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Home Sette Giorni

Il COVIP batte un colpo

Redazione by Redazione
19 Maggio 2013
in Sette Giorni, Archivio notizie
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Giovedì scorso il COVIP ha incontrato, in occasione di una conferenza stampa aperta, giornalisti e orvietani interessati a capire come si può contribuire ad aprire un dibattito serio, sereno, produttivo in vista delle elezioni della primavera 2014. Alleghiamo l’intervento del presidente Franco Raimondo Barbabella e quello del segretario Pier Luigi Leoni.
Sono intervenuti numerosi cittadini e i contributi offerti sono stati di alto livello.
C’è speranza che qualcosa si stia muovendo.

di Franco Raimondo Barbabella

Orvieto, come l’Italia, si è cacciata in un tunnel. All’origine non ci sono i fatti del 2009, perché tutto è cominciato prima, con le lotte di fazione. Non quelle medievali, che avevano comunque una patina di nobiltà, ma quelle del periodo post seconda guerra mondiale, che si sono proiettate fino ai giorni nostri. Lotte deleterie: hanno distrutto risorse, legami, prospettive e speranze. Ma, mentre nel periodo della guerra fredda potevano avere un fondamento storico, dopo hanno perso ogni giustificazione e sono diventate solo lotte di potere senza prospettive.

 

Il COVIP è nato per superare questa situazione, che aveva generato l’anatra zoppa e faceva presagire una pericolosa deriva della città, frutto perverso e inevitabile delle lotte di fazione. Facemmo per questo una proposta di collaborazione a tempo determinato tra gli schieramenti contrapposti nell’interesse supremo della città, per risanare il bilancio e andare poi a nuove elezioni e governare con rinnovato slancio. Non siamo stati ascoltati. Sono prevalsi i conservatori e ad essi va la responsabilità di non aver né risanato il bilancio né preparato il futuro.

 

Ma il COVIP ha comunque dimostrato che tra portatori di storie e culture diverse si può collaborare, si possono tirar fuori proposte di governo e si possono mettere in primo piano l’interesse generale della città e i problemi reali dei cittadini che la abitano. Ha dimostrato che nell’epoca in cui viviamo bisogna avere una visione ampia e lì dentro vanno collocate azioni concrete e coraggiose per assicurarci il nostro destino. Sappiamo bene che molto non dipende da noi, ma sappiamo anche che noi possiamo interpretare la realtà e comunque in ogni caso non ci è dato di poter sfuggire alle nostre responsabilità.

 

Così, esaminando il passato e il presente con la preoccupazione di intercettare la luce della speranza, siamo arrivati alla convinzione che dal tunnel si può uscire e che è possibile dire anche come. Perciò ci mettiamo in gioco, con un percorso che, mentre è individuale e collettivo, prima di essere di persone è di idee e di metodi, per cui solo al termine sapremo chi eventualmente si impegnerà concretamente e con chi, per fare che cosa e come. Per questo partiamo con un’assemblea pubblica per lanciare un blocco essenziale di concetti e di proposte. Da qui cominceremo a registrare contributi (integrazioni, approfondimenti, correzioni) e disponibilità di soggetti (individuali e/o collettivi) ad impegnarsi con noi per scrivere una nuova pagina di storia orvietana.

Lo ripetiamo: a fondamento della nostra proposta c’è la convinzione che è necessario e possibile uscire dal tunnel se si superano le contrapposizioni preconcette e le lotte di fazione che hanno ingenerato sfiducia e depressione. La parola guida dunque sarà cooperazione, e di conseguenza il punto centrale della verifica di fattibilità dell’operazione “Patto Civico” sarà la rilevazione dell’esistenza delle condizioni di cooperazione, cioè la disponibilità reale delle diverse articolazioni della città a cooperare, facendo prevalere i sentimenti di coesione e gli interessi di tutti, in cui peraltro legittimamente si proiettano gli interessi di ciascuno.

 di Pier Luigi Leoni

Il logo del COVIP reca un paio di buoi aggiogati che trainano l’aratro e il motto IUNCTI ARANT DISIUNCTI ERRANT = uniti arano, disuniti vagano. Dalla metafora dell’aratura è quasi ovvio passare alla metafora della semina. Un club politico-culturale come il COVIP si assume il compito di elaborare idee e di comunicarle a tutti. Similmente al seminatore, che seleziona le sementi e, al momento opportuno, le sparge sul terreno. Ovviamente sperando che esse non cadano sulle pietre.

Il momento è maturo per seminare qualche idea, perché comincia l’anno che precede le elezioni comunali. Il COVIP non è una setta segreta e quindi ha il diritto e il dovere di esprimere anche adesso le proprie opinioni, come non ha mai mancato di fare.

Tra le idee che il COVIP ha elaborato ce n’è una alla quale sono particolarmente affezionato, anche perché richiama un motto romano che ho fatto incidere sul camino di casa mia.

(Mi scuso per  questo nuovo ricorso alla lingua latina. Non è un vezzo e nemmeno un tentativo di fare concorrenza al mio amico Mario Tiberi. Il fatto è che la lingua latina è molto più sintetica e incisiva della lingua italiana. Chiedo perciò di essere perdonato, così come perdono volentieri chi usa termini e locuzioni in inglese, lingua molto utile, ma che io conosco poco appartenendo alla generazione che era costretta a studiare il francese).  

Il motto è  CONCORDIA PARVAE RES CRESCUNT, DISCORDIA MAXUMAE DILABUNTUR =  Nella concordia le cose piccole crescono, nella discordia le più grandi vanno in rovina.

A questa massima pensiamo senz’altro noi del COVIP nel presentare la nostra proposta di un incontro che prescinda dalle fazioni politiche.

So benissimo che le parole destra e sinistra hanno ancora un loro significato. Non è scientificamente chiaro quanto le mentalità di destra e di sinistra siano influenzate da fattori genetici o siano determinate esclusivamente da fattori familiari e ambientali. Se ne occupano perfino le neuroscienze. Io propendo per l’ipotesi culturale. Ma la destra e la sinistra esistono e sono distinguibili. Ne sono talmente convinto che cerco di evitare i termini centrodestra e centrosinistra, che hanno, e ottengono, lo scopo di spargere fumo.

Vi è dunque una mentalità conservatrice che è sensibile ai valori che la civiltà ha enucleato nel tempo e vorrebbe salvaguardarli pur nella necessaria evoluzione della società. Per questa mentalità la limitazione da parte dello Stato delle libertà individuali deve essere contenuta il più possibile.

Vi è una mentalità progressista che, di fronte alle storture che presenta la società, ritiene necessario l’intervento pubblico in vista di una sempre maggiore eguaglianza.

Entrambe le opposte mentalità sono esposte al rischio della faziosità e possono degenerare in totalitarismi, come purtroppo la storia ci ha insegnato.

Attualmente, in Italia, destra e sinistra si perdono in opposti moralismi, che sono deleteri per la democrazia. Chi vota a destra tende a detestare la gente di sinistra, perché la ritiene ipocrita, rancorosa e cattiva. Chi vota a sinistra tende a detestare la gente di destra perché la ritiene ottusa, insensibile e cattiva. L’accusa di cattiveria è reciproca e induce a considerare la prevalenza elettorale del nemico non come la logica, ma come la ingiustizia del sistema democratico.

Se dunque esistono la destra e la sinistra, affinché la divisione non metta in crisi il sistema democratico, è indispensabile il riconoscimento reciproco della legittimità e utilità. In un sistema democratico ideale, a cui meglio si avvicina la più antica delle grandi democrazie, quella inglese, destra e sinistra non si demonizzano a vicenda e si alternano storicamente al governo.

Se dunque destra e sinistra normalmente stanno all’opposizione quando l’altra sta in maggioranza, non sta scritto da nessuna parte che, in situazioni eccezionali, non debbano e non possano collaborare. È avvenuto e sta avvenendo più spesso di quanto possa sembrare. Basta pensare all’assemblea costituente, ai governi del CNL, al cosiddetto centrosinistra, al cosiddetto compromesso storico, ai due ultimi governi italiani. Avviene in Germania e in Grecia. La collaborazione avviene ogniqualvolta il sistema democratico è in difficoltà per ragioni internazionali o interne o per gli effetti delle elezioni politiche, che possono portare alla mancanza di una chiara scelta dell’elettorato. È avvenuto anche in Orvieto, quando il corpo elettorale ha scelto un sindaco di destra e un consiglio comunale a maggioranza di sinistra. È finita che un parte della sinistra ha scelto di sostenere il sindaco preferendo la difesa dell’autonomia comunale al commissariamento del comune.

Purtroppo larga parte della sinistra si è opposta alla collaborazione gridando al tradimento. In verità gridando non tanto forte, ma abbastanza da inquinare il clima. La destra si muove impastoiata da una opinione pubblica che sa prevalentemente di sinistra. La sinistra spreca molte più energie a fare i conti all’interno che a fare proposte in consiglio comunale.

Chi conosce i meccanismi della democrazia rappresentativa sa che ciò che è essenziale non è la connotazione marcata di destra o di sinistra del governo, ma l’esistenza di una opposizione  che svolga la funzione di controllo. La collaborazione tra destra e sinistra non mette a tacere l’opposizione, semplicemente la riduce temporaneamente a quelle che gli Americani chiamano “frange lunatiche”, cioè a quei soggetti, che non mancano mai, spesso tenaci e intellettualmente vivaci, che tendono ad essere tenacemente e vivacemente scontenti. Anche le migliori famiglie comprendono soggetti che volgarmente chiamiamo scoglionati, ma che, fino a  quando non diventano violenti, hanno la loro utilità.

A me i fascisti duri e puri e i comunisti marxisti leninisti non fanno paura fino a quando non sparano e non mettono le bombe, anzi, mi aiutano a riflettere.

Quindi il mondo è pieno di situazioni eccezionali che bisogna affrontare con mezzi eccezionali. Orvieto è in una situazione eccezionale.

Mi sembra logico che sia la classe politica di destra che quella di sinistra si stiano attrezzando in Orvieto per affrontare col massimo delle loro forze le prossime elezioni comunali. Per una specie di legge della politica, chi detiene il potere tende generalmente a mantenerlo e chi lo ha perso tende a riconquistarlo. Ma se la lasciamo indisturbato il funzionamento di questa legge sappiamo che cosa ci aspetta: o un quinquennio simile a quello in corso o un quinquennio simile a quello precedente.

È per questo che il mio amico Franco Barbabella insiste sulla necessità del ricambio totale o parziale della classe politica. Ma dov’è la nuova classe politica? Se c’è ( e io credo che ci sia) è nella società civile orvietana.

Per spiegarmi ricorro ancora al latino. I Romani distinguevano la POTESTAS, cioè il potere sugli altri,  dall’AUCTORITAS, cioè l’autorevolezza, la buona reputazione di chi fa bene quello che fa nella società cerca di farlo sempre meglio. C’è molta gente che ha AUCORITAS, ma proprio per questo non spasima per il potere e, nei casi in cui si offre o viene chiamata ad esercitare il potere, non smania per mantenerlo.

È questa gente che va cercata e coinvolta. Il mio amico Massimo Gnagnarini vuole unire i puntini. Io dico che andrebbero uniti non i puntini… va unito qualcosa di più consistente… vanno uniti gli attributi di coloro che gli attributi li hanno.

Altrimenti Orvieto finisce male.

Allegata la galleria fotografica dell’evento curata da Piero Piscini

 

 

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