silenziosa è un cadavere. Insomma è una questione di rispetto ed il rispetto va fatto rispettare.
E così, piano piano, passo dopo passo, la città sta prendendo forma e colore.
Certo manca il meglio, manca la città, mancano gli abitanti ciascuno trascinante la sua carretta carica di problemi, manca la città che vive, che respira, che mangia, che sporca. E si sa che mancano i quattrini perché ne abbiamo pochissimi, e non possiamo crescere indebitandoci.
Ma i miei concittadini dovranno essere sempre informati in merito e su quanto denaro ci sia nelle casse del Comune perché loro in questo Comune ci stanno di casa, ci pagano le tasse ed hanno il diritto di conoscere lo stato dell’arte.
Bene, benché turbati da cotali tumulti, la prossima volta parleremo degli orvietani accampati quassù, dai pendolari agli imprenditori, tutti obbligati a lottare su di un fronte abbastanza scomodo e contro un nemico spesso invisibile. Ringrazio per le solidarietà in arrivo. Ciao a tutti.