di Roberto Nativi
Cara Orvieto,
quando ti ho visto per la prima volta 14 anni fa, mi sembravi una città su un panetto di burro, perfetta all’esterno rinchiusa dalle tue mura e salendo le scale mobili, mi davi una sensazione di emozione fortissima, come se i millenni della tua solennità in ogni momento chiedessero rispetto per la tua storia. E tu, cara Orvieto, di “Storia” ne hai tanta davvero.
Le tue origini si perdono lontano nel tempo, prima ancora degli Etruschi. L’Etruria ha avuto in te un centro di riferimento economico e spirituale, il Papa ti ha amato e cullato, nel Medioevo nobili famiglie si sono distinte e rese protagoniste della Storia.
Il frutto delle tue terre per eccellenza, il vino era già talmente noto in epoca etrusca da meritarti l’appellativo di “oinarea”, città dove scorre il vino a fiumi, ancora sei lì e sempre ci sarai anche a dispetto di chi non ha rispetto di te, ma negli ultimi tempi ben poca è stata la storia di cui ti puoi vantare.
La presenza del Santissimo Corporale, incastonato in una delle cattedrali più belle del mondo, avrebbe dovuto da sola offrirti un posto d’onore tra le città sacre del mondo
Ma la realtà appare diversa e sconfortante.
I tuoi giovani scappano, rimpiangendoti loro malgrado perché non offri più nulla, il tuo sviluppo oltre le cinte murarie antiche (Ciconia, Sferracavallo, La svolta,) si è limitato alla creazione di satelliti- dormitorio le tue aziende fuggono o chiudono, il tuo grado di evoluzione tecnologica e di conoscenza all’esterno nel mondo non è di certo degno della tua storia. Mi domando meriti tutto questo?
La risposta è semplice NO.
La classe dirigente che in questi anni ti ha diretto, non ha pensato mai realmente al tuo sviluppo e ancora di più al futuro dei tuoi figli, ma si è interessata molto di più alla salvaguardia di un potere esistente, cercando di non condividerlo con nessuno, abbassando ogni possibilità di crescita alternativa, perché tutto doveva rimanere come era prima. Questa assurda situazione ha creato una sorta di guerra tra Guelfi e Ghibellini in cui c’è solo una vittima Orvieto e il suo futuro.
Questo modus operandi da casta a difesa della “rendita” di posizione, venutasi a creare dopo il boom economico ha generato uno stallo e un freno allo sviluppo reso tangibile da quel monumento all’immobilismo che è diventata la ex Caserma Piave.
Non ti illudere Orvieto indietro non si torna.
Per sorpassare questa situazione bisogna che in campo scendano infatti le nuove generazioni, prima che il vento se le porti lontano, creando una nuova classe dirigente perché questo è il loro tempo ed Orvieto “Adesso” è la loro città. Chi per anni è stato in prima linea, come è naturale deve cedere il passo e mettersi nelle retrovie, assumendo quel ruolo di depositario dell’esperienza e della storia necessario a creare le condizioni perché nuove figure, nuove idee e nuova aria possano andare avanti.
Serve un progetto condiviso per i tuoi prossimi 20 anni che punti:
- sulla riqualificazione delle periferie affinchè diventino zone di sviluppo e di aggregazione;
- Sul marketing territoriale che faccia conoscere riscoprire le bellezze dall’enogastronomia alla cultura, al meraviglioso Corteo Storico che non deve essere relegato nell’angusto spazio di un giorno solo, ma divenire elemento fondante dell’identità collettiva della città.
- – Sul vino che va valorizzato dandogli un posto al centro nell’ economia locale. Non si può pensare che uno dei vini più antichi del mondo (la Francia prima di diventare uno dei maggiori produttori vitivinicoli del mondo importava il vino dall’Etruria) non possa essere volano dello sviluppo economico . Bisogna che le case vitivinicole collaborino e insieme progettino un nuovo approccio commerciale per occupare nuovi spazi di mercato e creare le condizioni per nuovi sbocchi occupazionali
- Sull’artigianato che non solo incarni la tradizione nelle linee e nei soggetti, ma anche si rinnovi portando la storia antica a raccontarsi ancora attraverso design e tecniche moderne;
- Sulla green economy come necessaria premessa perché l’ambiente in cui viviamo e che vuole essere di esempio per qualità della vita e genuinità dei prodotti si mantenga il più possibile inalterato
- Sul turismo che diventi risorsa per tutto l’anno e non solo in poche occasioni, sia attraverso la promozione del territorio sia attraverso la possibilità di creare un continuum di eventi culturali in grado di rendere appetibile il territorio 365 giorni l’anno e di restituire al centro storico quella vitalità e quell’appeal che sta inesorabilmente perdendo;
- Sui giovani, come quelli di Santa Perduta, di Mr. tamburino, di Radio Orvieto web, del Magazzino delle Idee, delle compagnie amatoriali di teatro e delle tante nuove espressioni culturali o semplicemente di divertimento o di aggregazione che da anni cercano di combattere una certa inerzia con la qualità, l’ironia, il talento, il sorriso
Cara Orvieto l’alluvione, nel suo dramma, mi ha mostrato la bellezza della solidarietà della dignità e dell’orgoglio che hanno i tuoi cittadini.
Non è però sui fondi (molti meno di quelli promessi) destinati a quella catastrofe che si fa ripartire la tua economia, perché quelli sono solo un palliativo se dietro non abbiamo un progetto e teste nuove a dirigere quella fase.
Cara Orvieto, “Adesso” si deve fare il cambiamento puntando sul tuo “sorriso” e non sulle tue “disgrazie” sulle tue “eccellenze” e non su chi da troppo tempo ti sfrutta per proprio interesse.
Serve un patto tra persone che vada anche al di là delle appartenenze, dei vecchi rancori e ruggini che metta al centro solo te Orvieto ed il futuro e su quello costruisca e rifondi il senso di appartenenza alla tua comunità, tutti insieme.
Cara Orvieto, ritengo questa l’unica via possibile per puntare sul tuo futuro, come dico spesso “forse non succede…ma se succede…questa volta si cambia davvero”……
(La foto in home è di Fabio Materazzini)