di Pier Luigi Leoni
I consiglieri di opposizione si agitano, ma non troppo.
In una recente seduta del consiglio comunale di Orvieto, su iniziativa della minoranza, si è dibattuto sul rischio del famigerato dissesto, che i raffinati chiamano default, una specie di fallimento. E si è parlato pure del ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, introdotta da un recente decreto legge per evitare il dissesto. Per tale procedura sono stati coniati i termini di antidissesto o antidefault e quello più cattivo di predissesto.
Le minoranze premono per costringere la giunta ad ammettere che il comune rischia il dissesto e che si dovrà ricorrere alla procedura antidissesto. La giunta si attesta sul fatto che il quadro normativo è in via di assestamento e ancora non si sa su quali entrate si potrà contare nel 2013, ma non nega che potrà rendersi necessario ricorrere alla procedura antidissesto.
In effetti il comune ha chiuso l’esercizio 2012 con un disavanzo di poco più di 7 milioni, meno pesante di quello che l’amministrazione Concina ha ereditato. Comunque si tratta di un disavanzo che non è determinato solo dalla pesante eredità, ma anche dal fatto che l’amministrazione Concina, per poter assicurare i servizi a un livello decente, ha agito non solo sul versante del contenimento della spesa, ma anche su quello della vendita di beni poco produttivi. Se ne sono andati così la farmacia comunale e qualche altro immobile, ma non sono bastati per conseguire il duplice obiettivo di assicurare i servizi e di bonificare il disavanzo. La vendita della palazzina comando dell’ex Caserma Piave doveva mettere tutto a posto, ma nessuno l’ha voluta comprare.
Una legge recente ha proibito di ripianare il bilancio con le alienazioni patrimoniali, ma l’ancóra più recente decreto sulla procedura antidissesto sembra aver reintrodotto tale possibilità per chi ricorre alla procedura antidissesto. Quindi al comune non resterebbe che ricorrere a tale procedura varando un virtuoso piano pluriennale (massimo 5 anni) di bonifica del disavanzo. Se il piano potesse fare a meno delle alienazioni patrimoniali, si tratterebbe solo di lacrimare e sanguinare per qualche anno. Se il piano non fosse credibile senza alienazioni patrimoniali, si tratterebbe comunque di lacrime e sangue, ma si dovrebbero trovare immobili diversi dalla palazzina comando da mettere all’asta. Infatti, in merito alla palazzina comando, dopo gli avvertimenti della Corte dei Conti che sospetta una manfrina, i consiglieri rischierebbero di brutto a rimetterne in bilancio la vendita. Ma ci sono altri immobili la cui vendita sarebbe credibile? Sempre che non esca fuori qualche simpaticone che chieda di acquistare la palazzina a un prezzo decente.
Se questo è il quadro, si capisce perché il nuovo – si fa per dire – assessore al bilancio Piergiorgio Pizzo traccheggia. E si capisce pure perché i consiglieri di minoranza premono, ma non troppo. Le difficoltà dell’amministrazione stimolano la loro adrenalina, ma non si comportano come squali che sentono odore di sangue; infatti sono consapevoli che se – anche grazie all’antidissesto – riacciuffassero il potere, avrebbero ben poco da godere.