di Mario Tiberi
E’ mia convinzione, amara convinzione, che in Orvieto il tempo delle lusinghe e delle speranze vane abbia corroso la coscienza popolare a tal punto da aver affievolito, per non dire annullato, lo spirito della riscossa e della rinascita. A capo chino, rassegnati e avvolti da un arcano sentimento d’impotenza, le Orvietane e gli Orvietani non sono più quelli di una volta, caparbi, volenterosi, dinamici, determinati e coraggiosi, essendosi lasciati alle spalle la volontà di esserci e di contare e finendo per consentire l’esercizio del governo della città ad un manipolo di sprovveduti e superficiali non sufficientemente competenti.
Ritengo per converso, e ne sono altrettanto convinto, che in Orvieto, nonostante tutto, esistano ancora delle risorse umane, seppur limitate e nascoste e trascurate, su cui poter riporre affidamento.
“Chi ha tempo, non perda tempo”, così recita un antico e saggio detto proveniente dalla voce del popolo.
“Chi ha tempo, non perda tempo”, poiché non vi è più di tempo da perdere e perché è doveroso attivarsi prima che sia troppo tardi e ancora perché non è opportuno farsi trovare impreparati di fronte all’incalzare degli eventi. Per non perdere dell’ulteriore tempo, già in abbondanza è stato stoltamente gettato alle ortiche, è opportuno scattare una istantanea con fermo immagine sull’attuale quadro socio-politico-economico cittadino, nonché istituzionale, e chiedersi se e da dove è possibile la ripartenza.
Orvieto è una città in profonda crisi, non ce lo dobbiamo nascondere, e le difficoltà locali sono amplificate dalla più ampia crisi nazionale e internazionale. Orvieto è una città in cui non è del tutto agevole vivere, così come a prima vista potrebbe al contrario sembrare: non lo è per il problema occupazionale giovanile che accomuna sia le famiglie agiate che quelle che non lo sono, per alcune discrasie di mobilità specialmente nel centro storico cittadino, per la stagnazione se non regressione delle attività socio-economiche e culturali, per la difficoltà nel reperire una decente abitazione a giusto canone di affitto, per l’incapacità di farne un polo di attrazione per il mondo intero.
E’, però, una città che può rinascere ed è, per questo, che mi rivolgo a tutte indistintamente le residue libere e volenterose coscienze cittadine, molte o poche che siano. Le risorse su cui poter contare per il suo riscatto sociale, economico e politico vanno individuate nelle seguenti principali direttrici: la sua storia millenaria ed il suo straordinario e incomparabile patrimonio paesaggistico, archeologico, architettonico e culturale; le sue eccellenze nelle arti e nell’artigianato che, nonostante i cappi al collo imposti da politiche irragionevoli, continuano ad essere positivi punti di riferimento; i suoi istituti di istruzione scientifica e umanistica che rappresentano un serbatoio di conoscenza irrinunciabile; i suoi giovani, vera grande ricchezza della nostra città.
E’ necessario, dunque, andare oltre la rassegnazione e la delusione e rifondare le premesse di base per riattivare la speranza e la fiducia nel domani, CAMBIANDO ovviamente. Non deve, del resto, essere smarrita la convinzione che gli imprenditori, i prestatori d’opera, i commercianti, gli artigiani e i cittadini in genere siano già pronti al riscatto, qualora posti nelle giuste condizioni.
Dopo lo scatto della fotografia, successivi passaggi sono rappresentati, in ordine di consequenzialità logica, dallo sviluppo in camera oscura e dalla riflessione su di essa assieme alla individuazione dell’agenda delle azioni da intraprendere per ridare slancio alla città. L’agenda deve servire a fissare le priorità assolute e ineludibili, gli obiettivi da raggiungere e le scelte ad essi correlate.
Un’agenda siffatta non può prescindere dal rispetto delle norme di legge e regolamentari spesso eluse o inosservate e, ciò, quale banco di prova per la rinascita della città, dall’impulso da imprimere al valore del lavoro, quale questione centrale di ogni comunità civilmente avanzata, dalla difesa della coesione sociale, quale condizione imprescindibile per la crescita urbana, paraurbana e rurale nella prospettiva di una solida unità di intenti.